Ritorno di solitudine !TRE ATTI DI BENIAMINO PERSONE MARTA El'-.'IUCO fratello d; .I/arto RE 'ATA ANNA fidanzala di Enrico LA MAOHE di Mario e ,li Enrico OLGA IL DIRETTORE d'fr1d11slria LA SORELLA Coppie immobili - Suonatori immobili 1-'lllMO AT'f'O SCENA Una grande camera con finestre che dannu su ~:ar<lini. 1n fondo, ,, destra, da una grande finestra mollo larga, si vedono due telefoni. Un terzo telefono è uella camera. Enrico è appoggiato a une, delle finestre. Exmco - finalmente è arrivata la sen_ Come riempiono di sgomento questi lunghi pomeriggi esth•i ! Io non saprei sopravviverci se non stessi tutto il giorno aspettando la , sera. Queste case e c1uestc piante scavate dal• l'afa... (squilla il telefono. Ad uno dei due telefoni esterni appare la figura nera del clirPllore d'industria, che parla. Enrico va al telefono interno e dà le spalle a 'quello es-terno) ·IL DIRETTORE - Siete \'Oi ingegnere? ENnrco - Sì. Sono io. Desiderate? It. DIRETTORE- Ingegnere, sono il di• rettore d'una industria elettrica; mi rivolgo a voi per pregarvi di volere accettare l'incarico di ingegnere capo per lo sfruttamento d'una grande ca• senta e per l'impianto cli otfiC'ine per varie indust-rlC. Ci rivolgiamo a voi perchè siete notoriamente esperto teorico in questo ramo. Se volete conce.derrn.i un colloquio potremo metterci d'accordo. ENmco - Grazie. Possiamo incontrarci quando volete. 11. D11tETTORE- Posso venfre tra poco eia voi. ENR1co - Vi attendo (pausa). ENmco - Queste case e queste piante scavate dall'afa ... (squilla il telefono. All'altro telefono esterno appare la ficlan:ata, Anna, tutta bianca. Enrico fermo al telefono interno) ANr,.\\ - Sci tu, Enrico? ENnrco - Sei tu, Anna, addio, come stai? AN~ - Bene, Enrico, grazie, ma tu come Stai? ENn1co - Sto bene ora, Anna, scusami se ieri non sono stnto felice con te .... ANNA - No, no, Enrico, io so già che tu ti lasci vincere da queste lontananze improvvise che ti staccano da tutto e da tutti, allora ti guardo negli occhi cd ho paura, 'J)Crchè nel 1 loro bianco c'è un vuoto lucido che ossesiona le pupille, mi viene il teril'orc, \•orrci richiamarti a me e alle oose, vorrei loi·ccrmi Je dito, dentro me Je torco, e sempre ho uno grande pietà verso di to, ti amo, anche tu devi comprendermi, Enrico. ENntco - Anna, 'iq ti compl'endo e ti amo. ANNA - lo tj perdonerò sempre queste paurose assenze quando mi sei vicino. Oru sento che sci -felice. ENRICO - Si. Si. Senti, Anna, mi han• no orrcrln In direzione di un lavoro. Voglio· vederti, Anna, vieni, vieni n tTovnnni, puoi venire? ANNA - Certamente, posso venire. E:r-mco - Adelio. (riJo,-na alla finesfr<i) ANNA - Addio. (scompare) ENnico - Anna, l'amore, la casa, i bambini, H lavoro, la gioia, la vita costruita, la sistemazione umana, come Ja chiama mia maclre, è vero, è vero, ha 1·agione. (enlra la madre) MAonc - Ho sentito, Enrico. Je due telefonate che hai ricevuto, sono fe1 ice, cosi, finalmente. EN1uco - (assente e duro) Spiavi dunvi dunque, ccl hai sentito. E sci contenta pcrchè ti sembra vicina la mia sistemazione umana, In donno, l'omore, In cnsa 1 i figli, il lavoro, il danaro. e non ii interessa se io qui, dentro, non so, non so, b_asta, non so, non voglio sapere. (ride con dolce::a) Perdonanu 1 ti giul'O che \'ernmcnle non so cosa mi sta succedendo dentro. È inutile parlarne. 