SEBASTIANO era « nato cac ciatore ». Sci giorni della setmana li pa,ssava alla fabbrica, intorno ai modellini dei velivoli, sui progetti di costruzione. Ma la domenica piantava tutto, s'infilava gli stivaloni, indossava un -giac- • , chettonc verde di velluto rigato e si dava alla campagna, dove )'aria, per ore e ore di seguito. vibrava per gli spari. Le pernici starnazzavano un attimo, sospese, p~i s'abbattevano dritte dritte al suolo, con uii• to;,fo. Quei tonfi si ripercuotevano nel cuore di Sebastiano come un grido di gioia, quasi spasmodica. Quello spasimo voluttuoso, pensava, era tutto quanto poteva dargli la vita. Tornava a casa spossato. E si metteva a. letto, dove lo co- . glieva subito un sonno riposante. Q,~o.>;et· 00""4'1-~"-- ln.~~l- (Birolli) Ma una notte le pernici vennero a perseguitarlo nel sonno. Stormi di pernici continuarono fino all'alba a volteggiare intorno a lui. Stormi spaventosamente folti, che avrebbero nascosto jf sole se il sole non fosse già tramontato. Ma forse la notte era falla proprio da tutti quei volatili che toglievano la vista del ciclo. Le pernici volavano alte - troppo allo per delle pernici -, poi s'abbattevano sul suo corpo nudo nudo e gli stappavano la carne col becco acuminato. Avcv~ le ossa già mezzo spolpate. L'ultima cosa, sapeva, che gli avrebbero strappato erano gli occhi. Gli occhi: fo modo che pot~sse contemplare fino all'ultimo lo spettacolo del suo corpo dilaniato. Se avesse avuto un fucile si sarebbe difeso. Ma capì che neppure un fucile sarebbe servito a nulla: perchè quelle non erano pernici come le altre, ma pernici, tutte le pernici che lui aveva ammazzato nella sua vita. Ecco perch·è volavano così alte. Gli parve di riconoscerle a · una a una. E al pensiero di aver da fare con dei morti, j) terrore che lo teneva aumentò ancora. 1.L ~()f3~() 1)1 ~El3A~TIA~O La mattina dopo, lunedì, svegliandosi, promise a se, stesso che non sarebbe andato più a caccia. Quel sogno, però, alla fine della settimana gli sembrò ridicolo e la promessa addirittura fanciullesca. La domenica, come ~empre da tanti anni, partì perj la caccia e durante tutta la giornata non fece altro che abbattere pernici. Ma la sera, appena ebbe chiusi gli occhi, gli uccelli tornarono a suppliziarlo, più feroci che potè ragionare e-on calma. « Se il sogno si ripete un'altra volta, divento pazzo ». Per parecchie domeniche non si mosse dalla città, nè toccò il fucile. Ma era un sacrificio troppo .Corte. Si iscrisse a un'associazione per il tiro al piattello. Ma non provava alcun godimento a colpire i piccoli dischi di cartapesta. La notte, è vero. dormiva trancjuillo. « Per forza », riflettè. « Nessuno può venfrmi a disturbare nel sonno, se i piattelli non sono stati mai vivi». Allora capì che il piacere della caccia slava proprio nella possibil'ità di abbattere degli esseri viventi, degli esseri che respiravano e amavano la vita come lui. C-On uno sparo, cosi come per gioco. Pensò come sarebbe stato bello se per un istante il suo capoufficio, la madre di sua moglie o qualche altro · suo conoscente si fossero camu l'- fati da uccelli. Sorrise divertito. Solo a caccia un povero borghese qualunque può permettersi il lusso di tenere nella mano - in un dito della mano - la vita di qualcuno. E ora quel lusso gli era stato negato. Si torturò a lungo, finchè un giorno, osservando modellini d'aeroplani che stava preparando alla fabbrica, gli venne un'idea. mai, e jn nu1nero ancora maggiore. Costruì una pernice, una perErano aumentali di tutti quelli uc- niec che sen1brava viva, tanto socisi nella giornata. migliava alle altre, solo che ave- « Non devo andare più a coc- va ncll,intcrno un sistema a oro- Forid~zÌOn'tt{urfifli° ~ Fofflia che le faceva muovere le ali e volare. Era un congegno perfetto che gli avrebbe dato l'illusione cli aver da fare con una cosa viva. La domenica, uscito in campagna, fece fare al volatile artificiale il primo esperimento di volo. La pernice sbatté le ali con forza, disordinatamente, come se si svegliasse da un sonno profondo. Finehè guizzò in alto, s'frccciando tra gli alberi. Quando riapparve, Sebastiano stette a fissarper alcuni minuti mentre volteggiava sulle stoppie. Poi imbraceiù il fucile e prese la mira. Quando sparò, vide la pernjce fermarsi di botto nel suo volo, come fulminata, e abbattersi con un tonfo. Poco bastò che Sebastiano non gridasse dalla gioia. Si precipitò verso il punto dove la pernice era caduta. Nel prenderla tra le mani, ·ebbe ancora un istante l'illusione d'aver ucciso una cosa viva. « Solo che ora », pensò, « non c'è nessuno che possa venire a perseguitarmi nel sonno». Ma quella notte il sogno terrificante si ripetè. Un esercito di pernici s'accanì sul suo corpo straZiato. Non capiva cos'era accaduto. Doveva aver commesso un errore e ammazzato una pernice vera. Capì tutto solo quando, in uno dei volatili che s'abbattevano incessantemente sul suo cor· po, riconobbe la pernice costruita nell'officina. Quella crocetta, quasi impercettibile sul becco, l'aveva segnala lui, con uno spillo, quasi temesse pure lui di confondersi. Non poteva sbagliai-si. Chiunque altro, però, capiva benissimo, l'avrebbe scambiata per una pernice di carne e ossa. Qualunque uomo si sarebbe sbagliato. « on solo un uomo », pensò e rabbrividì dallo spavento. Poi, al pensiero che qualcuno, qualcuno che non usava sbagliarsi, s'era sbagliato e che lui aveva ammazzato un essere che non era mai stato vivo, Sebastiano scoppiò a ridere, nel sonno. Si svegliò che ancora rideva, e rise a lungo, forsennatmncnte. come un paz1.,o. I , GIOVANNI FLETZER Non temo la notte. Nella notte quando è buio ogni cosa eh' io sfioro la penso col volto luminoso dell' idea. Temo il giorno. Perchè ogni cosa eh' io guardo ha un volto che nega • la realtà del mio sogno. Ma quando la luce mi trascina al di fuori di me stessa cerco la lotta per cancellare quel volto sconosciuto che il giorno mi rivela, per ritrovare dietro ogni maschera nemica l'ansia dell'anima. EVA TIMBALDI I poveri toccano odor di pane : è di tortore l'ora mattina. Toccano i poveri din don di campane, che aprono bianco di colombe in cielo. I poveri cantano con gli angeli in mano : mangiano trecce di acqua bionda. Mangiano i poveri fame di mondo, tutte strade di primo • sole. ANDREA CASON È imminente l'uscila de' IL TREBBO Mensile di illustrazione e cultura romagnola diretto da NATALE GRAZIANI 7
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