Pattuglia - anno I - n. 7 - maggio 1942

U discOr·so in questo senso non potrebbe aprirsi altro che con il pensiero dello stesso Leonardo: «Le mani e le braccia in lutlc le operazioni hanno da dimostrare l'intenzione elci loro motore quanto sarà possibile, pcrchè con lJUellc, chi ha affczzionato giudi- · zio, si accompagna gli intenti mentali in tutti i suoi movimenti. I.:, sempre i bravi oratori, quando vogliono persuadere agli uditori qualche cos.:t, accompagnano Jc mani e le braccia con Jc loro parolc1 bc-lH:hè alCuni insensati non si curino di tale ornamento, e paiono nel loro tribunale statue di legno, per la bocca della quale passi per condotto la voce di alcun uomo che sia nascosto in tale tribunale. E qucstu tale usanza è gran difetto ne' vivi, e molto più nelle l'ipurc finte, le quali, se non sono aiutate dal loro creatore con at,t,i prohti cd accomodati all'intenzione che tu fingi essere in tal figura, allora essa rigura sarU giudicata morta due volte, cioè 1noria pcrchè essa non vive, e morta nella sua azione»: e sottolinerei le ullimc parole: « essa figut·a sarà giudicata morta due volte, morta perchè essa non vive, e morta nel· Ja sua azione », nel suo operare cioè, che è poi quanto dire, nella sua volonlù, nella sua essenza. Una figura non figura: una vita senza vita. i ):; mai Lconard0 s'è così aper· tarncntc confessalo, mai s'è. così lucidamente presentato. Riconduciamo il disC'orso ali'« Annunciazione» degli Uffizi, e subito nouna scala di note, dal fievole ciel mignolo, su su fino al fischio acu· Lo dell'indice. Gli occhi non vi guardano, la sua magia è affidata tutta alla mano, che vi turba, vi sconvolge, e, osservata più a lungo, vi ipnotizza. on ho mai visto questo quadro che attraverso riproduzioni: penso che se un ~iorno lo dovessi avere davanti agli occhi non mc ne potrei più liberare. Tempo fa mi sono scoperto per mezz'ora assorto ad osservarlo: aggiungete gli occhi demoniaci dcll'c,rmellino ed il suo pelo straziato di oro e percorso eia invisibili fili di clet tricità, e, mi scuserete, se non proprio mi capirete. Nella « Madonna delle Rocce• tutto il quadro gira attorno alla mano dell'Angelo, vi [a pernio. Se provate con l'immaginazione a levarla, mo!Lo elci suo valore se ne andrà: cosa che è capilat.a all'au~ torc della copia esistcote a Londra, forse Ambrogio dc Predis. Non si capisce più il gesto della Madonna, di S. Giovannino, di Cristo, perfino le rocce si sfaldano, senza quella sublime tensione di luce che è nella mano dell'Angelo. Pensate che l'unica sorgente luminosa ciel quadro è proprio lì, in quell'indice. Parte tutta dalla sua punta la luce, spinta via per l'urto provocato dall'arrivo cli nuova luce; si sbatte in tutte le direzioni, si riposa dappertutto. Quel gesto cosi ardito ha quaiche cosa della sfida: s!ida lesa OTTONE ROSAI · "PAESAGGIO,. DiscorsosullemanidiLeonard tiamo il primo suggello delle sue contro le tenebre, dell'antro: luce mani. Quantunque non ancora e ombra. Ed eccoci alla signisvincolato dalle influenze, lo stile ficazionc della dialettica di Leoqui è già tentato in assoluto, e nardo, solo ed esclusivamente pe1· per qualche punto lo si può dire quella mano. addirittura risolto: cosi nel pac- La dolcissima impostura della saggio 111ontagnoso dello sfondo, « Gioconda », è ncJlc mani non nelle chiome, nel panneggio, e meno che nel celebrato sorriso: soprattutto nelle mani. Vi è, per ambiguamente le riposa, quasi esempio, nella destra una strug- consapevole della loro impossibile gente palpitazione cli luce, una ri- bellezza. sonanza di atmosfere ancora un La luce qui s'è un poco oifupoco convenzionali, ma già estrc- scata, meglio si schermisce dietro un inutile velo di pudore, e la mamcntc rarefatte, che le conferi- donna è perfettamente convinta scc un significato di superiorità di questa inutilità, guardate cosul resto del corpo, quasi Leo- mc glielo si legge negli occhi! nal'do avesse voluto restringervi Sono mani, velenose: un veleno il massimo senso dell'annuncio; purissimo vi iniettano toccandole, nello sfogliarsi trepido