Pègaso - anno I - n. 1 - gennaio 1929
Riposo su una collina 59 gli eccessivi prelevamenti di materiale. - Mancanza assoluta di com– prensione, - gli aveva gridato; e chiuse il telefono senza voler in– tf>mdereragione. Caipivo, iperché ero stato trattato così male, ma già mi consotava l'idea di trovarmi 111ellamia solitudine tra le piccole colline. Il vento intermittente, tepido e piacevole agli occhi mi ac– compagnò al solito posto e come mi distesi per terra mi passò con tale tenerezza sul volto da farmi reclinare il caipo come su d'un cuscino tra l'erba fresca e piena d'ombre. Allora mi piacque guar– dare tra i fili d'erba simili ad alberi d'una foresta, intessuti tra loro per resistere al vento; e meglio osservando, scorsi una caro– vana di formiche, lucide, negre, agili e pulite passare intermina– bile. Sospettose e vigilanti alcune deviavano ai lati del percorso per :fiancheggiare la marcia del grosso della colonna e nell'incontrarsi con· altre che provenivano in senso opposto, si fermavano per un breve abboccamento come per comunicarsi le informazioni toipogra.:fi– che necessarie. Pareva difettassero di provvigioni e ipartisRero in esplorazione e conquista verso lontane terre promesse. Il vento mi portò d'improvviso un attacco risoluto di musica suooata al di là dell'Isonzo, ai piedi del Polunik tutto formoso di nuda roccia. Era una banda reggimentale che s'esercitava, chiusa in una baracca. Il monte copriva con la sua ombra tutta la curva del torrente. La mu– sica veniva a .sbalzi, sorvolando le acque tremule e il piccolo pae.;e dove le case si alternavano ad alti alberi. Suonavano la marcia del- 1' Aida 1 ripetendola cosi comicamente da farmi ridere da solo. Preso da una leggera allegria tolsi dal taschino della giubba una sigaretta e allora m'accorsi che una mosca, grossa e grigia stava fissa sulla mia mano intenta a succhiarmi il sangue. Un dispetto immediato mi animò l'altra mano e gliela sbattei addosso raipida come un ful– mirrle. La mosca tramortita cadde sull'erba e chinai il capo per cer– carla. Non era morta, era caduta sul percorso delle formiche, subito fattesi sopra per stringerla avide e feroci alle ali e alle zampe. Dopo alcuni moraj. già la portavano via, prima in tre o quattro, poi come misurato il peso, in due soltanto. « Come ogni avvenimento si coor– dina ! » mi venne da dire, e accesi la sigaretta. La marcia dell'Aida conti1I1uavaall'infinito. I suonatori balbet– tavano le note come bambini chiusi in una scuola che tutti in coro imparino a sillabare. Ascoltavo, e guardavo la parete vicina che ora mi faceva ipensare con la sua .solida bellezza data dai maeigni so– vrapposti, ai muri dei vecchi palazzi di Firenze. Anche l'aria te– pida e leggera ventilata dall'Isonzo, come dall'Arno, aiutava il raffronto. E scossa la sigaretta che era stata fumata dal vento, feci cadere la cenere fra l'erba. Subito m'accorsi d'aver spaventato le formiche come se un tiro d'artiglieria fosse stato concentrato su una colonna di soldati in marcia. Aillzi una formica n'era stata scottata BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy