Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

37() M. BONF.A.N'l'INI, Vita, opere e ·pensieri d,i Oh. Ba11delaire mi sembra l'abbia porta,to a calca,re, più che sulla sostanza, sul tono della negazione. Ho promesso di non aver simpatie per Funzione di ta– luni critici baudelairiani. Ma l'accento che può convenire quando si· parla di poetastri, di carognette letterarie, ecc., è menò opportuno di– nanzi ad una personalità cosi severa. Lo so che più o meno tutti abbiamo peccato, se non nei riguardi del Baudelaire, indulgendo a simili crudezze. Gli anni possono almeno autorizzarci a confessare a più giovani di nQi che si tratta di una assai sterile qualità di peccato. L'esattezza del giu– dizio non perde, se il giudizio stesso si esprime più umanamente. · . In Baudelaire, situazioni liriche annunciate, come temi di com– posizioni musicali, in versi e strofe di pienezza ed energia stupende, si svolgono talvolta, e apparentemente perdono calore, appoggiandosi a sillogismi e« concetti>>. Lo notò il Sainte-Beuve, quando scrisse al poeta: « Vous aooordez trop à l'esprU, à la oombinaison. » Ne trasse motivo di biasimo il Croce; conforme alle sue predilezioni per una poesia imme– diata, corposa, d'impressione. Nonostante la sua sensibilità facesse di tutto per metterlo in guardia, anche il De Lollis, nel bell'articolo per il centenario, parlò di « rotazione artificiosa». Credo che, accettando tali criteri, il Pensiero dominante, alcune fra le maggiori odi del Parini, sembrerebbero esaurirsi, poeticamente, in poche strofe; e non è affatto vero. Lo stesso dicasi, per scegliere esempi più vicini alla natura lirica del Baudelaire, di tante composizioni della scuola « metafisica» in– glese; sopratutto, di John Donne. Andiamoci dunque piano; piano assai. E dal caso particolare di Baudelaire, la questione s'amplia ed in– veste la miglior poesia dell'ultimo secolo; e, malgrado la cronologia, son da comprendervi La oad1da e Il messaggio. Né soltanto investe la poesia; ché l'odierna reazione al Beethoven, e proprio al Beethoven meno settecentesco e più beethoveniano, si fonda su analoghe disposizioni del gusto. Dirò più chiaramente : si fonda sulla analoga incapacità od insofferenza a seguire il discorso lirico dove esso rinuncia a rilievi plastici e disegni melodici di grande evidenza e simmetria, per traspor– farsi in una sonorità più interna, in una sintassi più laboriosa ma più èreativa; in una regione del sentimento e dell'intelletto, più maschia. Resterebbe poi a vedere se gli innebriati slanci del « chansonnier », ch'era pur in Baudelaire, se gli echi misteriosi che il suo più semplice canto trova fra quegli strappi di silenzio e quelli stridori, risultereb– bero i medesimi; si potesse concepire un contrappunto di tutta la sua opera, meno travagliato e martellato. A parte il fatto della esemplare lealtà d'un artista che non volle saperne di stemperare le immagini, e ri– cavarne facili illustrazioni e cabalette sentimentali; ma le organizzava, davvero con lo scrupolo del parfait ohimiste, sopra una lucida trama, che esclude ogni possibilità d'inganno; le sottoponeva, per dir cosi, a continua riprova matematica. Il Bonfantini non ha confuso questi procedimenti baudelairiani con le istruzioni prima accennate; e da lui, come abbiamo detto, sottolineate forse con severità eccessiva. Il suo atteggiamento segna un notevole pro– gresso sopra il Croce, il De Lollis ed altri critici nostrani. Avviene tnt- BibliotecaGino Bianco

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