Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929
M. MORETTI, ll tempo felice 371 fisonomie e per quell'ari3t, per quel tanto di caratteristico che gli viene dalle qualità combinate degli uomini e degli ambienti. E ci rimarrebbe nella fantasia con la nitidezza oggettiva di uno spettacolo reale, se dal suono, dal colore, dal disegno non trapelasse la .tempra del poeta che guarda e trasfigura le cose: quella tempra san~uigna, quello spirito insieme quadrato e penetrante che dà un'aria di famiglia 3td una fra le più ricche gallerie di quadri che abbia la letteratura italiana. An'ILIO MoMIGLIANO. MARINOMoREJTTI. l tempo felice. Ricordi d'infanzia e d'altre stagiòni. - 'J'reves, Milano, 1929. L. 15. Sé si 'potesse paragonare l'arte d'uno scrittore a quella di chi dosa un chiaroscuro, diremmo che negli ultimi libri di Marino Moretti il c!1iaro cresce, e lo scuro ;via via sfuma. Cresce l'umiltà e insieme la bontà, l'acquiescenza. Diminuisce· il contrasto e la resiste,nza, il dramma. Non dico con ciò che la morale di Marino Moretti sia cambiata. Nei suoi primi romanzi, come negli ultimi, è chiaro che l'animo dello scrit– tore, la sua simpatia e insomma il suo accento cade tutto sui personaggi sacrificati, sui puri di cuore, sui pesci fuor d'acqua; ma nei primi romanzi questi personaggi lottano ancora per la loro giustizia, per la loro felicità, si divincolano dalla sorte, si ribellano al loro destino. C'è chiaroscuro, eè dramma. Non si ricorda forse abbastanza che vicino alle creature miti, ai suoi reietti, ai suoi sacrificati, per molti libri, ·Moretti ha creato tipi vivi di egoisti, di violenti, rli volgari, di lPstofanti, da dar dei punti a uno scr,ittore verista. I suoi innocenti per restar taJi avevano da lottare con fior di farabutti. Soccombevano, ne finivano vit– time; ma il loro sacrificio era tutto caldo, attivo, per la lotta sostenuta. Non è questa l'intima eloquenza, la mora.le del Sole del sabato, di Guenda, di Né bella né brutta, dei Due fanciulli? E il più bel romanzo di Moretti è ancora La Voce di Dio dove il contrasto tra il sacrificio e il piacere, tra l'egoismo e il dolore non si svolge più tra personaggi diversi e opposti; ma nell'intimo di una stessa figura, Cristina. Questo gusto del contrasto, del chiaroscuro, del dramma negli ul– timi libri di Moretti è andato via via scemando. Da tempo e sempre più egli sembra mirare a una bontà disarmata, a un sacrificio fin dal principio rassegnato, sembra attenersi sempre pÌ.ù stretto alla regola della non resistenza. Ecco i nuovi romanzi, I puri di cuore, Il segno del_la croC1J, Il trono dèi poveri, dove fin dalle prime pagine la vittima si presenta già con le mani legate. Gli atti che seguono sono piuttosto le stazioni di una « via crucis», i quadri i:Ii un pietoso «mistero» che i capitoli di un romanzo. L'esempio umano, il valore morale dell'arte di ·.Moretti ,s'è cosi a,ccresciuto? Non so; ma se mora.le è volere il bene e agire per il bene che si vuole, ne dubito. La conclusione sua e dei suoi personaggi, troppo spesso è una sola: non c'è niente da fare. E poi che l'interesse artistico, drammatico, romanzesco, nasce sempre da un con– trasto, da un urto, da un che di nuovo che si «fa>>, qui resta ridotto, scema. A questo punto, Moretti opporrà un nome vivo che vale 1:_n'este~ BibliotecaGino Bianco
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