Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929
G. LEOPARDI, Operette Morali 361 esempio memorabile di quelle correzioni marginali che s'è detto (mar– ginali, perché il più delle volte erano segnate in margine nei larghi margini dei fqgli leopardiani; ma ce ne sono pur tante 'in fondo o alla pagina o all'opera), dove il Leopardi graduava parole e significati, per ricavarne poi quella parola che più significasse al suo "Usto di poeta e di p.lologo. Succedeva, anche, che i tentativi segnati ~ minu– tissimi - a volte non lo contentassero (aveva detto meglio nel primo getto-), e quella prima scrittura rimane intatta· o ancora che quel . ' ' ' suo modo d'allinear febbrilmepte note e postille gli accendesse l'animo si d'impro~viso, che la correzione nata da quella fatica era, pronta– mente, scritta e fermata al posto' suo, solo lasciandosi addietro un mormorar di sillabe - il caos avanti la creazione. Non è però possibile così, senza esempi, dar la descrizione dei modi varii nei quali si attuava questo pur costante sistema di. correg– gere che era del Leopardi. Se qualcuno, una volta, affronterà questo delicato lavoro del decifrare una sì intricata, rete di segni rimasti nella pagina, a documento d'un travaglio lunghissimo che preparò una dèlle rJiù belle e delle più libere opere di prosa· che l'Italia conosca, troverà anche in ciò la prova di come il Leopardi, a comporsi questo monumento di stile, assorbì in sé e continuò la tmdizione di cinque secoli. Ma quando s'è detto così, non s'è detto ancora come propriamente Leopardi correggeva. Questo è l'aspetto esterno del modo suo di lavo– rare, non dice con che animo lavorava, e come fra mille notazioni e va– rianti giudicava e sceglieva. In ciò egli obbediva, oltre che a una legge musicale varia e sempre nuovamen~e atteggiata, a quella pai'ticolare disposizione con la quale s'era messo a scrivere quella prosa o quel dialogo. E in questo senso ci son modi di scegliere e di trovar le parole esatte, le parole vere, tanti almeno quante i,on le Operette. Dal classico e ornato dettare delJa Storia del Genere Umano, al diretto parlar del Tasso, con quel suo favoleggiar familiare; dall' ossessionante cercar ragioni al sno dolore dell'Islandese, al fervido e dolente sorrider della speranza che è in Colombo. (Nel Dialogo della Natura e di itn blandese, appunto, quell'argomentare continuo e, direi, insaziabile, è comprovato dà una serie di aggiunte, in- nota, di tanti periodi che furono poi inframmessi nella pagina). Il Moroncini ha dovuto riconoscere che perfino nei segni più esterni, come le elisioni, ad esempio, la regola è contraddetta da un numero in– finito di eccezioni (senza la testimonianza dell'autografo gli editori di classici all'antica avrebbero fatto prevaler la regola, uccidendo le eccezioni; e -avrebbero data un'edizione falsa delle Overette) : e non solo nelle elisioni; ma nel troncamento degli infiniti (l'infinito essere non è invece mai, o quasi mai, troncato, per un più categorico bisogno di affermare e di negare) ; nella ripetizione e nel cadenzamento delle proposizioni, per una volontà di maggior scolpitezza; nell'uso deg~i incisi, per un più rilevato disegno sintattico. E sarebbe lungo d1r altro. Ma prima bisognerà aggiunger due parole ancora sull'interpun– zione alla quale il Leopardi badò con un sempre più insistente bisogno ' . BibliotecaGino Bianco
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