Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
154 M. Valgimigli Anche l'aedo rappresentava il suo canto, come tutti i più antichi poeti, anche epici e non tra,gici solo, dovettero rappresentare ,lor canti; ma c'era in lui, certo, qualche cosa di più composto, di più fermo e solenne; né troppi moti e gesti consentiva l'uso della cetra, e il suono velava un poco e celava la voce. Il rapsòdo è già ur. ~ttore perfetto.' Qualche cosa oramai egli ha imparato anche dagli attori delle rapipresentazioni teatrali. Egli conosce i modi della dizione sceinica, le leggi e le norme che scoliasti e grammatici hanno .tramandate fino a noi: nel suo testo mede~imo sono segni sipeciaJ.i, sottolineature punti sigle. parepigrafi, o del poeta o suoi, che gli for– niscono indicazioni opportune. Ma, più <:heper regole e segm.iegli è per natural.e dono mimèta, come ogni ellèno è un natu,rale mimèta : e coi mobili occhi, col mutabile volto, coi gesti delle mani e con gli atti della persona, con gl'impeti della voce sonora e con le pause si– lenziose, col pianto e col riso, egli sa ipiegare e raffigurare se stesso, di volta in volta, nel personaggio che e.anta e· che rappresenta. Noi conosciamo di questi raipsòdi: taluni possiamo ancora vederne in pitture vascolari; uno ce lo descrive Platone. I quali, declamando di luogo in luogo e di festa in festa, a Sparta e ad Atene, a Oirene ad Argo a Sicione a Creta, trasportavano .per l'Ellade e trasmettè– vano per i secoli i canti di Omero. E questo e di tal fatta è l'Omero che aJ tempo di Pisistrato e dei Pisistratidi una serie di rapsòdi, succedendosi e scambiandosi l'uno. con l'altro, recitavano e r31Ppresentavano ininterrottamente, daJ primo episodio fino all'ultimo, nelle grandi Panatenèe. Appunto, un Omero drammatico, non epico : variamente diviso, secondo le necessità e opportunità della recitazione, in episodi mobili o in gruppi di episodi, maggiori e minori, e non a libri fissi, ventiquat– tro e ventiquattro, come l'Omero degli Alessandrini. Questo è l'Omero libro, l'Omero letto, da cui derivarono e ,su cui si esem– plarono tutti i poemi eipici successivi, dalle Argonautiche di Apol– lonio di Rodi aH' Eneide di Virgilio, e dall'Eneide agli altri poemi latini e non latini; quello fu l'Omero parlato e recitato, di cui nacque la tragedia e si nutrì Eschilo. E non per lode vaga, ma di significato preciso, Aristotele lodò e definì Omero come il più dram– matico dei poeti epici : dove il dialogo è base al racconto, e dove ogni battuta di dialogo, anche se brevissima, è preceduta sem– pre da un versò formula, distaccato dal dialogo stesso, eguale per ogni per,sonaggio, e che è come una sigla marginaJe a indicare di volta in volta il personaggio medesimo. Non solo: ma addirittum ci rimangono, in papiri, tracce di edizioni drammatiche di Omero che recano ai margini, come in manoscritti di tragedie e commedie, le sigle vere e proprie o i nomi dei personaggi che via via sono in - trodotti dal poeta a ipa.rla,re; e di queste indicazioni avremmo un BibliotecaGino Bianco
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