Arrivai a notte fonda e fu facile l'addormentarmi. Ero in viaggio dalla mattina. Mi ero alzato all',alba e senza che nessuno ragione mi spingesse mi ero diretto alla stazione. t nuovo il rumore dei treni nelle prime ore del mattino e anche l'agitarsi cupo e silenzioso dei più solerti viaggiatori, e per un po' avevo continuato ad aggirarmi lieto nelle banchine, fra i manovali ritti sulle scalette a ripulire la polvere dei vagoni e il salire e sèendere de.i macchinisti dalle lo• comotivc. Poi il primo treno era partito. Ne aveva dato l'annunzio la voce ciel micro[ono: - t in partenza sul binario due il diretto per R ... affrettarsi, affrettarsi. - II treno era sparito lontano dietro l'ultima curva e un altro - rapido per V... , '.'veva eletto l'altoparlante - lo aveva seguito. Sulla banchina ero rimasto io solo e seguitavo a guardare burnri vuoti, le pietre aguzze e sudice della massicciata. - Ora, certo, verrà un altro treno - avevo detto e aspettavo l'arrivo 1ncntrc il giorno cominciava a schiarire la stazione e più leggeri e sciolti erano i mo• menti della gente che correva ai treni. Sulla mia banchina non ve· niva nessuno e solo il rapido pas· saggio d'un carrello mi tenne compagnia. - Eppure dicevo - qui il treno deve venire. Com'e che non parte nessuno? - Pensai che durante la notte una città fosse morta e tentavo di i.tnmagi· narla con i suoi abitanti fermi dove l'incantesimo li aveva colti. Domani, come nelle vecchie fa. vole dei castelli Jatati, le liane sarebberc:i cresciute e la città, na• scosta, avrebbe continuato indi· sturbata il suo sonno. I primi tempi qualcuno più caparbio l'a• vrebbe ancora •cercata, ma invano: i trcn i sfioreranno j suoi margini, pensavo, ma nessuno più sarà ad accoglierli col cappello rosso e la paletta alta ad ordi• narne la marcia. - Una città è morta! - vo· levo gridare e mi trattenni. Tutti già lo sapevano e avrebbero riso al mio grido. Fra qualche secolo - sono brevi i milJennj nel sonno - l'incanto sarebbe finito e, cadute le liane, la città avrebb~ rico• minciato a vivere, il capostazione cli nuovo avrebbe fermato i treni e la foUa rumorosa si sarebbe spersa nelle piazze. l>Ìentre fantasticavo mi scosse un rumore di tuono lontano. Un attimo, poi il treno mi si fermò davanti. Era lucido, lungo, i va• goni - dipinti cli rosa - nes· suno avrebbe potuto · contarli. Aspettai la gente. Nessuno scen• (lllllllll~r1111r IÌ 1)1 'tt1IIA\ til~~A\ '--------- Raccontodi MICHELE VILLANI deva, nessuno correva sulla han• china verso gli sportelli ancora chiusi. - Peccato che nessuno viaggi su questo bel treno - dissi, e la tentazione di salirvi fu troppo forte. Appena m'avvicinai uno spor• tcllo mi si spalancò davanti e lo scompartimento foderato di velluto pure rosa mi tolse ogni dubbio. - Chiederò il biglietto al ca· potreno - dissi come per giusti• ficarmi e mi accomodai tra i cuscini. Subito il treno riprese la corsa ~ da dentro il rumore cli tuono era appena percettibile e da allora non ricordo più nulla. Strano però. Certo non avevo dormito, altrimenti non si spie• gherebbe la stanchezza che mi colse all'arrivo, ma in ogni 1nodo nulla posso raccontare ciel viag• gio. Quando lo sportello si apri, scesi e fuori della stazione una carrozza mi portò rapida in un albergo. Non parlai con nessuno. II cocchiere spari prÌ1na che potessi pagarlo e un cameriere elegan· tissimo 1ni indicò il mio alloggio. Dormii d'un sol sonno. Mi svegliò il sole che entrava dalle imposte spalancate e il rumore assordante del traffico giù nella via. * ** Ormai a tre g~orni dal mio arrivo posso tentare di annotare le mie Ì1npressioni, ma credo che non ci riuscirò. La città si presenta come le altre, più grande, forse, di quante n,ho in ment0., i trams e le aut.omobili passano con una frequenza mai immaginata, le case tremano al passaggio della ferrovia aerea, ma ancora non sono