Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
254 G. PAPINI, Gli operai della Vigna sbanditi, ma dove la polemica, almeno in sordina, almeno negli an– goletti e negli incisi, continua a tenere accese le sue fiaccole. E che i;i tratti d'una raccolta di saggi, discorsi e articoli, già sparsamente pubblicati o letti qua e là, non infirma l'unità del volume: ogni pagina porta, bene impresso, lo stampo del suo autore. Gli operai della Vigna sono, secondo Papini, i figli e (con Dante) i nipoti di Dio, i santi, e gli artisti : quelli che si propongono d'imitare Iddio, e quelli che si sforzan di rifare l'opera Sua. Resterebbe da chiedersi a che titolo si sia intruso fra costoro, e occupando il primo e più vasto scritto, Caio Giulio Cesare: se non s'aggiungesse sùbito che, nella vita, di Cesare, Papini indaga, alla maniera dei santi Padri quando spiegavan l'Antico Testamento, e del resto anche sulle più note tracce dantesche, la ·« figura ii di Gesù Cristo. Tèma che in-teres– serebbe la nostra sensibilità non tanto per sé, quanto per gli echi da esso svegliàti, toccando da vicino uno de' più gravi misteri della storia: la missione provvidenziale di Roma precristiana nel mondo. Ma confessiamo che, su questo, non vorremmo star paghi ai ravvi– cinamenti, alle coincidenze e ai simboli che Papini ama presentarci, in una sorta di suo gioco piuttosto meccanico ed esteriore. E del resto sappiamo che per questi raffronti e calcoli e cabale e scoperte di sim– metrie geometriche e numeriche, Papini ha sempre avuto un gusto che u noi pare un po' d'altri tempi (vedi anche qui, nelle pagine manzo- 11iane, i numerosi ·dati sul contrappunto dei Promessi Sposi). A noi cpiello che nel volume sembra più solido e sostanzioso è l'onestà dei risultati a cui l'autore arriva, con una sua cettezza virile, attraverso il prediletto metodo del capovolgimento, ossia negando le consuete _ap– parenze. Sono, i suoi, eroi che il « mondo ii ha stravolto, e ch'egli ci riporta a contemplare dal punto giusto. Si tratta, almeno il più delle volte, di convertiti: e qualcosa, non diciamo d'autobiogrwfico, ma insomma di contenuta e pudica espe– rienza personale, s'avverte facilmente in parecchie pagine. E illustrare la « cattolicità JJ di San Francesco, sino al punto di citar giustamente questo presunto idillico e anarcoide fra i campioni del senso giuri– dico nostro, italiano; e ridurre a un buon senso divinamente « econo– mico ii la pretesa pazzia di Jacopone; e rivendicare la <r cavalleria JJ ilai colori brillanti di Sant'Ignazio di Loyola; e, ~oprattutto mettere al posto delle immagini d'un Manzoni molle, rassegnato, ingobbito (ché dopo tante apologie centenarie siamo ancora a questo), il ri– tratto d'un Manzoni scrittore gnerriero, poeta di combattenti, in per– petua lotta contro l'ingiustizia e il sopruso, datore di consolazioni ignote a quasi tutti i disfatti eroi dell'ottocento romantico o verista; . sono imprese diremmo quasi pratiche, da buon dissodatore e lavora– tore, che schiva le ciarle nebbiose, e bada all'essenziale, e tira al s_odo, \ ossia à sfatar pregiudizi e a propagar certezze. Ma pa~sato, attraverso il Manzoni, dai santi agli artisti, Papini s'indugia poi con qualche tenerezza in casa sua, fra i suoi fiorentini e toscani, e di tutt'i càlibri : si va _dal Petrarca e dal suo Michelangelo (per i (]nali ha scritto pagine delicate, e a, momenti liriche, tra le sue BibliotecaGino Bianco
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