Pègaso - anno I - n. 1 - gennaio 1929

di Renato Serra Come ho_scritto male. Ma qunisi ne son contento. Non vorrei, a nessun patto, aver fatto della letteratura. Potremo aincora essere a,mici? Aprile. Le scrivo molto a malincuore. Avevo trovato ieri mattina un minuto d'abbandono e d'illusio[le quasi felice, pensando a Lei. Indugiavo, pr.ima di scrivere. Poi è arrivata la sua lettera e ha dhiper,so tutto. Mi pM'e inutile rispondere, quando fra llloi c'è tanta divisione : in Lei diffidenza e incontentabilità, in me rinuncia. A tutto. Mi duole di non poter essere sincero, di non poterLe mo– strare il mio animo tutto quanto. Ci sono in questa istagione troippe cose tristi e [lOiose dentro di me, che Lei non conosce e non so– spetta. Ho avuto [)er oo attimo l'imp:ressione che la ** mi avesse ristorato, quasi in una dolce ritrovata fanciullezza di cuore. Non errwvo for,se del tutto; qualche cosa di profondo e di vero c'è stato nella nostra amicizia, in quel momento in cui non osavamo par– larne; io a1meno lo sentivo. Se è prussato, non voglio darne la colpa a Lei. L'equivoco e il :fittizio delle nostre relazioni no[l è forse vo– lontario. È nato dalle circostanze; dal passato : dal suo, **. Il suo sistema, il suo programma di godimento ègoistico e superficiale - voler del sentimento quel -iànto che basti a divertire e che no[l arrivi 3i far soffrire - ha dato fin dal principio alla nostra ami– cizia la freddezza-delle cose sterili, non ,destinate a durare. Quello che è stato vano una volta, no[l [)UÒ diventare mai serio. Anch'io ho fatto molto male in princiJpio, prestandomi all'ffi}ui– voco. Prendevo sul serio quello che la ** mi dava e ostentava di volermi dare solo per gioco ; e ne godevo con una semplicità senza rim.011si;purchè lei [lOn lo sappia, pensavo, purchè non glielo dica, io [)Osso fare dentro di me quel che mi piace. Ma era uno sforzo. Era quasi un peccato contro la felicità; esser pieno di gratitudine e di gioia per quello che Lei m.i dava, e far mostra che non mi desse nulla; sorridere e scherzare, quando fouse avevo voglia, bisogno di pianger d'amore. Forse: perehè il mio orgoglio mi ha sempre rproibito'.di riflettere; ,di frugarmi dentro; e ora sento anche la t17-– stezza ,del domandare e no[l poter ,sruperequello che veramente sia stato. Intanto, nel gioco, le nostre parole hanno acquistato un suono ambiguo, falso ; noi non possiamo più dirci nien!e ~ v_ero .. Quelle cose nuove-che Lei ha provato, o ha mostrato, d1 d1rm1, m1 fruruno rabbia· cosi come quelle che io vorrei dire, e non posso. In un certo ;enso, tutto quello che Lei ha fatto e detto, in apparenza. . F da,,.., 1 •,..n"" "Jfred Lewifi· on 6 • , l ,_ .<' •~ Biblioteca qmo Bianco

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