'MAonE - Non credevo di farti del male a mostrarmi felice perchè a\'è• ,·o vislo e sentito felice te parlare con Anna e parlm·c del tuo la\'Ol'O. Del resto, perdonami. ENn1C-O - (bacio la mad,~e cl,e esce) No, 1101 non è c1ucsto. (brevissima pausa. Poi entra il direttore d'industria) lL DrnETTOHE - i\lolto lieto di conoscervi. Vi ho telefonato poco fa. ENn1co • Accomodatevi. (i due si stringono la mano e poi seggono l'uno di fronte all'allro. Si guardano un attimo, Enrico impacciato, il direttore ridente) 1L D1RETTORE- Dunque, io son venuto, Ingegnere ... (da ora in poi si vedrd ;1 volto di Marta spiare immobile dietro la /i• nestra a cui Enrico era appoggiato) LN111co (si stende lungo sulla poltrona e succhiude gli occhi, parla sorridendo) - Siete venuto per pro?ormi la realizzazione pratica di un sogno che in me da tanti anni si agita preciso. Ecco. Una qualunque corona di grandi montagne le cui cime verdi si cristallizzano nell'uria in primavera, in estate, in a_utunno giocano con le nebbie, corrono in mezzo alla nebbia come un'immcnso vascello, in inverno aspetta.no che mani umane facciano vibrare i loro ghiacci trasformandoli in cascate di suoni. Confluisc~mo molte ncque di molte vallate nella conca della montagna. lo sono anche Fidanznto 1 supetc, con una ragazza che, credo, sia bionda e nit.a, i.dico credo, perchè non l'hai mni guardata Qcne negli occhi, che devono essere azzurri, lo porterei con mc, la sposerei, porterei quel fiore di carne tra quelle vibrazioni cli luce (ride) vi suonerei sopra, sopra, soi_?ra, dentro. IL DrnETTOR& - Siete anche un poeta, benissimo. ENR1co - Mi paghereste molto bene, c1"cdo. JL Ourn_TTOR&• Certo. ENRICO - Ma questo è nulla. JI granl dc è che tutta c1ucstu massa di luce io la trasformerei in acciaio, nuche bionde o brune occhi dorsi braccia muscoli olivastri o tesi di crcatu~ re umane che lavorano, e poi riverserei in oUicine c1ucsto luce divenuta fluido-elettricità e la trasformerei in moto, in velocità, in illuminazioni improvvise. IL Oinl!HORI': - Imprevedibile. Io andavo eia un teorico e vi trovo un 1>0eln. Ci metteremo d'accordo scmz1altro. Con un uomo come voi ... Erm,c::o (si alza, fissa nervoso il direttore e gli parla corr una violenza dotce) - Scusate, scusate, vi sarei molto grato se non precipitassimo questa nostra intesa. Vedete, non so, mi sembra di non potere, così, subito, _all'improvviso, accettare. Sono forse un po' stanco ver ora, ci _pcn• serò, ne riparleremo, vi tcleroncrò. (gli siringe ia mano) k D1nETTOnt-: - Non so, mi sembra slrnno .... EN1Hco - Vi dico subito però che è molto difficile che possa accettare. AJ·ri,·cderci. (il direttore esce. Enrico rilorna "Ila fiuest.ro a cui era prima appoggiato. Maria si scosta per 11011 farsi vedere) EN"ntco - No. No. Non è -possibile. Quegli occhi. quegli occhi del direttol'e, Dio mio, Dio mio! (ride) (eulra Anna) ANNA - Duonascrn, Enrico. EN"n1co- Oh! Anna, sci tu. (si bacia110) E:-auco - Siedi, Anna. fon dazione Ruffilli - Forlì JOPPOLOI (siedono l'uno di fronte all'altra. Da ora ricompore il ,,0/10 di .llarta che spia come primt,) AN~A - Oggi mi sembra una giornata di felicità per noi. E:,.n1co (si sle11de sulla pollrona e socchiud<· gli occhi. Stringe con le sue u,rn numo di An11a) - ,Anna, vorrei che fosse cosi, certamente è cosi, mia cara Anna. ANi'IA (smarrila) - Non