Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

364 G. LEOPARDI, Optrette Morali sempre speraIHlo di poter prendere alla fine uri poco di sonno, e alcune volte credendo essere in punto di addormentarsi; finché venuta l'ora, senza essersi mai riposato, si levn,. ii Il pensiero, lì sommariamente espresso, qui si colora e disegna in 1m periodo in cui l'idea fiata e respira; e quel si leva in fondo, breve e direi sollevato, dopo quel lungo e illuso sempre !?perando, e alcwne volte credendo, fa sentire, sì, la dolcezza disperata della morte. Analisi di tal fatta, io lo so, destano oggi sospetto; in tanta fret– tolosità impaziente con che si onora gli scrittori grandi. (Quanti posseg– gono tra i libri cari, oggi, i Promessi Sposi, nelle due edizioni del '27 e del '40, raffrontate tra loro dal Prof. Riccardo Folli, della Libreria Editrice Donienico Briola, che imparammo a conoscere nella scuola, e poi ci accompagnò anche negli anni difficili, negli anni persi ? E dov'è un editore, oggi, che senta dover suo ristamparli?). Ma una letteratura, augusta come la nostra (difficile, la diremo, non, com'altri dice, noiosa) si serve così; così da essa si impara la lezione che più vale e più dura. E torniamo al Moroncini, il quale nel lavorare a questa edizione, ha creduto buon metodo dispo_rre varianti, correzioni e note :i;iongià in tondo alla pagina, per aiuto del lettore, ma sotto, a pena, a ogni parola o a poche parole separatamente. Come, poi, il lettore possa gustare, o anche solo avvertire, questo minutissimo lavoro, non si sa. Quella parola fa parte della sua proposizione; quelle parole,. del periòdo: dico del periodo leopardiano che è dei più prodigiosi quanto a interna mu– sica, e a interno rigore. Anche gli iniziati, in questa selva tipografica, si perdono. Che si dovrà dire di quei tanti altri ai quali queste edizioni di classici dovrebbero servire ? O, forse, bisognerà continuare a credere che lavori siffatti siano, come s'usa dire alteramente, « opere di scien,za ll, documenti solenni da non poterne far partecipe il volgo? Non è di oggi questo pregiudizio e questa superbia; ma dura da anni e, credo, durerà : e questo fa più profondo il solco tra la così detta alta cultura e la , media: sicché è nata e cresciuta,dall'una parte 1 un'ombrosa gelosia, dall'altra, un prudentissimo sospetto. Pure, in una nazione « letterata ll come la nostra (e fosse, come in antico, con una sua consapevole volont~ !) si guadagnerebbe a trovar l'accordo fra le due parti, un aiuto, una cor– ·rente di simpatia. Nascerebbe cosi la cultura vera, ·quella che circola in tutti gli strati di una nazione, e la abbellisce di sé. _Perché la letteratura o si fa sul serio• (si fa o s'ama), e s'accetta in tutte le difficoltà e gli obblighi che ne derivano, o a nulla serve. E io dico che la conoscenza, dei classici, confortata, dov'è possibile, con la storia della loro compo– Rizione, con la certa notizia delle ragioni .da cui sorsero e si formarono, insomma del loro lento farsi e fiorire, affina il gusto e l'intelligenza, suscita e alimenta problemi sempre p.uovi e concreti. Un libro come le Operette acquisterebbe spicco da questa meditata lettura. Quei sinonimi, allineati in margine, stanno li per dare, a chi v1 sappia guardare,. il senso giusto, con la sua atmosfera,. della parola BibliotecaGino Branco

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