Pattuglia - anno I - n. 11-12 - set.-ott. 1942

· 't ·ro;s·cancli·e il · rhno~sm~i~ di cacciatore, già uccisore del Martin pescatore. Ecco intanto, pcrchè il Martino esprime una ambigua immagine: che è quella di morte più quella di rimorso. Lcggiero rimorso, e quasi berta dell'uomo robusto, del cacciatore sagace. Ma vedi, dunque, <1uant'ò vero, caro T ... , che non altri, se non il suo autore, deve parlare dell'opero d'arte? L'autoana1isi è tutto. t la sola verità dell'arte. L'autoanalisi è l'unica che dà la misura del se un'opera sia riuscita bene o no. Ed io, pralicamf!nte, faccio cosi: lavoro sempre. Getto sempre via. Poi vado a ricercare, ripescare, riprendere quel che foci e che avevo dimenticato in tutto nonchè nella memoria. Hipescata, ripresa, è allora che l'opera viene da me giud.icah. Spesso con esito a me sfavorevole. E dunque non è vero che io sia un orgoglioso, uno che non vede se non per sè etc. etc. Tali accuse sono errate. Dovute ai miei nemici. Essi si che con In loro falsa modestia di termini, sono runbizfosi e etimano sè per lo meno quanto valftono, ma Corse anche di più. Io, invece, ho sempre mucchi di lastre sprecate. Ruttate via. Incise male. O che non mi piacciono. Ed a questo propoflito si consideri una cosa: vendo a più buon mercato io che non gli acquaforlai (famigerato è lo X ... ) mo quello li è uno che nutocompera. Fa comprare da altri. t un professore; dà lezioni private. Dice, agli scolari: Invece di pagarmi a denaro ondate e pagatemi in quel modo. Cosi dicendo accenna, ngli allie,•i, o ai genitori degli allievi, che vadano ( all'espos.) ed acquistino le sue Acqueforti (acquedcboli, pisciate di mulo). Io, invece, se vendo e guadagno qualche cosa con una lastra come quella delle « Tre Trote», poi rimetto (e quanti denari, quante spese!) in tutte le acqueforti che mi vengono male. Già, perchè non sarebbe errore peggiore di quello che credere eilla mia abbondanza di produzione. Invece di abbondanza, si parli di modi. E si dica che, io, saltando sempre più dHUcilc, rovinando dieci e venti lastre, arrivo (se arrivo) alJa ventunesima, in uno stato d.i medianicità che a mc stesso è ben diHicile esprimere con altra parola: giacchè aU,ora vedendo tutto chiaro non posso fare o meno di non ritentare. Ma intanto sto avvilito afflitto, con mille angeli i~torno che mi dicono: faif Con mjjle demoni, intorno, che mi dico• no: ammazzati! Se non sei buono a niente, ammazzati. Per fortuna io 6ce1go b-a i due oosi, non quello deU' ammazzarmi cruento, ma l'altro di ammazza.noi adagio adagio nel voler ritentare Ja ventunesima sortita nel campo di combattimento dell'arte. E figurati che umore cattivo quando, alla ventunesima, batto ancora una volta il sedere a terra. Sono i momenti, i giorni, i tempi di quando gli liltri, i cattivi, i plebeschi uomini, approfittano per nuocermi. l'vli offendono in tali momentL Ed in tali è che mi rovino do. me. Senza commettere alb-e colpo luorchè quella di sortire fuori di me stesso per amore della santa, della sacra, della inarrivabile, della divjna arte, e di essere crudele ver• so gli altri come Jo sono, intanto verso di me. Gli altri, invece, credono che io sia cattivo di natura. Men~ tre invece, io, o. sangue lreddo, spiego tutto, accetto tutto, e capisco le ragioni altrui. Ed anche le condivido. A proposito non parlarmi di quel tale Iamoso pietista. Per• fino Tolstoi, mentre parlava cosi SOSPESO A UN FILO XXIII Biennale • Patia in solitudint (olio di Luigi Bartolini) bene in pubblico, nelle pagine, per esempio, di « Piaceri crudeli », invece, nella realtà, era un altro. Egli non era come me, che vivo quello che scrivo. Tn• le che le mie acqueforti e miei scritti non sono se non la eco della mia anima. Egli predicava troppo santamente. Tanto rigi- .do, a parole, da non ammettere l'adulterio, mentre io ti con(ess6 che almeno dieci volte avrò messo Je corna ni mariti. Ed avendole messe è inutile che io stia a dire che l'adulterio è un peccato. Sarà, ma è cosl. Ossia Ò una cosa che capita e quando copita nessuno si tira indietro;, a meno che motivi dj forza mag• giore, o meglio dicasi di debo-. lezzo. fisico, o che, non lo facciano tirare indietro. E, certo, l'adulterio è una brutta cosa, ma eppure esiste dal tem- - po che mondo è mondo e sero· pre esisterà. Prima il sole diventerà pallida luna e cornuta, che non il marito sia sicuro della fedeltà di sua moglie e viceversa. Vero è anche che non sta bene mettere le corna e che qualche vplta l'adulterio nssume formo odiosa 1 repugnante, come quando si cornifica un uomo di onore e di sacrificio. Allora 1 l'adulterio non va. Ma vi sono altri generi di persone che mi sono tanto odio• se che quando posso arrivare alle loro mogli ne godo. Io detesto, dunque, l'adulterio, sruggo dallo stesso pro• varmici; Jo deploro sinceramentt in nome della poesia. Ma tu cosa ne dici? Se si trattasse di mettere la corna ad un tizio che ha scritto o ogito contro di me o .cho è un !impotente e che ha una moglie bella, intelligentei o quel che importa di modi do ci, soffici modi, modi-cuscino, cosa ne dici? Io mi stringo nelle spalle. E salto il fosso ad occhi chiusi. E, però, dopo, se io fossi un ipocrita come lo fu Tolstoi, direi: « Evviva la morale». « Abbasso l'adulterio» con• finandolo, in prosa cristiana, fra i più gravi peccati. Quello stesso Tolstoi che predicava di non mangtare la carne e che ci ha lasciato pagine così artistica-- mente ben scritte ci.rea lo spettacolo triste (da lui stesso an• dato a cercare per descriverlo) della scannatura degli agnelli o dello ammazzare·, in macello, i 6uoi, faceva il vegetariano sopra la carta, mentre è vero chv una sera, a tarda ora, la sua istitutrice lo sorprese in dispensa mentre, di nascosto di tutti, e come un ladruncolo, entrato di soppiatto, stava mangiando una solenne bistecca. Certamente. l: cosi. Uomini cb predicano troppo bene sono in .. sinceri. A me non piacciono. Mi sta bene che essi esprimono desideri di angelicità. Ma più mi starebbe bene se essi coniessassero di non essere an• geli. Ed allora sorge spontanea, a proposito della angelicità, una domanda; dove, ma dove mai, stanno nascosti gli angeli? Do• ve li ha ficcati lddio? stanno nascosti forse ncJla dispensa tolstoiana? O non è più onesto, migliore, dire che angeli sono t50ltanto i bambini e non tutti, i vecchi, e non tutti: i malo.ti, e non tutti? Pagherei metà delIn esistenza che mi è rimasta per sapere dove stanno g1i angeli. lo, per mc, non li ho mai trovati. · Ho trovato che tutte le persone da me avvicinate e da me potute, àlmeno in parte, conoscere e scoltrinare, erano co.tti.,,e di fondo. La loro bontà lt-0ndazione Ruffilli - Forlì era apparente. Superliciole. Bastava grattare un po' per scopd.re che sotto il loro sepolcro imbiancato stavo. Ja solita polvere: che si fa carne e che polvere ritorna. Dunque è inutile cicisbcare tmcora, il pietismo; è una pia illusione: nella migliore delle ipotesi. mentre in realtà ser• vl a molti a\'vocati per aver clienti. Un vero pietista fradicio era Tolstoi. Egli mi interessa ancora. Ma come un finto angelo; o un angelo, che, beato lui, credeva nella propria angelicità, senza accorgersi dei propri non sensi, e delle sue contraddizioni infinite. Si, contraddizioni: pcrchè ae lddio ci ha creati cosi, noi dobbiamo (è giocoforza) rispettare la sua ignota volontà, il suo di• segno indecifrabile. E quale Jogica c'~, quale poetica logica c'è nel passare dalla giovinezza alJn vecchiaia? Logico sarebbe il contrario. lncominciare1 vivendo, a penare, e terminare in gloria in i,~!en• dore di gioventù: crepando in un'aureola a sec.co1 in una para-- lisi apoplettica, apostolica apologeticn risplendente ed iridiscente. Più logico oncora sarebbe stato non inventare la Morte. E, di certo, quel giorno che il Signore lo. inventò, non stava di buon umore. Corresse se stesso. Tentò cancellare il già di lui fatto. Altrimenti non l'avrebbe inventata. Soggette a vertigini,. dimenticò in quel veramente fa• tale a milioni e milioni di uo• mini momento, d'essere egli medesimo, distruttore, l'edificatore del mondo. O non avrebbe potuto inventare uomini di pietra? Invulnerabili alle palle da fuoco. ai coJpi di fortuna? Uomini che non avessero avuto necessità di proccurarsi uno stipendio? Oppure necessità di mangiare, e di conseguenza nessun altro abbietta necessità e tan• to meno quella di servire? Non potevo creare alberi che parto• rissero ogni giorno, anzichè comuni e I-rogili foglie, più larghe foglie, foglie di maiolica, piatti addirittura, e contenenti, ciascuno, un monticolo di maccheroni alle vongole o maccheroni alla matriciana, o maccheroni al sugo di pomodoro fresco o tim- \bollo di maccheroni. Basterebbe, a risolvere il modo umnno univçrsale che semplicemente ogni pianta partoris• se, ogni giorno, dnque, sei, otto piatti di lesso con contorno. Il pane? non ! potrebbe recarcelo ancora una volta la merla di San Benedetto? Un merlo per ogni cri• stfono mangiante e bevente. Allora non ci -sarebbe più tanto bi1sogno di scannare agnelli, o ,di scannare a]tri animali. In un fenomeno passeggero, breve, quale è queJlo della esistcnzn umana, non c'è tempo, non c'è forze, non c'è possibilità cli concludere, come Tolstoi, cho « l'uomo secondo ragione dovrebbe uccidersi, cioè rinunciare a quello che già sembra prima di incominciare, detestabile, contuso, contradditorio, cattivo e senza fondo. • ** Scnoncbè al pessimismo tol• stoiano c'ò ancora una reazione da tentare, una reazione serena e poetica. Una reazione a cui Tolstoi, artista, non si sa perchè, intese rinunciare: l'Ar· te. E ru cosl che egli scrisse, contro l'Arte il suo libro, polemico famoso; mentre io, inve• ce, per amore dell'arte incido le mie acqueforti, pur sapendo che il mondo è pessimo, perfido, peggiore a confronto d'ogni supposizione malvagia; inqualificabile e vuoto. Pur sapendo che tutto il mondo vale nulla e che le mie acqueforti valgono meno che mai e non servono che a quattro persone e che meglio sarebbe camminare silenziosi o riposarsi, in ozio in disparte, lunFf() la riva del fiume. LUIGI BARTOLINI

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