Pègaso - anno I - n. 1 - gennaio 1929
La 8tellci del Nord 83 come quelli di Mother Lode, Sarrabus, Rio Tinto, Agordo, Baux, Lias, Nurra, Almaden, Porcile, Laurium, Bello Horizonte, e di altre famose miniere, sparse ai quattro angoli del globo, dalle quali proveinivano quelle pietre. Quando qualcUJllo gli chiedeva a che ma-i gli servissero e per– ché se le trascinasse dietro così, per il mondo, il maggiore Iupiter, secondo i casi, rispondeva che erano il suo dizionario, la sua tavo– lozza, la sua tastiera, il suo vade-meoum, la sua Regia Parnassi o, più semplicemente, il suo pane quotidiano. - Duro, - sogghi– gnava qualcuno,, atteggiallldosi a bello spirito. - Duro, duris- 4 simo, - rispondeva il maggiore Iupiter, fulminandolo CO[l gli oc– chi: - Lei no[l immagina nemmeno fino a che punto, duro. - Ma se si trovava a discorrere con qualcuno meno sciocco, sipiegava con benevolenza che ognuna di quelle pietre conteineva, nel suo piccolo, un saggio delle immense ricchezze che si nascondono sot– terra, e che la loro compoRizione serviva a lui di paragone per giu– dicare altre pietre non ancora catalogate, per valutare altre ric– chezze [1On ancora tratte alla luce. E raccontava che molte di e<,se le aveva raccolte con le sue proprie mani, nel punto stesso dove venivano scavate, e di alcUJllepoteva dir.e di averne ipossedute vera– mente intere montagne, che poi, per mille contrarie vicende, la cui enumerazione sarebbe stata troppo lunga, gli si erano ipolverizzate fra le dita, senza che gliene rimanesse altro che quella scheggia grossa come una noce,, Ma egli per una che gliene sfuggiva, ne tro– ya,va dieci, grazie a qùell'infallibile sesto senso, per il quale, come al rab'domante è dato sentir l'acqua gorgogliare dieci cubiti sotto terra, così a lui, per un dono di natura, era dato sentire dove si nascondeva un filome, U[l giacimento, un banco, sia di rame, sia di ferro, di piombo, di qualsivoglia metallo, e, fatto un sondaggio, ecco il piccone o la mina provare l'infallibilità del prognostico. E, mentre parlava, il maggiore Iuipiter si infervorava a ta,1 punto da credere egli stesso a quanto anda,va dicendo, che era in realtà tutto vero, ma nelle modeste pro1porzioni del verosimile. Allora, per soggiogaTe il profano che lo ascoltava imbambolato, egli prendeva l'una o l'altra di quelle pietre e, palleggiM1dole, fa– cendole scintillare al sole come il gioielliere fa con i suoi diamanti, pareva che le liberasse dal peso della loro inerzia. Ed esse si ani– ma-vano infatti d'una strana, improvvisa, insospettabile vita, come se al semplice soffio delle sue parole, al calore della sua mano, la loro pigra materia rifacesse a ritroso, ilil un attimo, il cammino di interi millenni; e l'argento si scindeva dal quarzo, l'oro dalla ser– pentina, lo stagno dal wolframio, il rame dal. gabbro, l'arsenico dal cinabro, il ferro dal tugsteno, e le ganghe, hberando dalle loro scorie ogni specie di metallo puro, lo facevano rilucere agli occhi BibliotecaGino B•anco
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