Pègaso - anno I - n. 1 - gennaio 1929
82 U. Fracchia cogliere le <<generalità)) del via,ggiatore, alcune indicai.ioni sne– l[)articolari, come : militare d' artiglier·ia, valigia incerata, signoret con la penna rossa, oggi sposi, che formavam.o una specie di for– mulario segreto, grazie al quale egli riusciva quasi sempre ad iden– tificare i suoi rari cliem,ti. Più per abit_ud:ùne,dunque, che per biso– gno, sulla ,scheda del maggiore Iupiter scrisse: Maggiore in bor– ghese con famiglia legittima. IX. Come ebbe dato un 'occhia.ta a quella camera e alle altre occu– l[)ate daJla moglie, dal vecchio e dai figli, il maggiore Iupiter non trovò pace se non quam.do vide accanto a sé, ammucchiate nel cor– ridoio ai due lati dell'uscio , quelle famose casse che avevano corso il rischio di perdersi nelle stive a.Uagate del bastimento. Bisognò che passasse in ansie quella prima notte, poiché solo la mattina seguente l'albergatore, bussando alla sua porta, lo avverti che un carro, carico di bauli e di pesanti casse ferrate, provenienti dalla Stella del Nord, si era fermato in quell'istante dinanzi all'al– bergo. Dicevano i facchini che quelle casse erano di una pesan– tezza :ùnaudita, e che dentro ci doveva essere il piombo. E, chie– dendo chi ne fosse il padrone, gli auguravano che potesse ca– scargliene una sui piedi e le altre servirgli di coperchio per la sua tomba, e che, .se fossero stati sicuri del fatto loro, gliele avrebbero– volentieri portate a Sil)alla sino al prossimo cimitero. Queste ed altre gentilezze, use allora a, fiorire fin dal primo mattino sulle loro labbra inaffiate di popolana umiltà, il buon albergatore se le tenne !Per sé, e solo domandò-al maggiore Iupiter dove quelle casse– .si dovessero trasportare. Poco dopo, tonfi e roche bestemmie svegliarOlllo di soprassalto chi ancora dol'miva :ùn quell'onorata locanda, e solo più tardi il mistero di quelle grida e di quei tonfi, che facevano tremare i vetri e i muri, fu chiarito da chi, scendendo le scale, vide un c;;i– gnore in veste da camera verde bottiglia curvo su alcune casse sco– perchiate, le quali, ad un esame sommario, pareva non contenes– sero altro che pietre. In realtà, se costoro avessero potuto far mi– glior uso dei loro occhi, si sarebbero facilmente persuasi che se– quelle eran pietre, non erano tuttavia pietre comuni. Ognuna di esse portava incollato un cartellino, il che è sempre un segno di distinzione ; e fossero piccole come una nocciola o grosse come un'arancia, non ce n'era una sola che non si rivestisse al sole di strani e vivi bagliori, alcune lucenti come l'oro, l'argento, l'acciaio– forbito, altre tinte di rosa e d'azzurro, e altre infine più cangialllti dell'arcobaleno. Sui loro ca,rtellini si leggevano poi nomi strani,, BibliotecaGino Bianco
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