Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
.148 R. Calzini Er~ notte fatta : la poca luce nella quale le ombre prendevano consistenza e vita, pareva emanare dalla fosforescenza diamantina de_i ghiacciai. - Guarda! Una stella tracciò una curva rapida nell'azzurro e si spense. - Una stella cadente ! Porta iettatura ! Segantini era un ipoco superstizioso o, iper lo meno, la sua sen– sibilità si sentiva contrariata dai cattivi segni. Oosì il mattino in cui aveva trovato un ragno nella cornice delle D1-1,e madri ne aveva arguito una triste sorte per il quadro : sorte che si era avverata. Nel suo fatalismo soleva dire: - Io non credo di far cosa che non sia strettamente ed imperiosamente voluta dal fato e stabilita nell'ar– monia generale dell'universo nel tempo e nello spazio. Nondimeno l'indomani, martedì, fu in piedi all'alba e comin– ciò a lav,orare. Bisognava adoperare in fretta i portatori prima di rimandarli a Pontresina. Il sostegno del quadro fu piantato nel terreno su uno spiazzo à picco ipoco sotto il rifugio. Da quel palco naturale di roccia, si vedeva l'intera catena delle montagne quale egli l'aveva già ab– bozzata nell'ultimo piano del quadro, dal Bernina, allo Julier: di sotto la vallata dell' Engadina coi grandi smeraldi dei laghi : Statz, Saint Moritz, Campfer, Silvaplana, Sils fino al villaggetto di ~faloja del quale si indovinavano le case e le minuscole vie. Ohi come lui aveva «vissuto interi mesi al di sopra degli alti lu– minosi pascoli alpini ascoltando le voci che salg'ono dalle valli, le indistinte armonie affievolite di suoni lontani portati dai venti che creano intorno un silenzio armonioso», « poteva sentire e com– prendere l'alto significato artistico di quegli accordi. >> Egli si sentiva « un primitivo del suo tempo. >> Fu in una specie di febbrile ebbrezza che quella mattina cominciò a dipingere ritto su -un basamento di vecchie casse che gli per– metteva di giungere col pennello alla parte superiore del quadro alto quasi quattro metri. Gli pareva di aver troppo tardato, e lavorava con accanimento come in tutte le giornate di quell'anno. « Da qualche mese, - aveva scritto nella primavera, -: lavoro quindici ore al giorno sotto il sole la neve la pioggia la tempesta. >> La notte gli parve di udire un fruscio leggero, come di foglie secche, contro le imposte e sopra le pietre del tetto: la prima luce filtrò per le fessure del Rifugio, diafana e splendente. Si veste in fretta, esce. È giunta la vecchia amica! Tutta la montagna è coperta di neve. L'azzurro si fa strada a ipoco a poco dentro il fitto delle nuvole ghiacciate. Giovanni chiama la Baba e BibliotecaGino Bianco
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