Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929

Arturo Onofri 239 uno sforzo verbale formidabile sulle minime inezie della sensazione. Ne nasceva quello speciale genere ài barocco che, come osserva l'Hilde– brand, deriva dall'applicare sproporzionate esigenze d'architettura e di stile a una materia pm·amente ornativa; Comunque, la bella stagione era prossima; e sbocciò in Arioso (1921) : liriche e poemetti in prosa; questi che talvolta declinavano nel «bozzetto» e nel « sa.ggio ii. Il libro specialmente si raecomanda alla parte in versi. Le con<lizioui della fe– licità fisica e dell'armonia, che il d'Annunzio espresse, indimenticabil– mente, nell'aspetto mitico, gigantesco, si riiiettono, con dolcissima grazia, in situazioni cli vita placida e comune; e prevalentemente nel paesaggio. · Lo senti il sapore dell'aria, .stamani. ... MaT7.0, fanciullo da!I lu,ngo sbadiglio .. .. Che odore d'infairrn.i•a e <;'li favole .... Chi vorrà ritrovare un Onofri sereno, pacato, quasi senza ombra di dog– matismo e concettua.lismo (e non intendo che sia l'Onofri più caratteri– stico), dovrà sempre rifarsi a componimenti come cotesti. Intorno a quest'epoca, nella sua vita deve essersi- dato qualche cosa di cui non sappiamo; ed avvenne il suo violento votarsi a quella ispi– razione ch'è stata ricollegata, troppo più del bisogno, alle dottrine di Rudolf Steiner; ma che mi pare si possa intendere, semplicemente, nei termini d'una specie di panteismo cristiano, e nel concetto di una na– tura redimibile e in continuo travaglio a diventare coscienza. Neanche è esatto che lo stilista di Orchestrine rifiutasse le proprie esperienze mallarmiste e laforghiane. Niente era in esse d'utile, e a rifiutare. E del resto, chi conosce, ad esempio, le teorie « euritmiche J>dei seguaci dello Steiner, trasportate dal linguaggio alle danze rituali della scuola di Dornach, non ha bisogno di chiarimenti per capire come si potesse giungere a un'estetica consimile, partendo dal sonetto alle vocali del Rimbaud, o da Un co11,pde dés del Mallarmé. Non fu Mallarmé sempre convinto che il suo proprio ideale d'arte si trovava realizzato in Wa– gner? Ed ecco l'Onofri orientato verso uno spiritualismo, nuovo ma non discorde da quello di gioventù. Agli inizi di questa orientazione, corrispondono: Trornbe d'argento, nell'aspetto lirico; e Ntwvo Rinasci– rnento (1925), nell'aspetto critico; di seguito ai quali lavori, egli disegnò e condusse il ciclo: Terrestrità del sole (Torino, Ribet, 1918). Mi preparavo a scrivere delle poesie, Vincere il drago (Torino, Ri– bet., 1928, Lire 12), secondo gruppo di cotesto ciclo, apparse poco innanzi il triste Natale che fu l'ultimo giorno dell'amico. E con la conoscenza del terzo volume : Zolla ritorna cosrno, che egli mi aYeva in gran parte let!o, mi proponevo soprattutto di ribattere una obbiezione che si sente /' fare a questa poesia: l'obbiezione della «oscurità,>. Intanto, occorre– rebbe ricordarsi che i cosiddetti autori rlifficili e oscuri quasi sempre son tali perché sincerissimi, e pieni della materia che trattano. E sono oscuri, anche perché, hanno alto concetto della capacità del lettore; e del diritto di questi a non vedersi esibite' ricucinature e brodaglie. Vale a dire che sono modesti, e compresi della responsabilità di met– tere nero su_bianco. Avanti di respingere un autore perché oscuro, si do- Biblioteca G!!lO Bianco '

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