della ma- un veleno angelico. no sinistra di Maria in un ritmico Potrebbero stringere la bactriangolo, quali magici fili d'oro si chetta di Circe, ma inanzichè ficlendono ! Perfino la destra cosi re, ne trarrebbe angeli, angeli di dichiaratamente ligia a un « 1110- luce, spiriti di luce. do» botticelliano, come sobbalza, La ambiguità cresce a clismi• irrequieta, sulla tela! sura, diventa di una Jogicità osNcl pollice della • Madonna » sessionantc nel « San Giovannidi Leningrado, che siringe il tio• no». Non posso guardare questo rcllino, s'avverte una prima po- quadro per pili di dicci minuti lente scossa di luce che quasi consecutivi, mi provoca il capol'arriccia in una curva di gioia, giro. Questa è ecrtamcn(.c la mala stessa cli cui si rasserena la no più enigmatica della nostra castità del viso: stenta a ritrovar- pittura. E cli uomo e donna assiesi nel la « . \clorazione dei Magi », me, luce e ombra, riso e pianto, qucSta scossa, tace, con una mac- gioia e dolore. Potrebbero spunstosa pausa, nel «San Gerolamo»: lare sull'indice infiniti fiori - o esplode invece, tremenda nella forse Lutto l'arto è un solo grap- • Donna con l'ermellino» di Cra- polo di fiori? - o improvvicovia. La sua mano è sguainai._, sumentc avvamparsi, fulminarci di eia una fodera di sole, clcttriz- luce: una tela di luce; b<1stczata si irl'igidiscc piegandosi: le rcbbe che le dita si chiudessero, sue unghie sono calamitate, hanno per cadere nell'ombra assoluta: Fo\1da! 1 ioi~.euRLNfil1 1 t-è F2>"rlÌ e ombra. Una giostra di imitatori gira attorno a questa mano: nessuno di loro l'ha capita. Si veda per esempio con che sciatta presunzione il Bcrnazzano sfibbia nel suo « San Giornnnino » del Louvrc, addirittura due di queste mani, o il Marco d'Oggiono, nella tela, per altri lati notevole, della « Cacciata di Lucifero•, e nella a[follata e disordinala « Assunzione » tutte due a Brcra. Nemmeno il Luini, che pure ha cosi bene tradotto nel suo linguaggio altre cadenzl' leonardesche, ha dimostrato di averla compreso nell'interno: prova · co,ivinccnte la mielosa « Sacra Famiglia» dell'Ambrosiana. Quanto sarebbe giovato a questo discorso le mani della « Leda :-, ! Vi trionfa invece la mc• ticolosa grazia del Bernazzano: forse è slat.a disegnala e colorata dal Leonardo, lu destra, che accarezza il collo ciel cigno, ipotesi che la suadente mollezza di cui sembra formata in confronto del resto del corpo sul'rraga discclamcntc. tVla lontanissima da Leonardo è la sinistra, dipinta unicamente per preparare la metallica freschezza ciel ramoscello cli gelsomini, e che nemmeno riesce a trar profitto dal partito che po· leva nascere - e se l'ispirazione viene da Leonardo, come è ormai sicuro, ecco un'altra sua magnifica invenzione luministica ·- dal contrasto tra la tonalità bassa. ombratile del cigno, e lo splendore della mano. Ci mettiamo su un altro piano: nè l'inlclligcnza del Bcrnazzano, così limitata in profonditù poteva operare diversamente. Hitorna In meraviglia se \'Ì mettete sotto agli occhi lo « Studio di mani• della Biblioteca Hea· le cli \\'indsor; la punta d'argento estenua Lrcmendmncnlc l'c· sa&perazionc della lumcggiatura a biacca, incide con segreta ossessione nel pollice, slanciandosi elegantissima ncll'l)1cli~c. Potrei trovare addirittura la data di questo foglio - e l'apporto delle mani nella cronografia leonardesca dovr:'.1essere' attentamente studiato: certo è cònLemporanca della « Dama con l' «ermellino», piuttosto dopo che prima. I disegni che ,;i dovrebbero citare sono molli: mi limito a ricordare il segno abbrivide,nlc, velo·, cissimo, della « Donna col liocor• no» di Londra, alcuni studi dì putti, e la calma bugiarda che scorre nelle mani di « lsabclla I)' J::stc ». Una zona di culmine, questa delle mani, in Leonardo: un limi• te estremo clcJ suo stile: in essa una significazione - e giù l'abbi:.1mo visto - della sua dialc,Uica. In questo senso Leonardo è ancora tutto da rivedere, tutto da ril'are: ci tro\'iamo di fronte u un inedito. GJANNJ 1'ES1'0Rl 9

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