Pègaso - anno I - n. 1 - gennaio 1929
98 S. d'Amico tea,tr-o lirico a teatro di prosa ,quando gli ~ttacoli ama.ti erano Gyran<> è La N(JIVe, I ventri dorati e La cena delle beffe). Ma predic are il cc teatro teatirale » e chiuder,si in cantina, è oome bandire un comizio in uno stanzino da bagno. 11 « teatro piccolo » è un non senso. È quanto dire un generale che ooma.,noo una pattuglia. Il teaJb.,o piocolo • è il rifugio del1a ,g1enteche non crede al ,teatro. Se non irioordirumo ma.le uno ,dei suoi primi apostoli tra noi fu, per incidens, nei ,primi a nni d el dopoguerra, Prez-z-olini : ossia uno a cui la volgarirtà delle nostre soone da.va la ,nausea; e, con– fessando di preferire, in tutt'i ·casi, la lettura d'un dramma alla sua. rappresentazione, oonoludeva aoccitando il teatro piooolo oom,e una concessione estooma: se dobbiamo sentir recitare, a.lmen9 che sia fra. pochi intelligenti. Ma in realtà anche lui, ricordando l'opera d' Antoine~ v,eniva a sottintendere che il teatro pie.colo non è un fine, ma un mezzo ; non una oonclusione, ,ma un esperimento. Necessità pratiche, mancanza di ,grandi rmezzi, timor,e d'un pubblico aill.coiraimprepairato, possono in– dur:Ile a oominciare dai «saggi>> ,druvanti a ,questo o qucl ,g,ruppo ,di .ini– ziati; ma per pOti.mirivare, in un sooondo momento, al gmrun~uhblico. Soltanto quan,do Antoine dal Théatre Libre passò all'Odéon, la sua ruor,rna, s'estese ai gusti <li tutto il suo tempo; e gli cc studios » Sii chia– mano così perché, a cominciare da quello dei citati Ghamps Elysées,. sono originariJamente organi di prova e di studio, aill!UeSsli a '\hll grande teatro. Restare perp,etuamente nel ,terutIDo piooolo ,slignifica, rinunziare, tout 001,rt, al Tea.tiro. 11 sintetismo della 1IUessmsoena, ch'esso impone, è un ripiego (vedere nel libro recente del Dubech come e perché, nel Vieux– Golornbier, si dovette ricorrere a un'illuminazione e a, una scenogra,fia ridotte). Ma che dire ,di quei n,ostiri « piccoli teatri», venuti per qua.lche tempo di ,moda, quattro o cinque an,ni addietr,o ? Pubblico a ridosso dei micro.soop,ici ,palooscenfoi; nessun aiuto a quell'illusione, di cui bene o male il Teatro vive; camta e tela che co,nfossano d'esser carta e tela; tavole che sciricchio1ano ,sotto i passi degli attori, tenendoci in trepida– zione per la loro irwo lumità; sipario che aprendosi resta a, mezzo, e– allora uno sp ,ettruto.re volenteroso sale sulla ribalta e lo ria.lza appun– tandolo oon uno spill o; la voce del ,sùggeritore che si confonde oon quella degl'inteTllocutori; cOillilllffilti,e dialoghi improvvisi fra essi e il pubblico; tutto aITaingiato, tutto mortificato, tutto implorante indul– genza e sopportazione; e insomma tùtto fatto alla meglio cioè, niente– arte. Conclusione, questi teatri s'intitolarono: teatri d'arte. Quanto a Bragaglia, tutta Italia e anche Ull po' d'estero oggi sa in che modo egli concepisca la parola « teatro » : da coreografo più che da, att001e. Oa,povolgoodp le con-Oe'.tl.ioni ,di ieri, per oui ool rteatro di prosa la scenogr31fia oontava poco o niente, egli assegna a ~erre e a luci la pall'te– del l.eo ,ne ; e il ~esto vada crune vada. iÈ verissimo ch'egli è &ndato in cerca 1per quanto ha potuto d'avan– gururdisili e di futuristi; e .il ,suo solo crit.erio d'esclusione nello sce– gliere i J,avoiri è sta,to l'orrore 1 deUa balllal.ità: meglio il pazzo o il finto p.azzo, che il borghese: donde il Vigliacco di Ve.rgani e La Jallvna canta di Campanile, Re A.rneba di d'Errioo e Il nevrastenico di Bac– thelli; e certe secche sensualità di Schnitzler e di Wedekind; e certe con- BibliotecaGino Bianco
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