Pattuglia - anno I - n. 5-6 - marzo-aprile 1942

OENNI , Le sorelle• 1940; pietra di Sarnico G E INI INI Il GENNI l'ho conosciuta a Roma nel 125, in un ristorantino a prezzo fisso in Via Frattina: il caso ci aveva fatto sedere allo stesso tavolo. In quel tempo stava montando alla Mostra Missionaria (era un anno giubilare) un gigantesco San Gregorio fabbri- _cato, in posto, in stucco di ceOENNl ,Nudino• terracotta mento. Era un'opera un pò bizantineggiante, troppo superiore alla sua fanciullezza. Siamo diventati aimci e tali siamo rjmasti per lunghi anni. Tafi siamo ancora oggi, s'intende, 1na a un cer• to momento il destino ha fatto di noi una coppia di sposi. Ciò è avvenuto nel '31, a Pa- . rigi, e la nostra giornata allegra, le ore di lavoro senza stanchezza, la collaborazione 'spirituale, la notra vita in co1nunc è cominciata allora. Genni ha fatto in quegli anni ,:!elle sculture in quella pietra tenera simile alla nostra pietra di :\licenza, che a Parigi viene deno- ,1ninata « pierre à bàtiments » e viene usata per fondamenta e grossi muri perchè, sebbene [riabile, ha un forte coefficiente di resistenza alla pressjone. Queste sculture sono ben vive ancora oggi e restano a segnare un periodo [eljce e fortunato: sono anelate in giro per il mondo: ce n'è a Berlino, in Palestina, e perfino al Chile. E ha !atto, sempre a Parigi, il ritratto cli Severini e quello di Stroppa. Quanto ci è stata cara l'amicizia di Severini e di qual.e vantaggio la sua stima! Scverini è stato il primo a scrivere di lei in Italia. Le poche precise parole mandate all'Ambrosiano in occasione di una nostr,, « personale » alla Galérie Bonaj:,arfu, hanno servito ancora quest'anno come presentazione delle opere di Cenni alla Mostra di « Corrente». Fondazione Ruffilli - Forlì 12 Chiamata a lavorare alla \' Triennale, nel '33, Genni ha modellato per il Padiglione della Stampa quella monumentale « Ragazza- al sole• - una figura di donna che si fa solecchio - che, dopo il susseguirsi di tante mostre diverse, di tan_te architetture poi demolite, di pitture coperte di calce, di sculture andate a pezzi, è rimasta stranamente in piedi e al suo posto, adornandosi durante questi otto anni di vita all'aperto, di una patina meravigliosa·. Nel Giugno del '34, eravamo a Venezia, dove io esponevo: quando si trattò di ritornare a Parigi ci trovammo completamente al verde; cosa che ci capita talvolta. Qualçuno ci aiutò ad ar· - rivare fino a Milano. Per un caso strano io trovai subito del lavoro, e ci fermammo . Comincia la vita rantastica di via Rugabella, le serate con gli amici, le notti passate a disegnare sul terrazzo, l'epoca della Rosanna, la modella che amavamo. Cenni lavora sodo, disegna, si fa i vestiti, si occupa della casa. pronta ad ogni sacrificio e a ogni avventura, sempre vigile mai stanca, allegra, felice. Nascono in queto periodo milanese opere mature: la «Cantante», il « Risveglio»; altri lavori in pietra; i ritratti: la Contessa Bompiani, Giulia Ponti, il ragazzo Morassi, la Signora Lamberti, Tomea ecc.; e gli sbalzi: l'audace • Giocatore di Hockey • in alluminio per la Mostra dello -Sport, il «Torso» della collezione Rossari. Per la V[ Triennale mette in piedi la grande Vittoria fusa poi in anticorodal dalla Montecatini; per Ponti alla Esposizione del '37 a Parigi la « Ragazza fra i rami • ; e _poi la bella « Ragazza sdraiata • che Despiau - farsi raccontare da To•;l.ii curiosi particolari del fatto - voleva premiare, solo contro il parere d'una commissione incapace cli superare i vecchi pregiudizi su un'opera cli mano femminile. Ma que· ste sono «esteriorità». Cenni non ha un briciolo di vanità e le vittorie che ambisce sono quelle delle dello spirito