Pattuglia - anno I - n. 11-12 - set.-ott. 1942

Pare che tanti anni siano trascorsi invano; le esperienze, i movimenti che hanno assorbito t:utta la messa in scena di questa prima metà del secolo XX0 sembrano pigramente morire per una torza ignota, una tremenda potenza malefica. ~--TEATRO __ _ Consi~erazioni sullanostrmaessinscena Intendiamo qui parlare della scenograiia che oggi impera nei nostri teatri. Tutti i periodi storici hanno avuto la loro espressione scenica che è stata anche in intima relazione con il lavoro teatrale al quale serviva. Il teatro futurista, che CO• me opera d'arte lascia alquanto a desiderare, ha avuto bisogno d'una sua scenografia che iJnmergcndo il dramma in un giuoco di luci e di colori, lo rituffasse nella natura intesa come universale. La scenografia futurista è nata per il suo teatro, ma praticamente ha ser_vito piuttosto a mettere in scena in vori •d'altro spirito e d'altre jntenzioni. Ci dice questa corrente, o meglio riaffenna 1 la morte dctinitiva .deJla scenografia come finzione verista del mondo visivo, compromesso statico in stridente contrasto con il dinamismo doll'azione teatrale. Del resto questa rivoluzione l'avevano gill intravveduta c~n l'apparizione del teatro di \Vngncr. Prampolini, l'animatore della scenografia futurista anche attraverso scritti e manifesti vivacissimi, cominciò dapprima con lo « scenosintesi », a nostro avviso ormai superata e che può far fortuna soltanto nel teatro di varietà dove è indispensabile un immediato e facile muta• mento -di scena. rena scenosintesi, come in tutto il teatro di Prampolini, domina il colore. Ci si rilà un poco a Gontcharova e a Lario· now, che inventarono la decoraizonc sccenica servendosi dei risultati pittorici del cubismo, degli esperimenti di Watteau e Bou.cher. L'arte degli orientali ha avuto indubbiamente un grande intlusso in <1ucsto movimento. Piuttosto con la scenoplostica vediamo un deciso contributo del futurismo nH'aJlcstimcnto scenico. L'architettura non è più rappresentata da una finzione pitt.orica, è viva, domina lo spazio, entra come personaggio nelJ·azione. Ci piace ricordare quanto Prampolini ,,eniva pubblicando ne· 1924 sulla rivista da lui diretta NOI, riguardo all'abolizione dell'attore. Ln sostituzione dell'at• tore per mezzo della scenadinamica (intervento del movimento ritmato nelle architetture sceniche) l'hanno dimostrato gli anni, non è acccttobilc. li basare le sue teorie visionarie su.Ile artermazioni di Craig, Appia e dato all'attore, con soluzioni più o meno accettabili, una posi• zione abbastanza definita. « Uumanità grottesca » cli Prampolini sarà ancora padrona delle tavole oltre la ribalta. Tutte le innovazioni hanno una posizione estremista. Co· sì è pe·r A-dolfo Appia, l'uomo che ussieme a Craig ebbe senz'altro la ptù grande influenza nella •messinscena europea contem~ranea. La sua scenogra.ria è decisamente orientata verso Ja tridimensionalità. Tutto la sua attenzione \'erte sulla com• posizione dello spazio attraverso la sapiente disposizione delle tre linee essenziali: l'onZzontnle, la verticale, l'obliqua. Nascono cosi terrazze, scale, piani inclinati. Una semplicità rigo• rosa· domina l'ambiente da lui creato con la più assoluta esclusione del colore; giocano piut• tosto le luci e le ombre. Un tale assolutismo doveva per rorza rima.nere nella aridità della teoria. Altri vennero a stu• diare e ad adattare. Se da noi mancano direttori della messinscena con personalità decisamente spiccata quali, ad esempio, un Max Heinhandt, possiamo riconoscere in A nton Giulio Bragaglia, con la vivacissima attività nel suo Teatro Sperimentale degli Indipendenti, a Roma, e, attraverso i suoi vari scritti e volumi che trattano questo argomento, un uomo che in gran luce ba messo il problema della messinscena. Ri• facendosi un poco a tutte le nuove teorie e improntandole alla sua personalità ci ha dato le soluzioni pratiche più significative. Qualcuno ha voluto vedere nell'attività di Bragaglia una scenografia che sta tra il teatro ed il cinema, basandosi soprattutto sulla sua creazione del « Don Chisciotte » che aveva ventun cambiamenti a vista. rl ra cinema e teatro esistono tali rcliversità che riteniamo pericoloso voler stabilire un parallelo. t;.ssenzialmente visivo, l'uno, l'altro ha come tattore dominante 1a parola, il resto completa l'azione teatrale che diversamente non avrebbe vita. Ci siamo :lermati a considerare queste tendenze, che turono, qui da no11 riteniamo, quelle di maggiore importanza. Ora poniamo un'interrogazione: i nostri scenogra[i di oggi cosa fanno? Almeno quelli verso i quali in maniera più vasta è i:ì· volta l'attenzione del pubblico, Tairotf ci. sembra piuttosto az- cosa offrono ai clientj che at• ·zardato. Tutti e tre, . se hanno tendono nelle comOde poltro• stabilito dellb gerarchie tra i ne? Il teatro lirico fu quello, vari elementi che concorrono il solo possiamo dire, che ha Pt5'h'd'~2'.tb'n~IRtJffi l ro~•f bftti perfezionamenti della scenotecnica quali la cupola, il panorama infinito, e? il palcoscenico mobile, che facilita nella maniera più larga Palle• stiment.o delle scene costruite. Verso quest'ultime è stato però molto restio rivolgendosi piut• tosto ai pittori ~he agli a~c/iiletti. Non sono in questo campo da buttar via le scene eseguite su bozzetti di uomini di una ormai raggiunta posizione eminente at• h-ave.rso il loro lavoro di cavalletto. Ricorderemo l'opera, in quest,o settore della loro atti- ,,ità artistica, cli Felice Casorati, Giuseppe Carena e Giorgio de Chirico. Gli ultimi due ci hanno orterto un'ottima eilizione dell'Orseolo di Ildebrando Pizzetti e dei Puritani di Vincenzo Bellini nei passati « Maggio Musicale » fiorentini. Però non possiamo approvare troppo questo secondo ingresso dei pittori in teatro. Di preferenza agli architetti volgeremmo la nostra attenzione. Dobbiamo dimenticare che il pittore segue un bozzetto spes• se volte più piacevole della messinscena definitiva; cionono• stante· un De Pisis od un Sironi possono darci anche in materia d.i teatro, pezzi unici e pregevolissimi. Di questo .citorno alla scena dipinta, intesa anche A parer nostro, la sc;na costruita non deve esistere solo sullo schermo, ma con maggiore interpretazione, nei palcoscenici •dei nostri teatri. Se, come ha afCermato Virgilio Marchi, passato, dopo lunghe esperienze teatrali, al cinemntogra.to, il nomadismo delle compagnie di prosa complica i problemi 'della messainscena, non dobbiamo perciò adagiarci in un'inerte passività. Il rinnovamento della scena francese del dopoguerra ha avuto come pioniere Jacqes Co• peau che creò a Parigi nel millenov~entotredici il suo teatro Vieux-Colombier. L'angustia della sala e, in modo particolare, del palcoscenico lo diressero verso solu• zioni ambientali di sintesi, di masse e di volumi. Non a torto ~i è sottolineata in Copeau l'influenza di Appia; ciò sta a significare che la sua messinscena non è nata (come con altri intendimenti, per Wilder) dalle imposizioni dell'ambiente, ma piuttosto da una necessità imprescindibile: tre le dimensioni del personaggio, tre devono es• sere quelle in cui questi si muoNe e vive. « L'insuificienza di una certa qÙal teoria di essere applicata al melodramma » ci sembra solo un'affermazione del tutto gracome scenosintesi, un poco alla tt4ita di Nicola Denois. Braque, con elementi persona- Non è assolutamente vero che · li:Ssimi, hanno approfittato i di~ . si possono rappresentare in una rettori dell'allestimento scenico dei nostri teatri lirici senz'alt-ro inidonei al loro compito. Guardate ad esempio le scene che ançhe quest'anno ci sono state presentate al teatro della Scala di Milano. Roberto Papini, nel suo com• mento su Emporium alla Sesta Triennale idi Milano del 1936, scriveva: «Esiste oggi una schie• rn eccellente di scenografi italiani capaci di rinnovare questa nostra trndizione che s'era addormentata nelle romanticherie cornice scenica a noi più vicina opere che hanno avuto la loro fortuna nelle epoche passate. L'opera teatral_e, come lavoro di letteratura o di musica, sorpassa i oonfini rclel tempo, ma come forma di spettacolo deve venir adattata,· nella scenografia e nei costumi (come nella recitazione), seoondo lo spirito di chi guarda. Questa è la diiterenza tra libro o spartito e •rappresentazione. Il teatro è realmente orte in quanto trasforma, mediante l'opera intelligent.e del registae nel verismo volgare dell'ot• scenografo, la materia di per tocento ». Accennava quasi ad sè vivo, ma inerte, dell'opera un ritorno alla gloria d'uno Sca.- dell'autore e la porta alla rimozzi o d'un Oibbiena. Questi balta. Un «Amleto» è sempre uomini d'indubbio valore sono grande oome lavoro di letterastati messi ingiustamente da tura, come spettacolo può tocparte. Guardando le scenogra- · care altezze diverse. fie di un Nicola Benois assi- Anche in sede del tutto teostiamo a quel tanto combattuto rica quale quella dei Littoriali « verismo volgare ». della scenografia i giovani' hanNelle note di Anton Giulio no detto e ripetuto la loro paDragaglia, che illustrano su Co- rolo. Essa non è fatta di com• moeclia la Mostra del Concor- promessi. Si vuole la luce, il so idi scenografia Cinematogra- colore, la sintesi, l'inMrpretafica indetto <iualche quinquennio zione, mn soprattutto la tri·di- !a dalla Casa lesa, sono state mensionalità nella messinscena. messe in rilievo le qualità di Nel recente convegno universcenogra(i come Vinicio Pnladi- sitario di critica teatrale ben ni. Soprattutto erano presenti poco si è trattato il problema, le influenze del Costruttivismo. senz'altro di primo piano, del• l'allestimento scenico. D'altro ieanto i vari tealri sperimentali dei Guf danno vita ad una scenografia che ben a ragione • può definirsi scenoplastica. Sa• rebbe bene dar retta reahnente ai giovani, incitarli a produrre, valorizzare chi merita e forse non anivercmmo a quelle ibride volgari messin~ scene che ci è 'accaduto di vedere in questi ultimi mesi. Valga l'esempio delle scene alla Benois di •Gianni Vagnetti per la Cenerentola di Bontempelli, quelle di Calvo per i Masnadieri e, anCQt:a non lasceremo di ad• ditare, dcll'ineffobile Aldo Calvo, la soluzione antiavanguard.ista e plebea per L'Orestiade nelle regia di Ventu.rini. I giovani sono persone di p~n esperienza che vogliono strafare, abbiamo udito dire; ma a noi devono servire più delle ruggini barbe. EGIDIO BQNFANTE Povera gente Non vorremmo che anclw, questa proposta seguisse la aorte di tante altre e finisse fra le cose inutili e dimenticate: non vorremmo cioè che la proposta circa l'immissione in alcuna delle . migliori compagnie minime • dei giovani registi, fatta da noi sui « Popolo di Romagna » del 4 luglio, da Collari su « Film » della stessa data, da Camporesi su « Pattuglia » di luglioagosto, seguisse la sorte di tante altre proposte più o meno intelligenti ed opportune. Abbiamo avuto occasione di assistere durante il mese d'agosto in una cittadina balneare a diverse rappresentazioni di una di queste compagnie minime, di questi guitti da Capitan Fracassa: un · repertorio enorme, da Shakespeare a Zambaldi, da lbsen a Benelli, alla « Portatrice dì pane», a N iccodemi, a Possenti. Di fronte ali' amore istintivo, alla passione primordiale, abbiamo dimenticato l'assoluta ignoranza delle più elementari regole ed esigen~e della recitazione, e ci siamo commossi da tanta incondizionata dedizione. Un amore ed una passione vergini, incontaminati che potrebbero essere sfruttati dai gio• vani registi, ·ammesso che ne esistano di veramente validi. Metter in scena adeguati lavori con queste compagnie di povera gente - però degna di tutto il nostro rispetto ed anche della nostra ammirazione - potrebbe essere un banco di prova definitivo per i molti che pretendono la cattedra del teatro italiano. Banco di prova che eliminerebbe ogni annosa discussione, qualsia- · si· smodata dialettica, che ci in· dicherebbe con precisione chi vale e chi no. Per questo consigliamo - molto sommessamente - ai giovani registi di appoggiare con coraggio questa proposta, invece di scrivere lettere al nuovo spi~ ritello det teatro italfrmo Gio• vcmni Mosca, per dace cosi esatto conto delle proprie qualità. Chiediamo insomma una decisiva prova di coraggio a quello che è, se non altro, il più appariscente giovane teatro italiano. WAfl 17

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==