Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
168 A. Panzini • Giosue Carducci e il Petrarca i potenti, - peggio iper loro ... , e per noi: era il sapiente che aveva instaurato la latinità, era il, veggente che additava all'Europa medievale le vie del divenire. E di questo egli era ben cosciente e presago come è dimostrato in una lettera che egli i-criveva a Giovanni Boccaccio, l'amico suo dilettissimo, da Padova, in una sera di maggio l'anno prima di morire, e.dice: - Non ricuso la lode che tu mi dài che a questi studi io ho destate le menti di molti in tutta Italia, e forse più oltre che in Italia (multorum me ingenia per lta,liam excitasse) et fortasse longiits Italia). Oh Maestro buono e, senza saperlo, crudele! tu leggendo a noi il Petrarca eri come il Veglio della montagna che trasportava per breve ora i suoi fedeli nel paradiso, e quando si destavano, i;i trovavano ancora fra i trìboli della vita : cioè il povero pane gua– dagnato a far scuola nei ginnasi del regno. Noi eravamo quelli che Severino descrive nel suo Mago i maestri, di parole (non di pane) nutriti, e di promesse. Gli ammanivano a .pranzo le rparole, gli allestivano a cena le promesse. Ma non per questo, sé alcuno rimane ancora superstite della tua scuola, ti serbiamo rancore, o Maestro ! Vivere coi giovani delle scuole vuol dire rimaner giovani. Fare bene scuola, vuol dire amare i giovani, la giustizia. Quello che invecchia son le scartoffie! • Anche oggi, mi riecheggiano in mente i grandi endecasillabi del Petrarca, e se gli uomini ad altre cose intenti, più non li pos– sono né comprendere, né ammirare, che importa ? Essi si son() confusi nell'immensa natura e navigano il gran mare dell'ess~re. El mi par d'ora in ora udire il messo che Madonna mi mande a sé chiamando .... ALFREDO P ANZINI. , BibliotecaGino Bianco
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