Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929

Gli ultimi giorni di Giovanni Se,qantini 143 rato alto sulla vita dalla fascetta. Alberto un po' altero e aristo– cratico secondo la tradizione della ·sua nobile origine ungherese•; Giovanni forte, quadrato, piantato .sulle gambe di montanaro, im - mutabile da vent'anni : soltanto lo sguardo acuto e nerissimo aveva perduto qualcosa della primitiva durezza e, più dolce, s'era cir– condato d'un alone di melanconia. Rimasero una dozzina di giorni assieme, dal 6 al 18 settembre : gli ultimi del loro sodalizio artistico. Rivangarono ricordi, trac– ciarono progetti, evocarono episodi e persone e luoghi, naturalmente come due studenti che si ritrova,no uomini. I loro rapporti erano stati, sì, di affari con richieste e discussioni per l'invio più o meno lento dei denari che Segantini chiamava convenzionalmente nelle lettere piroli o bugardani o ruspini; ma l'amicizia fraterna sa– nava poi ogni screzio. E Grubicy doveva provvedere a Segantini anche i libri o i colori, o le cravatte o i fazzoletti, o i guanti pel servitore. Poi, i due amici si scambiavano doni di ghiottonerie : dalla montagna scendevano a Milano i galli di montagna, le ani– tre selvatiche, gli storioni, i quarti di camoscio ; da Milano risa– livano le valli gli zampetti di Bologna, i bundanziosi salami,« le pere così sugose e mature ohe circondavano di dolci lagrime di tenerezza le mani e pèrsino le braccia», « le ostriche, le triffole dal soave pro– fu,mo ohe inebria>>. Quando giunsero a Pusiano due bottiglie di champagne, furono destinate al parroco che dava il permesso alle ragazze di posare come modelle davanti al pittore; quando giunse uno scialletto, fu il dono per la modella che andava a nozze e crumbiava filanda. Di queste piccole cose e dei progetti grandi per l'avvenire par lavano ad ogni momento: le signore lavoravano al crochet, i ra– gazzi studiavano col professor Boldori il rosa-rosae. Gigetta Grubicy e Bianca Segantini andavano per la montagna con la Baba a cer– car gli ultimi fiori. Le più lunghe conversazioni si svolgevano da– vanti al quadro intitolato la Natura che era al centro del trittico. Il pannello di sinistra, La vita, era finito, era iS!()irato da un paesaggio della Val Bregaglia, nei dintorni di Soglio. Il pànnello di destra La morte, era appena abbozzato e raffigurava una triste veduta del Maloja in pieno inverno. La Natura era, nel primo piano, dipinta dal vero al Maloja, nell'ultimo piano doveva esser completata sul vero dalla vetta dello Schafberg. Il gran dipinto stava chiuso in un'ampia cassa che gli faceva da cornice e che era coperta da un piccolo tetto per difesa contro le intemperie. Segantini soleva la– sciare i suoi quadri così, sul posto, radicati quasi nella stessa realtà alla terra. La Nat1ira era piantata pochi passi lontano dallo chalet. Vi si vedeva un sentiero tracciato fra le !Pietre, coperto di tristi Biblioteca Gino Bianco

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