so. Perché non mi guardi? Perchè socchiudi gli oc• chi? Cosa ti succede. Enrico, cosa ti succede? E:,.n1co - Xon so. Sono molto stanco, Anna, comprendi.mi. Se socchiudo gli occhi. tu mi sei dentro stesa con con una dolcezza che mi fa sentire la tua mano, c1ui, tra le mie, ma non voglio guardarti negli occhi, comprendimi, non posso guardarti negli occhi, perdonami, se ti· guardo negli occhi tu bruci me cd io brucio le in un incendio dì luci che ci stac• cano, ci rendono lontani, estranei, odiosi, no1 no, odiosi no, no, non è vero, io ti amerò sempre, credi.mi. (si al:a e la fissa negli occhi inquieto) Anna, Anna (le siringe forte la mano e lo spinge verso l'uscita) ti amerò sempre, ma ora sono mollo stanco, molto stanco, perdonami, Insciami solo, voglio rimanere solo, ho bisogno di essere solo, solo. (Anna scompare piangendo) E~1uco • Non posso, non ·posso, quegli occhi, quegli occhi di Anna! Per• chè vnt."'illano tra i mobili e sugli specchi? (~ già sern alta e tulio scintilla in un'aria incerta. Entra Mar'ta seguila dalln suora e si ferma in me::o al/a slan:a) LA SuonA - Da quanti unni io permetto che 1a signorina Martn \·cnga ogni sera a trovare il fratello? Pure io' non dovrei, perchè è malata di animo e di mente e queste emozioni le fanno ogni sera molto male. Questo dicono lutti i medici. O Sjgnore, o Madonna, perdom,temi se taccio del 1nale, ma io non so opponni alla volontà della signorina e ciel fratello. Er,;n,co - Da quindici anni, sorella, voi permettete questo, e Dio ve ne render..\ merito. M1AnTA- E a m,;, non fa nessun male sorella, poiche io sono stata, sono e sarò sempre quella che voglio essere. LA SuORA - Sia fatta la volontù di Dio (esce) I\1.AnTA • Sediamo, Enrico. ENRICO - Si. (siedono cli faccia, Maria sulla poltrona su cui sono stati prima setluli il direl/.ore ed Anna, Enrico sull'altra) MART,\ - Strano. Ora ci sono seduta • io, e noi due parleremo con estrema tranqufllit.à. Poco (a ci sono stati seduti il direttore ed Anna, e tu non hai saputo essere tl'anquillo. E.;,.n1co - llni sentito dunque? MARTA - Si. Pcrchè non hai detto~ «spialo» con la stessa irritazione con cm lo hai detto alla mamm:i? E:-,;mco - No. f: diverso. Tu sei malata. E poi... Questa sera mi sembri molto tranquilla e ragionc\'ole. Mnrt-n. MARTA - S1, è vero. (pausa) ENmco - Dunque, I\larta? .M.ART,\- Vedi come delirano gli specchi nell'ombra? Sono le nostre ani.mc che \'Ì battono sopra le ali. Durante il giorno la nostra ti-istczza si è attorcigliata col sole attorno ni mo• bi.li, poi si è messa a scivolare appiattita sulle parcti 1 irn i dJ'3'?Pi, sul pavimento e sul soffitto, ora, Enrico, è li, sugli specchi, che deliro. EN111co • i\larta, mi sembra che tu incominci a perdere la çalma. E ciò non mi fo piacere, poichè io avrei bisogno ora cli molta tranquillittì. i\iL\RTA- Sono molto ti--anquilla. invece, Enrico, c mi sembra strano che tu non te ne accorga, che tu, vedi, non debba arrivare a pcrccpi1·c sotto le dita la superiore qualitù di questa mio calma. E~n,co - 1:: \·ero, scusami, q1a occorre abituursi u poco a poco a sostenere, ).Olla per volta, questi coll0<"1ui con te. Quindici anni! E ogni sera la stessa sorpresa. MAnT,\ - Sotto le <lit.a, cosi. Senti? Si arri\'ano a percepire anche le ombre, con veli che.