sulla materia;. Con quelle mani di donna affronta il marmo, e trae da un blocco di Botticino una « Myriam • d'una gentilezza strana. Questo lavoro è nato sotto il sole d'un giugno gardesano. Ricordo le passeggiate, a lavoro finito, dal fabbro: per far riappuntire e ritemprare scalpelli, snerbati da quella pietra dura, ostica, venata. , Genni ha il • senso • della scultura monumentale: lo si. trova in tutte le sue o_pere, anche nel)e ;tatue piccole, anche nelle cose più intime. Ma la più bella qualità della sua scultura è questa: la sua forma larga e impetuosa unisce a un'energia e ad una robustezza maschili quella gr~zia C'he è tutta di Genni. Chi la conosce sa quello che intendo. GABRIEl,E MUCCIII LA « regione poetica -. di Cosmè Tura è la spasimante lucidit.à di un paesaggio e di una vit.a violentati proprio nel loro conformarsi architettonico: urla inrinità atmosferica che vieta ogni riferimento geografico, dove la luce prosegue altissima la feroce cristallizzazione di tutto, a tal punto imbevuta di colore, da dover essere essa stessa colore. Il ciclo allora si tende in zone rarefatte di estrema purezza, la natura e gli uomini si mineralizzano. l santi e gli eroi del Tura sono di alabastro, di bronzo, dj rame, talvolta hanno I~ gelida acutezza del marmo; crescono come coralli; hanno al posto degli occhi pietre preziose, entro cui si è rovesciata tutta In luce dell'universo; vestono tele tessute con [itali di vetro e acciaio. Le montagne sono allucinanti architetture di ghiaccio e cristallo, l'erba e le piante che vi crescono sono anch'esse di metallo, a toccarle oscillano tinnando come le goccie d1acqua che non appena sgorgate diventano ghiaccioli. La poca frutta prodotta da questa terra non può essere che d,.oro e e di diamante. Le nuvole coagulate in impossibili colori, sembrano, a vederle, aver più peso del piombo, in verità non ne hanno alcuno. E: certamente importante che in questo pittore l'anima.le che più <li frequente ricorre è la conchiglia, l'essere vivente maggiormente minerale: è il suo emblema, il suo stemma. Nel libro dell'araldica dei pittori italiani che ·da tempo sogno e che un giorno dovrò comporre, alla voce Tura, colloco find'ora la magnitica conchiglia che pendo sul capo della Madonna Roverella: a portarla all'orecchio c'è da sentirci, non il mare, ma un infinito urlo di dolore. Perchè il Tura nella creazione di questo mirabile mondo, non ha saltato il passaggio del dolore, anzi proprio su di esso s'è fermato, e lo ha impietrito, cristallizzato nell'attimo piµ acuto: un delirio; il suo, a mente e occhi tremendamente aperti e lucidi, certo come non mai nella nostra pittura. *** Ricordo d'aver altrove scritto di una « cifra• di Compigli, dello scarso valore e - in ragione di profondità so• praltulto - a cui esso giunge, e la recente mostra di atrreschi mi ha nn• cora convinto della verità della mia asserzione. Questa nota quindi non l'avrei scritta se non avessi notato nelle sue donne un ironico intenerimento, una \'OlonH, d'esprimcr:-si, di «parlare». Devo pensare che il tufo, con cui sembravano costruite stia per trasformarsi in carne, e le immobili figure eia mute e astratte che erano iniziino la loro vita balbettando? I [anno proprio negli occhi, c1ucste donne, In sorpresa e la mera\'iglia con cui il bambino guarda per la prima volta il ciclo. Stanno prendendo contatto con In terra. Cnmpigli scrive la loro vita a roveSCio: son<,> tremendamente vecchie e comin• ciano solo ora a parlnre. * ** Sarà forse vano il nome che ho gridato nel bosco? Le foglie si sono irrigidite nl richiamo, incredibilmente tese hanno annunciato la tua assenza. GIAN,V, 1"ES1'0/II

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