Pègaso - anno I - n. 2 - febbraio 1929

Baldassar Castiglione 231 pur raggiun.to per vie t·auto diverse, l'errore; ma la stessa facilità con cui la scoperta teorica avviene dovr,ebbe indur nel sospetto che quella porta fosse già aperta. Se, in tanta distanza di tempi e di spiriti, a certe sensibilità, artistiche si ripres entano -immutate certe difficoltà, queste non possono essere tale errore che.lo studiarlo nei lamenti e nei vanti dei falliti, dei vittoriosi e degli spettatori non giovi all'intelli- genza della storia letteraria. . Ma, per tornare a ciò che furono questi trattati, in essi potrebbero eercar,e nuova impostazione al dibattito, quanti ancor litigano per ne– gare o difendere la moralità del Rinascimento; e senza speranza, di pace, finché a.ccettino, tutti, per vero specchio di quella vita, la novella e la commedia. ,Se questi generi, invece, non presero, con la realtà d'al- - lora, miglior contatto poetico che la « pochade» con la nostra, non per questo-mancò in tutto al Rinascimento la sensibilità .realistica che trovò invece la, sua forma nel trattato. E si rassereni chi sospettasse queste _nostre considerazioni ree di voler rimettere surretiziamente in onore la più morta delle vecchie distinzioni, quelht dei generi letterari. Per, quanto figli di pregiudizio naturalistico e di dotta poltroneria, quelli sono irriesumabili ; ma, nei termini da noi posti e, in certi loro co– rollari, sono anch'essi immortali. Del resto, se non vi dispiace una specie di danza dei generi letterari (trattato, favola pastorale, poema cavalleresco) intorno all'affascinante vita di Corte; se volete rendervi conto del perché le signore, così infal– libili, per certo rispetto, nei loro gusti, tanto si compiacessero di pastori e di cavalieri di cui noi siam così stucchi, ragguagliate qualche passo del Gortegiano con qualche altro dell' Arninta e dell'Orlando Innamorato. Racconta il Castiglione: « Consuetudine di tutti i gentiluomini ,lella casa era ridursi subito dopo cena alla signora Duchessa, dove, tra l'arltre piacevoli feste e musiche e danze che continuamente si usavano, talor si proponeano belle questioni, talo-r si faceano alcwni giochi inge– niosi ad arbitrio or d'uno o d'u,n altro, nei q,uali sotto vari velami spesso scoprivano i c-ircumstanti allegoricamente i pensieri suoi o chi più loro piaceva)) (I, 5). Oppure: « Ognuno si ponea a sedere a piacer suo, e come la sorte portava, in cerchio; ed erano sedell(lo un omo ed una donna» (I, 6). Ed ecco l'altro cortigiano, !l 1'asso, che fa parlare il suo Tirsi cosi: Ed unii! volta che in cerchio sedevam nilJJfee pasto-ri e facevamo alcuni-•nostt'i giochi, che ciascun nell'orecchdo del vic.ilno mo,rmorando diceva u,n ,suo segreto, Silvia, le dissi, io <pe.1.· te .aTido : e certo morrò, se noo m'a-iti.... (Aminta., I, 2). 12 E perché piacevano tanto le avventure di Prasildo e Tisbina raccon– tate dal solo cortigiano del Rinadcimento degno di dividere col Casti- I BibliotecaGino Bianco

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