Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929
\ Baldassar Castiglione Non fu sì santo nè benigno Augusto, Oome la tuba di Virgilio suona. L'aver avuto in poesia buon gusto La proscrizioµe iniqua gli perdona. Nessun sa:_p,ria se Neron fosse ingiusto, Né s,ua fama saria forse men buona, Avesse ,avuto e terra e ciel -nimicì, Se gli scrittor sapea tenersi amici. (XXXV, 22-26). 235. E dire che l'Ariosto (tanto si legge in fretta) è sempre un po' tacciato d'adulazione, come d'un difetto del secolo se non propriamente suo. Ma"' rifacciamo un po' i conti: se il cardinale Ippolito gli rispose: « dove avete trovato, messer Ludovico, tante corbellerie?))' quale dei due restava in debito di villanie ? il principale o il cortigiano ? Di un mondo così fatto il Castiglione soffriva come d'una disarmo– nia che lo ferisse individualmente; e ci voleva un gran signore colto, com'era lui, per osar d'impugnare per bocca d'un suo beniamino, il conte Ludovico Canossa, il più comune fra i luoghi comuni del tempo. Eh via, ristabiliamo le distanze: il sapere e l'arte stessa sono anch'essi cose assai più relative che non s'illudano costoro ancora affannati dal– l'ansia del conquistarli: s'irraggiano anch'essi della' luce che nelle ari- stocrazie si perpetua e in qualche parte ne dipendono. · « Basta che (lesse il Canossa il Furioso ?) i letterati quasi. mai non pigliano a laudare se non omini grandi e fatti gloriosi, i quali da sé meritano laude per la propria essenziale virtude donde nascono; oltre a ciò sono nobilissima materia dei scrittori. n che è grande ornamento ed in parte causa di perpetùa.re i scritti, li quali forse non sariano tanto letti né apprezzati se mancasse loro il nobile suggetto, ma vani e di poco momento>> (I, 46). , Ed è, collocato nell'atmosfera del Gortegiano, uno dei suoi peusiel'i più caustici. Ma quanto poi a sentire il valore tradizionale dell'alto lusso della cultura, chi più pronto di questo gran conservatore ? Vedetelo quando sembra richiamare alla ragione quel gran matto del Machiavelli. Oh, con quello un discorso sui signori e sui cortigiani, sui dotti e sugli igno– ranti, sui ricchi e sui poveri, non poteva finire che in politica; e finiva male, di solito. Figuratevi l'occhiata di quel terribile plebeo al galante manichino messo in piedi dal patrizio mantovano : giacché la luce, come d'uno scoppio, che illumina il Principe è prima di tutto sfiducia nei valori tradizionali del paese, aristocrazia e cultura, tutto un pan di casa da cui avrebbe torto il muso il suo « principe nuovo>>. Ripensate quelle crudeli parole dell'Arte della Guerra : « Ci·edevano i nostri prin– cipi italiani prima che essi assaggiassero i colpi delle ultramondane guerre che ai principi bastasse sapere negli scritti pensare una cauta risposta, scrivere una !;>ellalettera, mostrare nei detti e nelle parole arguzia e prontezza, saper tessere una fraude, ornarsi di gemme e d'oro: dormire e mangiar.e con maggior splendore che gli altri, tenere assai " BibliotecaGino Bianco
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