Pègaso - anno I - n. 1 - gennaio 1929

38 G. Papini Pensiero o se no ti ~'iJ11ibisced'essere e di pensare. Perchè sono, sì, bravi cacciatori ma in qualunque bandita vadano a cacceggiare acchiapipan sempre il medesimo uccello - vo~lio d_ire la medesim_a, formula, che poi fanno cuocere e ricuocere m mille e un cond1- mento. Siccome tutti, maestri e -scolari, si credO!Il muniti del carisma dell'inerranza non c'è verso di smontarli dai lor destrieri di foglio : ognun di ]oro ha iproclamato, senza assistenza di concilio, la pro– pria infallibilità e s'immagina d'essere un microteo per auto-deifica– zione, anche se i suoi pensamenti sono, direbbe il padre Bartoli, un « farneticare sotto nome di :filosofare>>. Eppure questa logomania ha sottratto alla letteratura molte forze e molta attenzione e non è stata senza influenza anche sul– l'arte di qualche scrittore. Non tutti i poeti hanno l'accortezza, quando si ritrovano fra le gambe i :filosofi, di fare come Federico Schiller. Il quale 1 benchè infatuato più del bisogno di kantismo e di teorie estetiche 1 ), cosi scriveva all'amico Goethe il 22 dicembre 1798: «Non vedo Schel– ling che_una volta la settimana e il più delle volte - lo confesso a gran confusione della :filosofia - per far CO!Ilui una partita a hombre )). Sarà una debolezza, sarà un fissazione, sarà UJI1a rriattìa, ma que– sta trovata - d'usar le carte da gioco come un baluardo contro i filosofi - io la metto accanto, caro Schiller, ai tuoi Masnadieri, passione della mia gioventù. IV. E lasciamo in pace, alla fine, gli estrrunei. C'è un'altra causa, secondo me gravissima, della ipresente siccità letteraria italiana e dipende tutta da noi. Ed è che i più fra i nostri scrittori voglion fare proprio quelle opere alle quali il genio della nazione è meno disposto. Ogmi popolo, come ogni persona, ha certe sue qualità native e certe sue inclinazioni p.rofonde che lo portano a riuscir bene in una o più cose e meno o punto in altre. L'arte del savio consiste nel discernere le sue qualità maestre e nel saperle 3Jdoprare, lasciando da parte tutte le altre ambizioni. Dovrebbero far così anche i po– poli perchè, sebbene un popolo sia fatto di tanti milioni d'uomini di nature div,erse, pure qualcosa di comune ci dev'essere dal mo– mento che si parla, e non solo da rètori, di civiltà italiana, di men- 1 ) Ma se n'era pentito. Si veda la sua lettera a Goethe del 17 gennaio 1795 t' quella a Humboldt del 2 aprile 1805. Biblioteca Gino Bianco

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