Pattuglia - anno II - n. 1 - novembre 1942

I L marinaio infilò il suo testone in una fessura dell'uscio e buttò dentro il negozio un'occhiata circospetta. Ofelia era sola e gli voltava le spalle; egli stette un momento ad ammirare l'apparente fragilità della sua figura sottile, poi gridò improvvisamente, con voce temporalesca: - Ebbene, cosa si vende in questo bottega? Ofelia stette ferma ferma, col busto eretto e il capo grazioso rigidamente sollevato; poi si girò a metà e restò col corpo sospeso in una bizzarra posizione di equilibrio malfermo, come un trampoliere spaventato. E lo 'fissava con occhi gelati, lontanissimi, spalancati in modo innaturale, che faceva paura. Il mnrinaio sentì disfarsi in un colpo tutta la sua allegria; diventò rosso e umilmente, cercando di non fare rumore, stilò il capo dalla fossura e rfohiuse piano l'uscio. GJi sembrava dì essere sul punto di affogare; oppu~e che Ofelia fosse in cima a una scala altissima, privo di gradini. Riprese ad aspettare pazientemente) camminando a passi pesanti sul morciapiecle, confuso e mortificato, senza accorgersi delle ragazze che lo urta-. vano passando, e ammiravano sorridendo il suo corpo gigantesco. Quell'attesa era per lui ormai una dolce abitudine, un fatto molto semplice, che da qualche mese si verifica"a ogni giorno; e lo straordinario della loro relazione era nppunto codesto assoluta semplicità. L'abbassare la saracinesca a mani unite, con un rapido colpo solo, ero divenuto per loro un vero timido rito iniziale. Tuttavia quella sera c'era nell'attesa un'inquietudine mesta: egli sarebbe partito col primo treno della notte e 1' indomani, a Genova, si sarebbe imbarcato nuovamente sul suo vecchio mercantile. Gli sembrava che Ofelia non avesse ancora voluto accettare la cosa, e la sua tranquillità fosca degli ultim,i giorni non gli faceva presentire nulla di buono. Ma in verità era un'impresa troppo diUfoile per lui comprendere ciò che stava succedendo nClla impcnetrabi]e testina graziosa di orelia. Era persuaso di non conoscerla al~ fatto: questo metteva in ogni momento tra loro un trasparente djaframma dj 4nharazr.o. Una volta essa gli &\•evo detto, con la sua consueta tene.rezzo vagamente ironica: - Povero caro!. .. Tu hai messo la testn dentro un sacco pieno di vespe addormentate e non te ne sei accorto... - Ora questo gli veniva in .mente, come tanti altri fatti accaduti, di cui non si sapeva dare una ragione sensata. La sua stessa natura gioconda e soprattutto pri.mitjva era assolutamente disarmata di fronte a Jei: come se essa Iosse di una razzll assai più antica piena di sottile saggezza, di oscura sensibH..ità. ~ra veramente preoccupato; prepararsi non serviva a nulla ,perché sapeva troppo bene che le reazioni di Ofelia lo sorprendevano sempre e ogni volta di più manifestavano Ja superiorità di lei. Tuttavia non gU dispiaceva di pensare che Ofelia fosse • una creatura latlo di sostanze rare e delicatissime· non gli dispiaceva nemmeno di saper~ quasi nulla di lei, della sua vita passa• te. Era soltanto sicuro che essa gli voleva bene; non osava chiedere altro. Cominciò a guardare attraverso la vetrina e senti una piacevole sensazione ammirandola cosi senza essere visto. Egli sapevo bene quanto vigoroso fosse Ofelia, sotto un'apparenza fragile; anche di questo era orgoglioso. Gli piaceva sopratutto la sua esposta ed armonica disposizione di muscoli e di forme, che rapide afiiora,,ano e scomparivano alta supcrfice della camicetta di seta. A,·e\·a i capelli ·quasi rossi, ma Il ncgnno 01 rcun jRacconto di VITTORIO BONICELLI la sua carnagione era di un bianco freddo e brillante, nella quale si. innestavano contrastando le labbra sott-ili, tinte di viola. I suoi occhi erano di un indefinito colore rossiccio, quasi bruni, e a volte sembravano moW come quelli dei conigli e senza sostonzD; mentre assai più spesso si allont..annvnno minacciosi, induriti e scuri, con una propria dimensione che conferiva loro un particolare tono cli aggressività. Quando l'aveva conosciuta, egli era stato convinto di essere sulla soglia di una gustosa avventura; poi Ofelia si era incaricata di deludere tale impressione. Pareva che essi sfiorassero continuumente l'ardore di un completo ab• bandono, senza raggiungerlo mai. Fina.lmente decise di entrare. Spalancò l'uscio con un fracasso di vetri e rinnovò gioiosamente il suo atto.eco: - Vi