Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929
368 C. .PORTA, Poesie edite e inedite La storia del Marchionn di gamb avert si svolge in un ambiente simile, ma è più patetica e meno forte nel disegno e nel piglio. Già il titolo di Lament definisce l'onda di calda malinconia, l'eloquenza che palpita in tutta la novella e in certi punti rigurgita come uno scoppio di pianto. La figura del protagonista, un po' elegiaca, offre meno occa– sioni a quelle prove di penetrazione umana che sono ininterrotte nella Ninetta del Verzee; e qui la sapienza della vita, piuttosto che concen– trarsi sul personaggio che descrive le sue disgrazie, si diffonde sulla rappresentazione dell'ambiente umile ed equivoco. La bettola, i suoi frequentatori, il ménage della Tetton e di sua madre, il viavai su pel' le scale di Marchionn sposo felice di quel bel pezzo di donna, sono ri~ tratti con un diffuso senso della verità, con una forza di chiaroscuro piuttosto che di disegno : tranne nei punti culminanti, nell'improvvisa sorpresa delle due donne fra i tre soldati, nella visita del giovedì grasso, che spiccano sul fondo sfumato come quadri d'una subitanea energia. Nonostante la diversità del tema, la fisonomia artistica del Lament ricorda quella della Nomina del oappellan, dov~ si sente la vitalità vigorosa del maggiordomo, della marchesa, della cagna grassa e rin– ghiosa, di quella rustica pretaglia, eppure non si può fissar l'attenzione sull'uno piuttosto che sull'altro personaggio senza smorzare le tinte della novella. La figura prepotente e volgare della Ninetta domina e colorisce di sé tutta la sua storia; quella del Marchionn sfuma d'una gentile malinconia e d'un triste riso le osterie e le promiscuità della mala vita, ma non potrebbe essere definita isolatamente, senz::,i, la figura provocante di quella civetta da taverna, senza la madre, i soldatacci e quella turba di amanti. Le arti di seduttrice da trivio e la faccia di bronzo della 'l'etton sono ritratte con un fare plebeo, che in parte è insito nell'anima stessa del poeta e in parte è effetto della facilità che i creatori hanno di tra– flferirsi nelle situazioni e nei personaggi più diversi; e lo stesso si può dire di tutte le figure equivoche e di tutti gli ambienti bassi che emer– gono come ombre più scure, come disegni rapidi ma più robusti in mezzo alla penombra lirica del racconto del Marchionn. Veramente tutta l'opera del Porta ha questa vigorosa impronta plebea; e quanto più si insiste sull'analisi, tanto più questo carattere si fa chiaro all'occhio del lettore come la-più precisa nota individuale della sua poesia. La verità umana è veduta con una prontezza di ple– beo; quadri, figure, schizzi, discorsi, tutto è tagliato e dipinto con um1 forza ruvida, in cui si sente, non la mano esile del poeta aristocratico, ma la mano quadrata del popolano. Veduta sotto questo riguardo, l'opera del Porta che sembra cosi svariata da non potersi definire, comincia a svelare la ricca uniformità delle creazioni di altri grandi poeti: donne da trivio, soldatacci, poveri diavoli, preti, beghine, dame, classicisti, taverne, postriboli, catapecchie, tinelli di curati, pal~zzi di-nobili, tutto nella sua opera è nitido e individuato, eppure tutto è lavorato con quel disegno e con quel colore. La marchesa Travasa non ha nulla cne ve– dere con la Tetton: ma il piglio del Porta di fronte all'una e all'altra è uguale. Dovunque si scopre quella facilità nel cogliere gli aspetti della BibliotecaGino Bianco
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