Disegno di Morlotti DI lui bisogna parlare senza astuzie e senza indugi, parlare soJo ::ol desiderio di aprire una illuminazione nel suo mondo chiuso e scontento, fuori di ogni strada docile e chiara. Morlotti è inquieto. Non si tratta di fare un suo ritratto umano, ma cli trovare la radice dei suoi quadri, per questo dico che è inquieto. Inquieto perdi?- dfotro ogni tela c'è già il presupposto di un altTo lavoro, pcrchè ogni colore racconta una tensione, una storia di volontà e di assalti, perchè ogni ctuadro vive di risentimento e di penetranti contrazioni .Ecco come Morlotti di colpo si presenta. C'è in lui una \'Oglia estremo di spogliarsi, senza amore per sè, d'ogni mansuetudine tecnica e cromatica, e cli erri-' vare ad una costruzione ferma, totale, sollevata di forza ad un equilibrio che non è quello di un'armonia graduata sullo scambio svanente dei toni, ma il potere franco cli tutto il pezzo condotto integralmente alla fine senza spegnere lo scatto iniziale della visione. Il suo quadro si muove sotto la pressione costante di questa visione. Morlotti vuole· sempre qualcosa di molto preciso. La materia si coagula in larghi strati, alta, rugosa: l'emozione resta prigio• nicra disperata, senza voli, senza dolcezze. Anche i paesaggi che sembrano più sciolti, piU liberi nel loro gorgo drammatico di tonalità accostate con violenza, sono il risultato di una mano senza trcmit~ che cel'ca lo scheletro dei monti, più che una lesta di amorosa comprensione. Vogliamo dire che Morlotti im~eguc sempre la sua visione; ma una visione su cui la volontà di Disegno di Morlotti andare di là, la volontà di non darsi pace, pronu.ncia il divieto di acquie• tarsi nei moduli delJa dolcezza abituale. E questo è quello che noi cerchiamo in lui; cerchiamo la sua sete e la sua fa.mc, la « fermn direzione delle sue frecce », lu sua irriducibile insistenza. Quello che Morlotti vede in fondo ella sua tela è un quadro sigillato dentro un rigore senza incrinature, assoluto, un quadro serrato nel giro di una econo-, mia privata di qualsiasi divagazione. t:cc."Opcrchè Morlotti riprende la lezione del cubismo, ma la riprende cercando di uscire dagli schemi lisci e astratti. Per lui il cubismo è )'insegnamento più alto dell'ultima pittura, ma un insegnamento che va integrato con la tempera di « Guernica »: il Picasso più forte, più emozionale ed eroico, il Picasso che rende al mondo la suo statura senza effusioni e paradisi. Ecco perchè Morlotti tenta le tempere. Una delle sue nature morLe è ritagliata in questa luce viva e abbagliate. Qui ogni colore è im·entato, non c'è la minima esitazione, il minimo scarto: il quadro sembra Htretto nel pugno. Morlotti cerca. li punto esse.oziale della sua ricerca è proprio questo: conciliare un dramma con l'esattezza cromatico e fare si che il dranu:na appartenga allo nostra vita che vogliamo diversa e profonda. Questo è il motivd per cui Morlotti si è preparato alla figura umana alzando sulle sue tele enormi statue, teste di cavalli e di dei, Non pet· una nostalgia mitologica vana e ambigua, ma per ritrovare nella loro rigidità di immagini giganti una tensione drammatica risolvibile in un segno den• so e saldo appoggiato sul.ia compagine di un coìore senza intemperanze: il dramma deve essere senza tremori sentimentali. Se quest'aggetli\'O non fosse di\'cnt.ato inesatto, diremmo: greco. Morlotti sta tentando questo e in questo suo sforzo raccoglie le energie. Già un ritratto a tempera è giunto lontano, e alcuni paesaggi resistono in questo senso. Cosi s'inizia la sua opera: così si apre la sua sorte. 'on ama i viaggi nel buio. Una visione dentro, netta, tagliato, con contorni decisi; poi Morlolt.i incomincia a fissare la sua primo visione sino a produrre in lei un'emozione stretta, un crollo sentimentale: cosi ogni colore si distende lento, duro, per non disperdere in una ditrusiooe rapida i motivi unici. E. Morlotti : " Le Statue" MA /CIO DE MICfff:ll FRndazione Ruffilli - Forlì
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