occorre qualcosa, padrono? - scoppiò in una risata contento, poi aggiunse, con improvvisa buffa serietà: - Su ppopgo che ._vrete _qualcosa da dirmi ... suppongo. E intanto girava intorno i 1suoi grondi occhi golosi e con stravaganti movimenti della bocca cercava di espl'imere misteriosi sÒttintesi. Ofelia sorrise maliziosamente, tutto• via molto amichevole. - Puoi anche sederti, - disse. Puoi anche rimanere tutta la notte se vuoi ... Il marinaio spalancò la bocca: - Tutta la notte? - domandò sospettoso. - Sicuro, tutta la notte... Povera stella, ti piacerebbe. - Essa eb• be uno scoppio di riso canzonatorio. Poi diventò seria ·e si preparò ad uscire. Il marinaio si sedette, soddisfatto di sè e ~i come si andavano mettendo le cose; conservava tuttavia l'aria di attesa di chi sente gli accordi del• l'orchestra a sipario ancora chiuso. Ofelia, lavorando, non cessava di guardarlo intensamente, con occhi soc• chiusi. Le pareva di non avergli mai voluto cosi bene, nè mai con tale calda inquietudine. Non pensava nemmeno al distacco vicino, ma piuttosto era oppressa da oscuri timori. Aveva paura di se stessa; di quella parte di sè che non conosceva e di cui tuttavia avverti"u la presenza, come un minaccioso ronzio. Essa era una verg:ine: nel corpo, nei sentimenti, in tutto. Un'ardita e ostinata verginità. Ora per la prima vol• ta senti"a dolorosamente che. il suo riparo di fierezza e di orgoglio stava crol lnndo; e intravedeva in sè, come qualcosa d.i fisico a cui ci si può aggrappare, quaJcosa che ci si può salvare, la sua scintillante purezza. · Osservava il marinaio 1 con una curiosità vagamente ironica; ma l'ironia ero più rivolta a se stessa che a iui. Pensava che quello era veramente il «suo caro bestione•; e si stava chiedendo, senza risentimento, per quale capriccio il destino Je avesse riservato un simile uomo. Voramentc uno stupido destino! E pensando crollava la testa perplessa, quasi divertita. Il marinaio aspettava con una frati• ca e ~legra impazienza, ora pedino baldanzoso. Si riprometteva grandi cose. Le disse: - Sai, Ofelia? Mi viene in mente quando ci con0scemmo. Ah I - Pro• ruppe, ridendo selvaggiamente. - Ch"e maledetto imbroglio I - Poi aggiunse, con aria furba: - Invece io so di certe gattine morbide morbido e niente allatto bisbetiche ... Ofelia sordse. Sentiva di desideritrio terribilmente, ed era stupita di questo suo sentimento. Qualcosa doveva essere successo: tino alla sera prima non a,Tebbe mai ammesso nuUn cli simile. Qualcosa di mo]to grave, che la turbava e ~a eccitava ad un tempo. 1Con intensità nuova cominciò ad ossc.rvnre i lineamenti di lui. Le era sempre piaciuto il suo collo, strana~ mente grosso e liscio. Notò con piacere che il suo piccolo naso1 corto ma ben fotto, essendo di colore uniforme risplcndevu sul resto del viso, che era chiazzato di frregolari macchie snnguigne. Le piaceva .quell'assurdo colorito, che le faccvc venire in mente immaginarie distese d'acqua salata. Anzi, si figurò che tutto il suo gigantesco corpo odorasse di sale. Le venne persino il desiderio di vede're come egli avesse la pelle del petto: una lucida curiosità un po' maligna, assolutamente tanciullescn, di bambina che vuole vedere subito iì lato ridico1o delle cose. Quando furono sul punto di uscire non poteva più staccare gli occhi da lui, piena di interrogativi che la tra• mortivano. Come se lo stato di vigile apprensione che durava da anni fosse per maturare, proprio in quel momento. E ancora si cMese se davvero quell'enor• me marinaio rappresentasse il destino; quasi le pareva un travestimento grottesco, crutlele. Lo aveva fatto aspettare molto. Quando fin"'1roente e.bbassarono con uno strappo la saracinesca, nella via era buio. Si era allora nel primo anno di guerra. Esili luci azzurre accendevano nel buio sottili riflessi; la grande strada tuttavia era assorbita ancora dal trafCiC<> crepuscolare. Ofelia si avviò rapida, il ma.rinaio che le pendolava accanto restò sorpreso e dovette mettersi a correre per raggiungerla. Le tene\'0 dietro a !f\tica. La ragazza camminava lesta e leggera, facendo ogni tanto piccoli salti do unn pietra all'altra, con eleganza di piccolo Emima1e noth1rno, distan• ziando la sua massiccia ombra di un metro o due. Quando 8e ne accorgeva gettava brevi risate contente. Più spesso sembrava che ridesse silcnzio~a• mente di sue faccende segrete. U marinaio