Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
248 O. VERGANT, Io, povero negro E naturale, nel libro c'è di più, molto di più ch'io non dica. Direi persino che nel libro c'è tutto: varietà di personaggi, passar di paesi (tre continenti), casi d'amore, gelosie, fughe, peripezie, avventure vio– lente, giuoco d'imprevisti, improvviso precipitar dell'azione, - e ag– giungete quel che i11:1pol'tadi più: molta felicità, molta bravura di scrittore - ma il romanzo non c'è. Come può accader questo? Cento oggetti rari, cento mobili preziosi possouo lasciare una stanza vuota, fredda; in ece, quattro seggiole, un tavolino, un panchetto, messi a quel modo, fanno la casa. Forse Vergani è stato punito dove ha, peccato: ha cercato lo specioso, il-raro, e ha perso la verità, il calore; ha voluto meravigliare e, pur cli meravigliare; ha rinunziato a commuovere. Che è poi la storia sua e di molti; ma esemplare in lui, ché pochi come lui_ hanno vero ingegno di scrittore. Chi conosce Vergani e lo segue dalle prime prove; sa che in lui si alternano e mischiano due nature; quando non è una natura e un artificio. Vergani è un osservatore malinconico e spesso dolente, un pietoso mascherato talvolta da ironico, un fanta– stico in sordina, anche lui, (che farci?) un crepuscolare. Di fronte a questò Vergani timido, un altro ce n'~, pronto e bravo. E il Vergani mondano, alla moda, cronista principe di corse, di rna,tchcs, di gare, infaticabile cacciatore di immagini, di tropi, dì contrasti, di meraviglie verbali. Va da sé che questo romanzo l'}lanno scritto tutt'e due i Vergani. Guardate George, il suo negro. Sul principio, sembra che il mo– retto debba salir rapido per una scala di esperienze, come Kim. (E non giurerei che il ricordo di Kipling non abbia assistito Vergani ai primi passi.) Ma il piede. nervoso di Kim sale e vola ; il povero George resta ai primi graàini. Ed eccolo lì il moretto tra i soldati della Legione stra– niera, o sul mercato di Algeri, o sperduto tra. la folla del porto euro– peo; sempre buon figliolo, sempre meravigliato e rassegnato. Pagine e passi graziosi. Ma guardatelo bene: nonostante la faccia nera, il piccolo George non è tal quale una figurina crepuscolare? Appena a tuffarlo . nella tinozza del bucato, certo ne vien fuori un personaggio di Marino Moretti. Vergani, lo sappiamo, è un intrepido viaggiatore, eppure la sua Afl'rica resta sempre un po' (è frase sua) « l' Affrica dei libri cl'avventure letti sotto il l)anco a scuola. >>Sembra a volte che lo stesso autore ci scherzi su: « le loro lagrime (de·i mori) si meravigliano di essere in– colori.>> Oppure: « le loro ombre, sarebbe logico che fossero bianche. »– Oppure: « un bambino negro nudo non può aver delle tasche. » (Be', quanto a tasche, un bambino bianco nudo non sta molto meglio.) A metà, del libro o all'incirca, il Vergani crepuscolare si ritira e affida il mo~etto, che ora è cresciuto, al Vergani elegante, allo scrittore bravo, al virtuoso degli sports. E da qui avanti, di George, del nostro moro, noi non vedremo che i gesti e gli atti esterni, proiettati dall'unà all'altra scena come ombra sullo schermo. Eccoci dietro lui nelle sale di prova, nelle pal,estre, nei maneggi, nei rings, nei tabarins, tra bomeurs, mana.gers, massenrs, suonatori di ja.. zz, bellezze vere e bellezze false d'ogni colore. La tecnica del romanzo qui diventa quella del cinemato– grafo, cosi tutto è evidente e rapido. Le figure, gli ambienti, le folle, le BibliotecaGino Bianco
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