Orbene non si vuole intendere questo, che letterariamente ò elementare, e si continua a direi di teatralità d'lm'opcra, quasi tosse una caratteristica di «categoria» e non in\'eCe il più delle \'Olte una accidentalitn esteriore. Il fatto è ohe da anni 1 e vogliamo dire da Pirandello in poi, si assiste a un lento e sotterraneo lavoro di ricerche schiettamente espressi\·e, i cui risultati' per essere generalmente mal conosciuti rendono incerta la· valutazione dell'intero processo. più appariscenti effetti di tale esperienza, però, a rigore cll esame (Betti, Landi, Lodovici) sono quelli che► nei nostro caso, intercssnno con qualche cautela e, comunque, non cntrnno nel vi.va di un clrammn stilistico, quale in questi ultimi tempi si è delineato. Giova fissare con Ja dovuta attenzione i termini di una cosi cosciente problematicità, oltre ogni recriminazione polemica. che già ci ha stancato. Il .lavoro di anni che, ud esempio, ha condotto la prosa italiana al punto estremamente sensibile da un lato di un elabot·ato classicismo e dnlJ'altro di una liberazione lirica della parola, sembra esulare dalle risultanze di una «prosa drammatica», di cui solo da poco ci rendiamo consapevoli e verso cui però ci si indirizza ormai decisamente. Alla stessa stregua da Campana a Ungaretti, a Montale, n Gatto, a Penna la poesia ha arricchito di soluzioni le più sottili domande; e dobbiamo riconoscere inutilmente per In letteratura drammatico? Non si tratta, è naturale, di un pedagogismo di motivi, ma di una vicinanza cli questioni, di una comunione «morale», di una reale e completa immagine ciel nostro tempo. Per lale fatto, maggior senso di sicurezza e di fiducia ci sembrano consentire quegli scrittori che hanno dietro a sè un periodo di ricerche formali, adeguate al clima e vive di un;:, sincera partecipazione, i giovani, vogliamo dire in ispecie, nati dalle riviste di letteratura e dai fogli più avanzati. Per essi il fenomeno teatro non si presenta scisso dai rapporti stilisticij è un modo di esp1·essionc e non già una categoria. Significativo. in qucstn direzione, pur con ine\·itabili (o evitabili) errori 1 l'apporto di un esperimento milanese. di « Palcoscenico», soprattutto per le opc1·e di Trcccani, Joppolo, Rebora 1 che dùnno un senso e una riprova conc1·eta a <1ucsto discorso che minacciava di esaurirsi nel generico. Di altra intenzione appaiono invece le pro\"C del Teatro dcli' UriivcrsiH1 di Roma, se noi consideriamo in particolare gli atti unici di Brancnti e Longanesi. Qui i nomi stessi ci por- _ Dialogdoiunospazzineolaluna PALCOSCENICO - MILANO DUILIO MOROSINI - Bozzetto della scena per il «Dialogo di uno spazzino t la luna> di Ernesto Treccani. SPAZZINO - Buona sera, Luna. LUNA - Chi parla? (Ira sè) Uno Spazzino. Mi conosci dunque ? Quanta dimestichezza con le cose del cielo ! SPAZZINO - Non ti meravigliare, luna: ti vedo ogni sera, da anni, volare sulle case, liscia e rotonda, incontro alle campagne che attendono il tuo lume. Non sai la mia vita; è naturale. Guardi noi di quaggiù, quando al tramonto metto da parte l'ultima spazzatura e mi ritiro. Pochi del resto sa11110la tua nalura e giustamente stupisci del mio saluto. LUNA - Tu sei fra quelli? SPAZZINO - Sono la nettezza urbana, o luna. Ma poeti, filosofi e amanti, dicono di te cose dolcissime durante la notte. LUNA - Che dicono? SPAZZINO - < Luna bella> - dicono. LUNA - Non altro? SPAZZINO - Molte cose ancora che non so ripetere. LUNA - E tu che intendi di me? SPAZZINO - Il desiderio. LUNA - Questo intendi? SPAZZINO - Il desiderio, luna, il desiderio. LUNA - In confidenza ti voglio dire... (Ira sè) Come gli parlo volentieri. (Rivolta allo spazzino, confidenziale) Devi sapere che l'aria è calda lassù, da qualche tempo, e un capogiro ha preso tutto