Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929

150 R. Calzini ·dri suoi, di Monticelli e di altri moderni. Certo non si fecé !Pre– gare, raggiunse la vetta con un paio d'infermieri, una cassetta di• medicamenti e di ferri. Nascose all'amico, che gli apparve subito gravissimo, il turbamento affettuoso che invece traspariva nei suoi o_cchiazzurri. L'allarme aveva raggiunto lo chalet del .Maloja: la siura Bicetta, Bianchina, Gottardo e· Bertino si misero in cam– mino, caricati in un vecchio landò dalle fodere verdi, raggiunsero Pontresina e, l'indomani, la montagna. Il male e la diagnosi erano ormai definiti : un'infiammazione dell'intestino, tiflite, che poteva • degenerare da un momento all'altro in una peritonite. La ipotesi di eseguire un'operazione si affacciò immediatamente e, mentre si con– c:r;etava in una necessità, le condizioni dèll'ammalato e del luogo si drizzavano come insormontabili barriere: per tentare l'operazione sul posto bisognava che la temperatura ambiente raggiungesse al– meno di trentacinque gradi. Impossibile, impossibile. C'era da dispe– rarsi : le camere si riempivano di fumo, il termometro non saliva oltre i quindici gradi. Fu deciso un consulto; il dottor Bérnhard interrogò il professor Neisser di Breslavia e il professor Erb di Aidelberga. Le conclusioni furono concordi : soltanto un miracolo poteva permettere all'ammalato di superare la crisi. I giorni pre– cipitavano l'uno sull'altro, otto ne erano ·passati dall'arrivo allo Schafberg, sei dai iprimi sintomi del male. Tutto il martedì parve che la speranza entrasse come il segantiniano angelo della vita nel tugurio alpestre. Verso sera l'ammalato cominciò a singhiozzare. L'agonia,. Né in quel momento né poi Giovanni ebbe la sensazione della fine: né disperato, né triste. Aiutato dalle iniezioni calmanti navi– gava tra i riéordi e i sogni sopra ondate di silenzio; il suo pen– siero passava nel dormiveglia dall'ombra alla luce. Tutto quel cammino d'arte· e di lavoro, da Milano a P:usiano a Savognino al Maloja allo Schafberg, era una progressione di altezze reali e ideali fino all'estremo. • Chi lo veglia s'è addormentato. Rimangono vigili i sottili e imprecisi rumori che misurano il tempo : gli scricchiolii della tra– vata, il cigolio dei tarli e dei tizzi moribondi. Dietro il filo di quei segni di vita si risvegliano i fantasmi delle sue notti di ra– gazzo fuggiasco nelle piccole case dei harconi appoggiati all'alzaia de_lNaviglio milanese. Felicità di quei sonni duri che preparano il buon appetito e l'energia dei vagabondi. E attraversare deserti cit– tadini di fame e pantani di miserie e brughiere di egoismi prima di scorgere un po' di luce. Poi gli amici: i due Grubicy, Pellizza, Bermani, Tumiati, Fornara_, Neera, il Boldori professore dei ra,– gazzi, il Dalbesio che l'aveva aiutato al principio dell'arte, il Tet- BibliotecaGino Bianco

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