Pègaso - anno I - n. 1 - gennaio 1929

100 S. d'Amico - Cronache del teatro drammatico sero a:nai ivisto uno strumento, e.e lo dioe Anton Giulio Bragaiglia. a, che servirebbero Rossini e Toscanini? . Negli elenchi del Teatrio degli Indipoodenti figrurano, l'abbiamo detto fra cianfrusa,glie e tentativi, parerehl nomi di poeti. Ma Braga– glia è tr oppo scaltro p er credere che rappresentare Strindberg e Kaiser come ,si ra.ppresent.an da lui, significhi « far oonosce,re » cotesti autori. La verit à è perfettarue nte il contrario; recitati a quel modo lì, quegli autori sono sta,ti più che mai respinti nell'ombra. Nessun invito a capirli; anzi, un invito a non accostarsi a loro mai più. Certe « esecu– zioni» non ['ivelatrto, ma coprono; è il caso, di Pascarella: « E più lu-v s'ammazzava pe' scoprilla, - E più quell'antri je la ricopriveno. » Questo p er gli auto ri di. grosso càlibro. Ma iJ Teatro ,degli Indi– pendenti può esercita.re un'azione negativa anche su qu egli sc rittori giovani che v 'accomrono come al trrumpolino per .spiccare il pri.mo salto. E chi ha d.enunciruto il pericolo è Sitato uno dei più autor izzati 3JII1ici e sostenitori dell'impresa, Massimo Bontempelli: « Teatro •degli Indi– pendenti, ottima scuola, per gli autori nuovi e gli spettatori nuovi.. .. Ma ci piacerebbe vooell'li un poco fUJOI' di scuola, gli uni e gli altri. C'è da aver paura che l'esistenza di un Teatro degli Indipendenti :finisca col servire a qualcuno di comodo alibi. » Cosi è. Alibi non solo per il capocomico che conosciamo, e che letto il copione «stravagante» sentenzia: « per questa roba c'è- Bragaglia »; ma anche e soprattutto per l'autore il quale, non sentendosi di costruire una commedia che si regga da sé, pensa che le lanterne di Bragaglia po– tranno benissimo provveder loro a tenergliela in piedi. Pe.riciò se la stoTia di Bmgaglia è, indubbiaanente, Ja stOO'lia ,di una pas.si.o:nepiù unica che Tara, ,questa passi•~ è ituttavia rimas,ta, ancOII'a, un suo fatto personaJe, .di cui il gran pubblico non iI'iesoea intemessarsi vitalmente. E la esistenza del Teatro degli Indipendenti seguita ancora a svolgersi, dopo sette anni, in un'atmosfera ambigua. Per .un pezzo, l'uomo ha risposto alle ciI'itiche: « ,stupidi che pa,ra,.. gonate quel ch'io faccio a quel che si fa nei teatri veri ; è come se para,. gonaste un vecchio torc~io tipografico alla tipografia del Corriere. » Al ehe si è ~plica;to: « animo dunque, ,esci dalla tana». E s'è stati in pa– r,oochi a raccogliere il grido d' Albeirto Spaini : « diamo un teaitro a Bragaglia >> : il quai! grido supponeva che, finora, un teatro Bragaglia non l'ha.,Ma alloca. è accaduta una oosa curiosissima: e cioè Bragaglia ha pun,tato i piedi, ha cominciato a dire che i teatri nol'llllali gli fanno schifo, che lui si uscirà ma ,iJ ooone e il quando è da stabilirsi, che per ora la cantina non la lascia,, e insomma che chi lo invitava a uscia-e cc non _avev·a capito nriemite ». Eppure, da capire c'è ,soltanto questo: che non si può ll'estare in etel'!Ilo nel limbo del1e intenzioni. Il teatro nostro ha bi.sogno d'un mae– stro ,di scena: Bragaglia,, tino a oggi, non ci ha dato altri saggi che di scenografo sui genetris. Vuol farci vedere che sa, anche e.re.aire e disci– plinare a.ttori nuovi ? che sa oonquista.rsi, oon un repertorio vittorioso, un gTande pubblico ? che sa fru-e il cc teatro teatrale>> ? Noi diciamo che n_ell'a.n:io ,settimo, il suo amore e la sua cocci,utaggine ci dànno il di~ rntto di domandargli il miracolo. 8 'A ILVIO D MICO. BibliotecaGino Bianco

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