• nessuno ha nnco1·u saputo tessere ~osi sot1,ili. '"' E:-in1co - f. vero. (pausa) EN1t1c::o- Parla, Marta. MART,\ - No, Enrico, tu elevi parlare. Non parli.? Ti aiuto io allora. Rispondi. Cosa sentivi poco fa davanti al clit·ct.torc e ad Anna? Pure il direttore era 4nu piacevole versona, son·idcntc, cortese, e Anna t) una mugnirica creatura. Pcrchè duo• que non potC\'Ì sop;,ortarc la foro presenza? E~n,co • Gli occhi, Mat·ta, gli occhi, 1 volti, le mani, i corpi, ca-pisci 1 Marta? Era tutto ciò che io non potevo sop,_?ortarc, la loro prcsen· zn fisica, le loro voci. Finchè li penso posso parlare, sorridere a loro, posso anche baciare c... scusami... possede1·c, si, possedere Anna, e averci assieme dei bambini, e correre su di un immenso prato, quante volte la sua taccia e i suoi occhi mi sono venuti incontro tra le case, per le strade, agli angoli, sono sorti da una foglia d'aria alta nell'aria e bassa sulla terra, e poi quando mi è vicina non posso, non posso, basta, mi cammina sempre alJato se mi è lontana, ma se mi è \·icina no no. Pensai i muscoli olivastri, le cime, le acque, raccinio, ma quando ebbi dinnanzi il direttore. cosi, vivo, no, no, quegJi occhi 1 quelle mani, hoi capito, Marta? M.ART,, - Si, ho capito. E 1pcrchè dinnanzi a mc tutto questo non Jo provi? E:-.n,co - Non so. Cioè, lo so, aspetta, ecco, ecco, davanti n te non ho alcun disagio, nessuna rcpugnnnza, si, repugnanza 1 poichC si tratta infine di una ,•era e propria repugnanzn fisica <leWanima, pcrchè .tu, Marta, per me, per me tu non sci una crea• tura umana qualunque, ma sei .. MAnTA • Pcrchè ti fermi? Parla. EN1uco • Sei c1urilcosa che mi è cn• lratn <lentro, dopo quindici anni, ogni sera una goccia che mi. batteva nell'anima che ne è rimasta scavata, e ora sei come mc stesso, non esisti fuori dì mc. MAnTA S.ono la pazzia che sah·a. ENRICO - Si. Si. MARTA - Finalmente ho vinto. finalmente sci arrivalo alla mia conclu• sione. ( Enrico e Maria si al:ano e ridond ebbri. Da ora in poi parleranno gi· ,-a11do per la camera in precla a un'esalta=ione gioiosa) f\1,\RTA • t da qu-indicì anni che io fingo cli essere pazza per sottrarmi allo presenza fisica di ogni crcahll'a umana. lo non posso soi:~ortarne nes• suna, non è nè amore nè odio, è un fastidio che dalle viscere mi sa.le alla gola e mi strozza. Voglio quelle dalic azzurt·e che si arrampicavano a musse nella luce a ciuUi 'attorno alla casa. sulla rupe, e i cipressi che correvano come torpi turchini sottili inguainati d'aria attorno al gioco delle colline per nascondersi e non forsi più segllire e vedere. Jncominciai In sua finzione con la commedia della stanchezza, ma io ero \·eramcntc stanca. Mi buttai sulla tcn-a e non \"Olli più saperne di vivere., di guardare, di sentire, presi con le mani me stessa resa mazzo di nervi simile a un mazzo di ,-ipere. e mi sbattei azzurra a filamenti sottili sulle pareti, sulle strade, tra le viante, cli notte, di giorno, tra c1uclle rocce bitmCHSll'e e quel biancnstTo torrente che correvano a circoli senza nesso incontro alte montagne e at mare per c.iist.ruggcrsi e dispcr· dersi in esso. Avrei r>otut.o resistere. riprendermi. ma ,•olli scat:lj)arc in un pianto che mi rese involucro di pallore. Enrico, finalmente sci giunto a mc. E.:-i1uco - Ricordi <1uando io ti dicevo che tutte le creature si possono ridurre a numero e a forma? Pcn·
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