Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
O. VERG.ANI, Io, povero negro 247 Omo VERGANr, Io, povero negro, romanzo. - Treves, Milano, 1929. Lire 15. Da un pezzo, Orio Vergani veniva su su allevandosi il suo negro. Nelle sue prose, la faccia mora faceva capolino dappertutto: nelle novelle, nelle cronache sportive, nelle fantasie. Fosse il piccolo boy o l'erculeo facchino, il grandioso portiere, o il patetico suonatore del jazz, l'esatto boxeur o il moretto servizievole delle missioni, o quello ridente del rum, o quello sgangherato del lucido per le scarpe, purché fosse moro ! Piacere innocente. Dal '700 in poi le letterature europee, hari visto succedersi la fortuna/degli uomini di coJore, del cinese, del– l'indiano, del giapponese. Poic4é il mondo è rotondo, doveva venir l'ora dei mori. Arte negra, musica negra, letteratura negra, scritta magari da bianchi. Niente di male. O non ci fu tempo fra noi che non si scriveva romanzo senza· marchesa, sonetto senz~agiglio, dramma senza fantasma, commedia senza banchiere, ballata salv' ognuno senza becchino ? Se anche domani non ci fosse prosa senza moro., sembra diverso, ma sa– rebbe la stessa, la stessissima cosa. Gli scrittori han sempre scelto il loro bello e il loro bru'tto, il loro caratteristico, dove meglio gli è parso. Certo artificio nello scegliere, e il desiderio d'essere il primo, di meravi– gliare o, come si dice, di far colpo, può al più indicare gusto ancora incerto e facile alla moda, una qualche vanità. Peccati di gioventù. Dopo i negri dei romanzieri francesi e inglesi, facciamo dunque buon viso al negro di Vergani, il primo negro, ch'io sappia, che abbia l'onore d'essere protagonista in un romanzo italiano. Il suo moretto l'autore se l'è andato a scegliere addirittura tra le capanne della tribù; e in 284 pagine gli fa percorrere puntualmente tutta la carriera ch'è , possibile a un negro. Lo avvia intanto al prossimo presidio coloniale, ne fa il servetto dei soldati, l'amico del sergente Van Duren. Ecco il piccolo George in marcia coi soldati attraverso il deserto. Muore di trista morte il sergente Van Duren e poco dopo vediamo il nostro George histrascarpe, guida, facchino, ladruncolo per le strade di Al– geri. È ferito in una rissa notturna tra soldati e marinai. Una buona vedova lo raccoglie, lo protegge, l'imbarca poi con sé verso l'Europa. Arrivati, nella confusione dello sbarco, George si sp~rde tra la folla del molo, non trova più la sua protettrice. Comincia cosi la sua vita europea da vagabondo. Che cosa farà? È presto detto; tutto quello che può fare un negro in Europa, il servo dei servi, l'uomo di fatica in tutti i mestieri. Fincl;té la fortuna non si ricorda di lui, lo aiuta, lo spinge avanti. Ecco George allievo di boxe nella scuderia di 'l'ommy Burmr e poi amante di Marta Burns, la moglie del padrone, poi boxeur famos~, campione. Trionfo di George: gloria, denaro, vin_cea :f'.aril?iiil campione del mondo, ma ahimè non solo lo vince, lo uccide. D1 qm la decadenza di George: la sua stessa fortuna l'ha avvelenato; l'amore, l'alcool la disdetta l'odio altrui hanno sovvertito il suo sangue. Fugge ' ' .. in Americà · in una notte d,i barbarico dehr10 scappa dall'ospedale e dopo una ~orsa pazza per le vie si Ia.ncia contro le luci cPùna vetrina, muore sfracellato sul lastrico. I BibliotecaGirlo Bianco
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