Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
184 R Bacohell'i A questo proposito, poiché mi confesso, ho una mia fantasia, e penso che Dante componesse a memoria. _G_li es:r~izi ~ le ~irtù ~ell:i, memoria fra gli uomini del suo tempo, l<nc1e d1stmgmtor1 acerr1m1, erano continui e grandissimi. Dante aveva in testa tante rime guanti sillogismi. Anche il fat~o che ~ Da~te si sia perduta tota-~– mente e subito la scrittura, m1 pare s1mbohco. Solo una mente di– vina come la sua, che seppe tutto quel che la scuola e la vita mo•· stravano e insegmavano, poteva tenere e formare tanta sostanza di cose, di lingua e di rime. Nella sua terzina anche la rima è teo– logica. Dopo di lui, già in Petrarca, la rima diventa squisito d01110 d'arte, difficoltà elegante, armonia, giuoco, perfezione, molk> e bèl– lissime cose, che non sono H sigillo di Dante. E in ogni modo la lingua poetica italiana, destinata a 1I1ascereadulta e in un'altezza non che raggiungibile nemmeno da potersi ambire senza follia, si appropriò ai suoi poeti. Noi, che parliamo nella sostanza la stessa lingua di Petrarca, appunto per questo nolll 1P-Otremmousare in rima quasi nessuna di quelle parole che son piiù sue e più intinte del suo sentire, senza diventar petrarcheschi: avventura troppo 111ota e trOIPPOscontata in verità. È che non adoperiamo un lin · gua,ggio tanto diverso dal suo da offrir nuove rime, specialmente in materia di sentimento. Col Ta,sso 1POi,e per più di due secoli, la rima esprime fino al · succo ultimo tutto quel che può essere la risorsa musicale della nostra lingua, e su questo punto il Monti veramente conclude. Ed ecco Leopardi, avventura unica di poeta e specialmente di lirico. Un uomo come lui, al quale la lingua italiana iutiera visse nelle vene, sentì che il più. :nroprio e profondo ed eterno fiore della ~ua ispirazione poetica aveva bisogno o della prosa poetica o d'UIIla traccia libera di strofe, dove la rima e il giuoco e il congegno del– Fantica canzone è ridotto a un'aura, a una coloritura lieve, a una carezza melodica e di stile. La rima serve soltanto a chiudere o a rÌjprendere i movimenti di quella strofe, che, pur composta com'è degli impeccabili versi in cui gli accenti son canto, respiro, anima anzi, vive d'una .sua proporzione segreta, imitando l'antico solo per UIIlaspecie di delicatissima, di signorile idolatria,, spiritualissima. Qual ragione dunque ormai ci può essere per scrivere dei versi, dopo che anche in fatto di pura decorazione e di retorica tutto è stato compiuto splendidamente, e cons·ummatitm ? Solo quella di non 1POternefar a meno; ed è una ragione barbarica, sta bene. La scuola moderna pare persuasa d'avere scoperto lei che a farsi poeti non si insegna, ed invece ha solo dimenticato che l'orecchio vuol essere addestrato, e che a far versi si impara, tal quale come si studia l'analisi grammaticale e sintattica, o come in musica si Biblioteca Gino Bianco
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