Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
Una lettera di Cosimo I 193 gelosi. Qui il sarcasmo diventa atroce. « Cosa che a uno rivale i;;a– rebbe di. grandissimo travaglio e dispiacere, nel qual gr'ado io non credo però che siate voi. )) Ma era ternipo di metter fine alle burle, tant~ più che l'amha– sciatore di Ferrara poteva aver messo qualche cosa del :mo in talf vanterie. La sostanza tuttavia non mutava ed era chiaro che il re di FraI!cia, senza udire le sue ragioni, gli si dimostrava contrario, onde era da temere che, alla prima occasione, potesse o dovesse accadere qualche cosa in pregiudizio del suo onore pubblico e pri– vato. Perciò, colta la circostanza più opportuna, il vescovo di Forlì doveva domandare licenza e tornarsene in Italia. Egli Cosimo non poteva tollerare che, o fosse pronunziata una senténza in suo disfa" vore senza essere udito, o fosse costretto a difendere la sua causa presso coloro che, con prevenzione, la reputavano assurda e imp<>r– tinente. Non del suo rparticolare interesse si trattava, ne1 qn:1l caso, per modestia e non pensando che pure c'era di ,mezzo la somma della gloria e onore suo e qella sua Casa, forse non se ne sarebbe curato; ma si trattava dell'interesse pubblico della città di , Firenze, della quale il duca di Ferrara, - cosa notissima a tutti, - era stato Capitano generale e stipendiario ; della città di Firenze che non era « suddita o feudataria di alcun principe, o ecclesiastico o secolare, come Ferrara. )) L'ambasciatore, prima di eseguire la commissione pressò il Re, dov·eva comunicare tutto alla delfina, Caterina de' Medjci. ' La lettera era chiara e recisa, ma parve a Cosimo che, con tante circonlocuzioni diplomatiche usate dal suo segretario nella parte conclusiva, il suo pensiero non risultasse sufficientemente esplicito. Vi aggiunse perciò una mezza pagina autografa, in una forma secca, stringata, non elègante ( « litteris mediocriter imbutus )), scrisse di lui un contemporaneo), ma in compenso d'una chiarezza cristal– lina, che non permetteva anodine interpretazioni. L'ambasciatore, faccia intendere al Re « che vi abbiamo mandato appresso S. M. ,per onorarla e riverirla come coriviene e non per nessuno nostro particolare interesse)); ma poiché il Re, con le promesse fatte al– l'ambasciatore estense e col permèttere èhe si torni su una questione gìà decisa in luogo competente, offende il suo onore, sappia che « mai, insino pensiamo avere a disputare tal cosa in cotesta Corte, siamo per tenervi ambasciatore, come ancora non lo terremo a Roma, né alla Corte Cesarea, quando vi fussi tal \disputa, sì che S. M., se vuole vi fermiate, ve lo può chiarir con Cl.ireche non se ne ·disputerà più, altrimenti ve ne verrete subito; e sì come, insino a questo giorno, siamo stati e vivuti onoratamente senza tenere ambasciatore costà, così staremo per l'avvenire, se a Dio pia– cerà.)) 13. - Pègaso. I BibliotecaGino Bianco
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