il cielo. Mi sento strana. SPAZZINO - Gli astrologi, ho saputo, fan110 presagi. LUNA - Soffro. spazzino, e questo dolore porta alla terra gravi malanni. SPAZZINO - Gravi davvero. LUNA - In confidenza ti voglio dire... (fra sè) Dal mio punto di vista quanto sono curiosi gli uomini, ( pìù forte, allo spazzino) la sera scorsa guardavo, alta nel cielo, la campagna infinita. Due cose lontane, fiammeggianti, cantavano: parole sulle labbra. la mia luce era chiara e le ombre, lunghe sul prato. il vento si fece sentire e i suoni volarono lassù, alla luna in ascolto. Parole di quelle ombre. Cosi dolevano. < Ti amo» - sulle labbra. E: «soffro>, e: «morte» nella voce. «Prendi me con la morte». Prendi ..... SPAZZINO - Sei triste luna, e questo dolore figuri negli uomini. LUNA - lo spero per te, spazzino. SPAZZINO - Ne sono sicuro. LUNA - Non pensi alla morte? SPAZZINO • Al desiderio. LUNA - ( ironica) Siete. curiosi voi di quaggiù. SPAZZINO - Perchè dici questo, luna? E la legge, allora? LUNA - Quasi al dolore bastasse la morte. SPAZZINO - Dal mio punto di vista... LUNA - (ironica) // desiderio, lo so. Addio- é tempo che salga. SPAZZINO • Non mi lasciare, ascolta... Abbi pietà degli uomini. (Lunga pausa. La Luna è salita nel cielo). SPAZZINO - Buona notte, luna. TELA ERNESTO TRECCANI P'rirltl~~rt~''Rliffill 11~ - .F.. o-,++-n---------------..,, intenderci, alla «Omnibus•; nè sapremmo vedere in altri tentat1v1 di questo teatro più di una impegnativo polemica al vecchio repertorio. ~[a siamo venuti a dire degli atti unici. Ci piacerebbe stavolta metterli all'ordine del giol'no. Atti unici, intesi come «prova-», come strettissimo conrine, in cui chiudere un raggiungimento di «tono», di unità 1 senza dispersioni, senza illusorie ambizioni di spettacolo, di disteso narrare. Si potrebbe dire degli atti unici. «capitoli» di teatro, se jl termine non recasse con sè il germe di un fraintendimento, cui non è riuscita a sfuggire neppure la prosa, nonostante gli esempi. più alti del genere. Eppure non si dovrebbe avet· timore cli un signi[icnto che ha saputo tante volte superare quanto vi può essere di pre\'entivo, di preparatorio, di sperimentale, se, come è logico, non diamo fede ai programmi di «romanzi», come esclusivo privilegio di una «grande arte» (lo stcs~o discorso riferito alla pittura, alla natura morta, darebbe fastidio fino ai critici meno aggiornati dei quotidiani; e allora il teatro ha sempre da essere in ritardo ne1le idee giuste e già popolari?). Un'altra consiclernzione che, nella peggiore ipotesi, può convincere gli incontentabili amatori del «romanzo» sta nel non rompere del tutto le probabilitù di un futuro. che però, si badi, non de,·e ignorare questa, se proprio si vuole, fase sperimentale. Conlessiamo non senza un abbandono quasi ingenuo la nostra fiducia· nel lavoro che potrà essere compiuto in questa direzione; e vorremmo ancor meglio, .se credessimo utile, convincere a questo lavoro 1 invitare ad esso, i nomi che più seguiamo e consideriamo. C' è1 o almeno pare, un on•io fm·orcvole: in esso riconosciamo l'~spetto di attesa dell'attuale momento teatrale. Ma si \'Orrebbero vincere le ultime riluttanze; per molti il teatro è un· pochissimo nobile compromesso cli atteggiamenti falsi, cli voci corrotte, di giochi infantili (il riflettore azzurro sulla faccia dell 1attorc 1 il radiofonografo dietro la scena). Per essi (e per noi) diciamo un nostro progctto 1 una soluzione, per intenderci, pratica. (i\la pe1·chè nascondere che in questa soluflionc è il nostro decisivo atteggiamento?). Si pensi ad una pura esecuzione dei testi 1 senza alcun apparato scenico, senza alcun gesto: gH interpreti dinnanzi a un leggio, e le parole. CUNNl,VO CALLONI 15
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