disse: - Potresti anelare più ndagio? - Cosa c'è? - essa rispose senza voltarsi e senza rallentare. - Dico che potresH andare più adugio, Cristo! - Egli urlò, soffiando. Era come paralizzato da quella onda• tura femminilmente elastica, che gli im• pediva di ragionare e di agire. Gridò ad un tratto: - Attenzione sta per piovere ... poi ripetè più forte: - Piove! Capito? - Capito benissimo. Non sono sor• da ... - Ofelia Settò net buio il suo a- &ciutt.o riso canzonatorio. Ormai era diventata una vera corsa; non era più possibile parlare. Si trovarono ad un tratto in un immenso viale deserto, illuminato pallidamente da un lontano chiarore lunare, che sorgeva tra i tigli, appena soffocato dalla pioggia che si presentiva. Ofelia cominciò a ;>altare su e giù dal marciapiede, sgusciando rapida rapida fra gli alberL Egli ebbe paura di perderla e si mise a. correre goffo e pesante, maledicendo il buio, il cer~ Ft,ndazione Ruffilli - Forlì vello dolio donnQ, i tigli, il mal'ciapiede. finalmente essa si gettò d'improvviso contro un albero e si rivoltò rapido, appoggiandosi ansante al,. tronco,. coa le braccia abbandonate e gli occhi spa• lancati, sgomcntì. Fissa"n senza muoversi, trattenendo il respiro, l'ombra che si a\ 1\'Ìcinava incespicando. Quando fa senti vicina mormorò teneramente: - Che stupido bestione sei, caro.. - crollava appena appena la testa: ora la sua voce era estremamente (emminile; - Che stupido bestione! ... Cominciò a piove.re. Essa rivolse il suo viso verso quello di IW e le gocce dall'orlo del cappellino cominciarono a cadet·o sui suoi lineamenti che parvero aprirsi a un'improvvisa quasi · piangente tenerezza. - Da vvcro te ne vai,.. Cra poco? Egli era imbarazznto; rispose, bai. bettando: - Ebbene, ho paura di si... - Tentava un tin.ùdo scherzo, che finiva per suonare ralso, p~nosameute. - Ma tu non piangerai, vero? non piangerai! ... Essa implorò: Per sempre? - Era completamente chiusa, come se interrogasse solo se stessa. Si capiva che le parole non avevano per lei un significato intc.Higgibile. Neppure lui significava qualcosa, neppure « chi » fosse lui aveva un1 import:anza qualsiasi. Gli prese il capo fra le mani e co- ,minciò a passargli, delicatissima, i polpastrelli dei pollici sulle palpebre. Come se fosse stata cieca. E veramente le pare,,a di non potere vedere nulla, altro che l' immagine di sè ri!Iessa in uno specchio appannato mosso da una mano leggero. E quelJa sua immagine estranea le metteva una pena commossa, un dolente e oscuro amore di sè. Poi piccoli Iiotti di Felicità, brevi e caldi, la sommersero, perchè finalmente senti aprirsi nel suo grembo jl miracolo cosi lungamente atteso. Sapeva di essere sul punto di otrrirsi e tutta intera la sua natura selvaggia improv• visamente si disfaceva in una languida consapevolezza. Alzò la mano a carezzargli i capelli,' tenera; lontanissima e pure miracolosamente pronta al rito misterioso. Il marinaio si ricordò a un tratto di a,,ere poche ore davanti a ,sè. Gli venne il sospetto di avere perso il proprio tempo; anzi, di essere stato giocato come un ragazzo. Gli venne una furiosa bramosia di ricuperare tutto ciò che credeva di aver perduto. Credette per- • sino di sentire l'odore di quelle membra che aveva accanto a sé, un odore un po' aspro, quasi di giovane belva; se lo ascoltò battere sulle vene, come un odore di sangue. La ragazza gli disse, col medesimo tono di mesto nhbandono: - Ritornerai, almeno? Dimmi, ritornerai? ~fa già l'uomo l'aveva presa alle spalle con le sue grosse mani e la stringeva, con un gusto selvaggio di sentire fra le dita la sostanza compatta della carne che trasaliva sotto la ca• micetta. Ofe1ia gridò di paura. Eg1i gonfiò il petto, il collo gli diventò paurosamente grosso; pareva gonfiarsi di succhi possenti. Quando cercò di abbracciarla essa ancora tentò di sfuggirgli, rigirandosi fra le sue braccia e muovendo rapida• mente la testa, come un piccolo animale disperato. Poi egli la senti abbandonarsi a poco a poco, rabbrividendo sempre più piano ... Quando il manna10 la lasciò, Recanto a casa, nel buio, essa rimaso coi piccolo e nobile capo cretto, gli occhi sempre gettati nell'oscurità e le narici dilntate 1 sembrando veramente ora un uccello che presentiscc atterrito l' iaverAo nel freddo ,•ento aut,unnnlc. Vl'l'TOll/0 IJOJ\ICEl,U

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