riuscito a / ~ ~ parlare -con un solo cli questi abitanti. Li vedo, l'incontro dap· pertutto - i marciapiedi sono pieni di folla - e malgrado fac• eia ogni tentativo per attaccar discorso nessuno si accorge di me. Neanche il cameriere che mi serve i pranzi, lo stesso che mi accolse all'arrivo, mi ha detto una sola parola. Le mance non sono riuscite a sn1uoverlo. Entra col suo tavolino mobile, mi serve, aspetta che io sia pron · to, poi ritorna via inchinandosi senza guardarmi. Ero deciso a non tornare più in quell'albergo ma per quanto facessi non mi fu possibile tro· varne un altro. Possibile in una città, credo, di venti milioni di abitanti? Stamane uscito di camera sono sal:ito sul treno aereo~ nessuno mi ha chiesto il biglietto, come al solito nessuno si è ac· corto d[ me. Vedevo le case alte della città e le vie formicolanti di gente. Vanno vestiti oqme noi e ci sono in tutto simili fuori che nel volto che hanno scialbo come consumato dal tempo. Scesi al capolinea, in mezzo a un i.tnmenso giardino circondato eia platani e da cipressi nani, e m'incamminai per un viale. Anche qui, ovunque, c'era la gente: nelle panchine, nei prati, nelle barche del laghetto, sulle alta· lene (non bambini, però: uomi• ni seri e posatissimi con tanto di barba e tutti si dondolavano compostamente come adempiendo un clov_ere). Incontrai un altro laghetto solcato da innumerevoli barchette di carta cl~e quei signori fabbri• cavano con maestria e poi varavano con chiusa aria di mistero. Non mi attardai molto a guarda· ' ACHILLE FUNI • DISEONO FondazioneRuffilli- Forlì re, avevo notato in fondo un boschetto d'oleandri e m'incam· minai ( serze volerlo sono sceso al passato remoto: tutto mi sem· bra cosi lontano!) a quelle volta. Nel boschetto non c'era nes• suno, potei stendermi a mio pia• cimento nel prato e forse - di sicuro non lo so - mi addor• mentai. D'un tratto le vidi - ripeto, non so se sogno o realtà -, era proprio lei e camminava lenta per il boschetto fermandosi spes· so a rimirare i fiori. Ne colse uno - era su un ramo alto e si dovette slanciare tutta sulla punta dei piedi - e se lo mise fra i capelli. Io volevo alzarmi, volevo gri• dare, chiamarla (oh, ebrezza di pronunciare il suo no,ne ! ) ma non riuscii a nulla. Le erbe del prato mi tenevano stretto, un ra· mo cadente soffocava i miei gridi e capii di dovermene star quieto se non volevo perdere l'occasione di guardarla. Lei continuava a girare per il boschetto sempre intorn? a me, e i giri si facevano sempre più stretti, sempre più vicini. - Ora mi ·vedrà - pensavo - e correrà a liberarmi! Pregustavo la gioia dell'incontro, la sua felicità smarrita per il mio arrivo inaspettato; ormai la vedevo distintamente, qualche vo!• ta la sua veste mi carezzava il viso e io fremevo aspettando il suo grido ... Poi non so, non ·so più nulla. Lei è sparita e gli oleandri si sono appassiti e le erbe hanno mollato la loro stretta. Ho frugato tutto il giardino per ritrovarla e ~,uando sono ri• salito sulla ferrovia aerea era già sera. Le vie passavano buie e silen· ziose sotto i miei occhi. Anche quì l'oscuramento. Eppure, se le mie memorie geografiche non mi tradiscono, questo paese non è in guerra! All'albergo mi ha accolto il solito cameriere e il pr$zo è stato più frettoloso del solito. Quando già stavo per andarmene a letto il cameriere prendendomi per il braccio - con deferenza però - mi ha condotto alla por• ta. I particolari dell'arrivo si sono ripetuti al rovescio. Ora, sullo strano treno rosa, scrivo e non so rendermi conto dell'accaduto. La città è scomparsa in un attimo dai miei occhi e dalle fi. nestre qualcuno salutava il mio passaggio. Anche le luci si sono improvvisamente accése e ~ttraverso la città illuminata il treno s'è infilato rapido sulla via del ritorno. MICHElE VILLANI 7
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