Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
Baldassar Castiglione 237 del poeta pur tanto maledico delle Corti, il meglio della sua poesia egli ricavò però (osservano i critici) dal disgusto che gli ispirava quel mondo convenzionale ~ cui era legato : ne ricavò il suo Rinaldo concepito come eroe crociato e venuto su con una non so quale. insofferenza di ogni cosa, e perfin della fede. Onde il Donadoni nel suo bel saggio, il migliore dei moderni sul Tasso, concretava nel seguente giudizio un'impressione non soltanto sua: « Rinaldo trascina l'amore dietro il carro della gloria e preannunzia l'apatia orgogliosa e crudele del superuomo.» Vari tratti del poema lo giustificano: questo, per esempio (e siamo alla presa di Gerusalemme) : Rinaldo intanto irresoluto bada Ohe quel rlschio di sé degno non era, El stima onor plebeo, ·quand'egli vada Per la comune via col volgo a ~chiera. (XVIII, 72). Ma leggiamo a lato di questi versi certe parole del Oortegiano (tutti sanno quale avido e scrupoloso lettore di siffatti codici, per sé e per i suoi eroi, fosse il Tasso) : « Pur sotto la nostra regula si potrà ancora intendere, che, ritrovandosi il Oortegiano nella scaramuzza o fatto d'arme o battaglia di terra, o in altre cose tali, dee discretamente pro– curar d'appartarsi dalla moltitudine, e quelle cose segnalate ed ardite che ha, da fare farle con minor compagnia che po', ed al cospetto di tutti i più nobili ed estimati omini dell'esercito, e massimamente alla pre– senza e se possibile è, innanzi agli occhi propri del suo re» (II, 8). Dunque non era poi tanto un fare mefistofelico, in Rinaldo, quel pensare nel periglio più che alla patria e alla fede alla propria gloria? E se quel calunniato eroe, fosse stato, inv,ece, a guardar bene, un di quei brQ,yi ragazzi che non escono mai di casa senza aver pronto in tasca, per ogni dubbio, il manuale? No, no. Tanto più che mi par già di sentire alle spalle il monito estetico: nulla giovare all'intelligenza della poesia questi riscontri dotti, nulla poter essi offuscare _della luce che irraggia, quand'è gemma, la gemma poetica. Sarei tentato di dir sì, senza riserve. Senonché, c'è proprio un de– creto che si debba soltanto leggere per far dell'estetica ? GIUSEPPE TOFFANIN. BibliotecaGino Bianco
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