Pègaso - anno I - n. 1 - gennaio 1929
60 G. Coinisso - Riposo sit una collina e si dibatteva raggomitolandosi negli spasimi della morte. Le altre R'erano irradiate in tutte le direzioni, tese e con le mandibole a,perte, pronte a mordere. Alcune erano già arrivate sul pan!llo della mia manica, altre llUl mio ginocchio accanite nella ricerca del ne– mico. Mi .sentivo aggredito e credendo d'averne parecchie dapper– tutto, mi alzai scuotendomi con forza. Cambiai posto. Tutta la spia– nata tra le colline si lasciava vedere bagnata d'una luce di madre– perla. Pensai che avrei potuto farne un bel campo di foot-ball a di– vertimento dei miei soldati, ma mi doleva privarmene. Più invece mi persuase d'organizzarvi un piccolo con0erto, perché la buona ri– sonanza c'era, e i suonatori pure : quelli che suonnvalllo per il ge– nerale; e il violoncellista era il mio furiere. « Sì, sì, alla prima notte di luna, voglio mangiarmi mezzo stipendio)). Ma dal fondo della spianata vidi gente che avanzava. Un piccolo grUJPpO di soldati, e nno veniva portato, come nel giuoco dei bambini, a seggiolino d)oro. Non capivo perché e mi feci attento. Un ufficiale, che era tra loro, indicò l'alta parete del monte. Uno li seguiva da vici!llo e con le brac,cia sul petto, come un religioRo che pregasse. Si fermarono. Quello sorretto a seggiolino d'oro, venne deposto per terra e tutti gli s'erano fatti attorno come per difenderlo. PenRai fosse un ferito · o uno svenuto, certamente. Ulll altro uffichlle ~opragginngeva a grandi passi dal fondo della sipianata. Quello che teneva le mani sul petto s'era inginocchiato accanto al debole e pareva gli parlasse. Te.ntò di sollevarlo, prendendolo sotto le ascelle. I soldati che erano armati si schierarono in riga. I due ufficiali scambiatosi il saluto, s'erano messi a parlare, allontanandosi dai soldati. Poi ritornarono. Un foglio di carta biancheggiò al sole, l'ufficiale arrivato da ultimo, rivolto ai soldati, incominciò la lettura a voce alta, accompagnan– dosi con gesti recisi del braccio. La voce veniva riecheggiata dalla parete, ma non potevo distinguere le parole. Cessò, a un cenno tutti si scostarono. Intesi un comando simile ad un urlo e i soldati im– pugnarolllo i focili puntandoli contro quello che era rimasto solo accasciato per terra. Gettai la sigaretta, non volevo vedere di più e mi precipitai giù dall'altra parte della collina, impastoiato nei passi, sul punto di cadere ad ogni istante, sperando di arrivare in tempo per non sentire. Ma appena disceso, la scarica suonò riper– cossa dalla parete del monte e da tutta la valle, più forte della mar– cia dell' Aicla che al di là dell'Isonzo non aveva mai cessato d'essere balbettata stupidamente. Per ritornare sulla strada passai davanti alle baracche dove stavano accantonati i miei soldati, ed essi, che lo avevano visto passare, sempre sorridenti e pieni di gentilezze per me, ora pallidi, stravolti e quasi paralizzati, mi guardarono cupi. GrnvA~~I Cmnsso. BibliotecaGino Bianco
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