Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929

a Mcitilde Bartolommei Gioli 137 è che se la corezione non ha che un'r sola non può esser com– l()iuta e ,qualèosa dell'anormale ci resterà sempre. Sul serio m'ac– corgo, lo ripeto, dall'ortografia che è nervosa: ma che vuol farci? Senza nervi non si fa nulla a questo mondo. Roma, .... 1893. Vede in che razza d'impaccio ci troviamo e (Pensi che gusto c'è in _questo momento a fare il ministro e segnatamente il ministro dell'istruzione pubblica. Non una delle leggi che avevo vagheg– giato, che mi ero affaticato tanto a studiare e a preparare, che erano la mia fede assai -più che la mia ambizione, non una potrà essere condotta in porto. Oramai non mi pare che avremo tempo a far altro che una sola cosa : andarcene. A dire la verità, la vita ministeriale mia non sarà stata né lunga né piacevole, né profit– tevole ad alcuno. Me ne andrò con molta serenità e senza ramma– rico pèr l'ufficio: ma un dispiacere l'avrò, - a lei dico tutto: quello appunto di non aver potuto far nulla di quanto avevo ideato e che mi pareva buono ed utile . .... Ohe è successo nel mondo letterario e artistico di impor– tante e di nuovo dacché io non lo tengo più d'occhio? M'informi. Il vero mezzo per diventare ignorante è quello di SO!Praintendere alla istruzione degli altri. Non c'è più tempo di leggere un libro. Hanno scoperto, - questo interesserà gli artisti, -- in questi giorni una specie di giornale di Lorenzo Lotto che dicono impor– tantissimo. Lo farò pubblicare. A Firenze che fanno ? Son sempre gli stessi gesuiti di prima ? Mi scriva, mi scriva, mi scriva. Non badi alla scemenza di questa lettera. Le scrivo dOl()oaver lavorato dieci ore e corretto tre circolari perpetrate da altrettanti C3[1i di divisione. Il senso comune e lo stile se ne risentono. Roma, 2 ottobre 1893. Di me che dirle? La partenza, il distacco 1 ) saranno tali strappi ch'i<>non oso pensarli. I miei sentimenti, Lei, cara Signora Matilde, li conosce meglio forse di qualunque altro. A' figlioli si vuol bene, si sa : ma io voglio bene a Teresina in modo tale che non mi basterà il saperla contenta, felice anche; non mi basterà, dico, per la tranquillità dello spirito, finch'Ella sia lontana. E poiché è molto difficile ch'Ella possa quando che sia dimorare a Roma, io finirò per domiciliarmi ne' vagoni che tra– versano l'Appennino pistoiese e vivrò in ferrovia tra Monsummano e Padova. Sento che addirittura molte cose si mutano in me e la vec- 1) Allude al matrimonio di sua figlia Teresa col marchese Benwni. · BibiiotecaGino Bianco

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