Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929

Baldassar Castiglione 233 principio di quell'ultimo libro che si contrappone agli altri tre come un tentativo di riscossa. « In vero, se con l'essere nobile, aggraziato e pia– cevole, ed esperto in tanti esercizi, il Cortegiano non producesse altro frutto che l'esser tale pei· sé stesso, non estimerei che, per conseguir questa perfezione di cortegiania dovesse l'uomo ragionevolmente metterci _ tanto studio e fatica, quanto è necessario a chi la vole acquistare. Anzi direi che molte di quelle condizioni che se gli sono attribuite, come il danzar, festeggiar, cantar e giocare, fossero leggerezze e vanità e in un orno di grado piuttosto degne di biasimo che di lode. Perché queste attilature, imprese, motti e altre tai cose che appartengono a interteni– rnenti di donne e d'amore, ancora che forse a molti altri paja il con– trario, spesso non fanno altro che effeminar gli animi, corromper la gioventù e ridurla. a vita lascivissima. Onde nascono poi questi effetti ch'il nome italiano è ridotto in obbrobrio, né si ritrovano se non pochi che osino non dirò morire, ma pur ,entrare in un pericolo» (IV, 4). Basterebbe la serietà di questa pagina a garantirci che il Casti– glione senti con altissima e desolatamente solitaria coscienza, la dignità della vita aristocratica in cui la raffinata frivolità (n'è parte il parlare. con tanto interesse delle piccole e con tanta levità delle graùdi cose) segnerebbe un ben misero distacco dal vulgo, se quel distacco non avesse come-presupposto l'obbligo dell'eroismo di cui i campi di batta,., glia sono ogni tanto il vaglio e il suggello. Il pensiero corre a pagine del Machiavelli e del Guicciardini piene di pensosa ammirazione per ciò che appunto rappresentava, la, nobiltà nell'esercito francese. In Italia era ciò possibile ? Il problema storico che si concretò certo nella mente, ben altra, del Guicciardini, affiora in quella del Castiglione nei suoi semplici termini umani, e tanto più interessa i11;quanto tutto l'uomo vi appare compromesso con i suoi orgogli, ·con i suoi affetti, con il rammarico della solitudine. (Non per nulla la Francia ebbe poi nel suo fiore tanti aristocratici che s'espressero pienamente fu letteratura, e l'Italia, nel suo .fiore, ebbe solo un Castiglione che riusci a comuni– carci soprattutto la tristezza deLsuo stato). In Italia, povera di lunghe tradizioni dinastiche e di principati bene stabili, la cortigiania, non arrivando ad essere un ideale, doveva accontentarsi di passare per un mestiere. Il cortigiano, come tanta altra gente, si trasferiva anche lui da un signore all'altro. Il sogno gentile ed eroico del quarto libro non è già tutto scontato nella vita stessa del Castiglione che non poté durare presso i suoi parenti, i Gonzaga, che, trasferitosi in Urbino, sognò per i Montefeltro sogni di fedeltà e di manifesta gratitudine, e solo qualche anno dopo, cortigiano di. Roma, dovette subire la maligna politica pa– pale contro i suoi confidenti di ieri ? Colpa delle circostanze storiche, senza pensare alle quali non s'in– tende certo antagonismo tra le poche corti di vecchia nobiltà e quel– l'umanesimo che impronta di sé la civiltà italiana, da cui la cortigiania, come idealità, è quasl respinta. E neppur s'intende senz'esse, perché il Cortegiano-, tuttò tramàto di dottrina umanistica, traspiri ogni tanto, di certo umanesimo insofferenza e disgusto. • B1bilotecaGino Bianco /

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