Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929
372 M. MORE'l"l'I, Il tempo ftJlice tica: Dostoievski. Ma i personaggi più spogliati, più derelitti del russo, ingranano in macchine romanzesche di grande potenza; meno forza vitale è in loro, più violento è il turbine che li porta. Più gli umiliati, gli otlesi di Dostoievski tacciono, e più a noi sembra che gridino; più loro si piegano a terra, e più chi legge scatta, insorge. Come ciò poi avvenga, non so. Forse è vero che in Dostoievski c'è anche del mago e che le sue parole a tratti sono fosforiche. Nessuno scrittore è imitabile, ma Dostoievski addirittura è il diavolo: chi lo fissa muore. Si diceva insomma di Moretti che da qualche tempo i suoi perso– naggi son venuti perdenào quella voglia di vivere, pur soffrendo, quella forza di contrastare, quell'intimo reagente, senza cui mal si fa dramma o romanzo. Lo stesso scrittore, quando ha, da parlar lui, in persona prima, troppo volentieri, e per poca ragione, prende il tono acquiescente, fustigato, remissivo del Cireneo. 'rutte le croci, tutti i sospiri, tutte le pene son sue. In quel soffrire e vedersi soffrire di certi personaggi, c'è talora un che di dilettantesco, di compiaciuto, che a suo modo potrebbe esser detto estetismo. Diceva Voltaire (se ancora si può cifare Voltaire) che, subito dopo il carnefice, la figura più esosa è la vittima. Non vorrei sottoscrivere a questo cinismo, ma è certo che in qualche romanzo di Moretti la querimonia, il tono della vittima si ripete, insiste troppo: Queste cose le pensavo da un pezzo, ma forse non avrei trovato mai il coraggio di dirle, se Moretti, proprio lui, non mi veniva incontro. Pensavo io in segreto : - Marino, rega1a ossa più dure ai tuoi per– sonaggi! Mariao, quando occorre, mostra i denti! di' la tua! - Ecco ora ciò che Marino dice di sé : « .... sempre con questa specie di mar– schera della bontà e della mitezza che rende ·sterili i miei rapporti con gli uomini e così annulla ciò che avrei di più vivo: ·1e mie ribel– lioni, il mio orgoglio. Non sono mite, non sono benigno! Talvolta ho l'impressione che i fatti umani non abbiano un giudice più intelligente e più audace, sebbene protetto dalla viltà del silenzio .... Nulla è più illusorio di questa apparente debolezza e la cortesia, la dolcezza, l'in– dulgenza, la clemenza non son che sagacia. Credete proprio che questi ' buoni' questa gente ingannevole, non abbia anch'essa un'arma da taglio sol perché ricusa di battersi ? Credete che non sappia interpretare il vangelo nel senso pesante? Credete che abbia rinunziato a entrare nei labirinti delle questioni sottili solo perché rifugge dalla, disputa e dalla polemica? ... Chi ha detto vedendomi, compiacendosi del mio sor– riso, ascoltando ·n mio discorso v,elato, chi ha detto ch'io son ' poco romagnolo ' ?... No, no, Romagna! Rozza, incolta, villana, grossolana, scorbutica e zotica Romagna! » Viva la faccia! Letta questa pagina avrei abbracciato Marino. Il tempo felice è un bel libro; ma arrivato a questo punto, per la luce di questa schiettezza e di questo coraggio, m'è parso addirittura bellissimo. , ,Sono ricordi dell'infanzia e della prima giovinezza; dall'asilo in– fantile, .al primo libro di versi. E si sa che i ricordi, almeno quelli sentimentali dei poeti e dei letterati, valgono per il tono e il colore, secondo la disposizione e l'animo di chi ricorda. E questa volta Moretti non è rimasto a una nota sola; ha scorso tutta la gamma, ha tentato BibliotecaGino Bianco
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