Pattuglia - anno I - n. 4 - febbraio 1942

CorDorazioni Medioevali e CorDorazlonl Fasci'ste L'ordinamento corporativo fascista, pur rappresentando una soluzione nuova ed originale del dibattuto e contrastato problema dei rapporli. fra politica ccl economia, fra azione e Stato e fra Stato ed individui, singoli od associati, ha nella evoluzione seguita dagli stessi rapporti nej secoli scorsi, il suo precedente storico. Fra gli scrittori che si sono occupati del nostro argomento alcuni escludono categoricmnent.c ogni derivazione del nostro sistema sindacale corporativo da quelle associazioni di mestiere che ebbero il loro massimo rigoglio nel periodo che va dal XII sesolo fino al XVI.; altri, pur ammettendo il diverso clima storico in cui i due ordinamenti sono sorti e si sono sviluppati, e il loro diverso spirito aiùmatorc, trovano [ra essi alcuni interessanti punti di contatto. Può la corporazione medioevale paragonarsi a quel nostro or· ganismo che porta la medesima denominazione così come è stato previsto dalla legge 3 Aprile 1926 e realizzato con la legge 5 F'ebbrio 1934? fatti, come noi abbiamo già visto in altra parte del nostro studio, e come si può vedere dagli statuti delle arti di altre città, è sottoposto ad una quantità di minuziose disposizioni che lo rendono un vero e proprio schiavo dcli' arte. Tra queste, naturalmente, la più grave e la più caratteristica è il divieto assoluto di associazione, divieto imposto nel timore che i lavoratori potessero, in tal modo opporsi alle dure condiziqni ad esse imposte. E questo timore giunge fino al punto tale che possiamo leggere negli statuti perfino il divieto di semplice riunione. In-oltre mentTe il nostro ordinamento sindacale corporativo mira a risolvere, per prima cosa, il problema così detto sociale, l'ordinamento corporativo medioevale si preoccupa solamente di evitarlo e di impedire che venga posto in termini inequivocabili. E se, in un certo senso, si può dire che tale scopo sia stato raggiunto, ciò è dovuto al fatto che la questione sociale si era appena delineata e non aveva assunto proporzioni tali da esigere un'urgente immediata soluzione. Anche nei rapporti con il potere statale, inoltre, diversa è la posizione delle arti da quella dei nostri sindacati. Questi ultimi sono sottoposti ad una rigida tutela .tl sorveglianza da parte della autorità statale e mirano a scopi che, pur essendo diretti a soddisfare le esigenze dei consociati, non contrastano con quelli della collettività nazionale; mentre le arti, quantunque obbligate a sottoporre al visto del comune i propri statuti, perseguono fini propri indipendenti da quelli della collettività eittadùrn e mirano, anzi, a impadronirsi, politicamente, dello Stato, per meglio soddisfare alle proprie esigenze particolari. Studiando gli statuti delle arti troviamo che essi sono dominati dal criterio di giustizia egualitaria. Sopratutto in quelle delle arti maggiori le norme sono informate a questo criterio: gli appartenenti a quella categoria devono, nei rapporti reciproci, mantenersi in una relazione di solidarietà in modo da non turbare, ma da, favorire possibilmente l'attività economica a tutti gli appartenenti all'arte. In conseguenza di questo principio gli statuti vietano assolutamente la concorrenza fra i consociati e tendono a favorire, invece, istituti ed opere di prevjdenza e assistenza morale e religiosa. Si tende insomma dagli statuti a sottoporre l'interesse egoistico del singolo all'interesse superiore cieli' intera categoria professionale. Ora non si può t on ci sembra possibile: infatti non ci si può ricollegare al concetto giuridico tradizionale di Corporazione, in quanto, anzichè trattarsi di una collettività cli persone strette fra loro da una serie di interessi omogenei e con- ..,, vergenti, la Corporazi.one Fascista, fondandosi sulla organizzazione sindacale, riunisce interessi eterogenei e divergenti, quali sono quelli degli opposti fattori della produzione. ETICIETCA'ONOMICA Inoltre la Corporazione Fascista è un organo dello Stato a cui sono attribuiti poteri di ordine normativo ed insieme di ordine amministrativo, e, appunto per questo non ha una propria personalità giuridica e una propria autonomia; la corporazione medioevale, invece, ha una propria personalità giuridica e una propria autonomia di funzionamento e di azione. Esclusa quindi, ogni possibilità di raffronto con la corporazione attuale, vediamo se la corporazione comunale possa se mai avvicinarsi a quello che è il no· stro sistema sindacale. Ambedue gli istituti, sono dotati di personalità giuridica hanno una propria autonomia e una pro· pria attività diretta al raggiungimento dei propri fini. Tuttavia anche qui, se pur si può parlare di una certa affinità, non si può certamente istituire una perfetta identità. Infatt.i mentre le associazioni professionali at• tuali sono formate o da datori di lavoro o da lavoratori, quelle medioevali raccoglievano nelle loro fila solamente i primi. Tutto il nostro sistema corporativo medioevale sindacale mira a porre su uno identico piano dj ugua· glianza tanto il datore di lavoro quanto il lavoratore; nel sistema corporativo medioevale, invece il lavoratore è in una posizione di manifesta inferiorità. Questi inIl discorso tenuto dal Duce in Campidoglio quando ancora l'impresa Etiopica era in atto e quand,o · ancora l'iniquità delle sanzioni si accaniva nel tentativo <li inaridire le fonti di vita ciel popolo italiano, costituisce indubbiamente il più alto, completo e decisivo documento per ogni sviluppo futuro della rivoluzione e della civiltà fascista. In esso esiste una parte essenzialmente vitale e costruttiva ed è quella che ha rilerimento all'organizza· zione economico-politica presente e futura della Na1.ione. Nella sintesi del discorso la visione del pensiero nasce e si snoda dal principio della più alta giustizia sociale che è il presupposto e il fine del movimento corporativo -fascista. È il corso perenne della vita collettiva, della unità Nazionale • di f,atto •, che viene postulato nella sua essenza morale e riportato sul piano deUa giustizia, cioè sul piano della volontà cosciente di rendere ad ognuno ciò che gli è dovuto, armonizzando e convogliando op· portunamcnte le forze sociali. Organizzazione quindi che atttii, con la gradualità richiesta dalle circostanze, un effettivo raccorciamento di clistanze fra le diverse categorie di produttori, intendendo per « produttori » tutte le masse che, in scala gerarchica, secondo le attitudini di ciascllllo ' e il posto assegnato, partecipino al processo produttivo. Il bene comune in regime corporativo viene ad esser posto come il fine dell'attività individuale: esso quincli non è che il frutto · dell'azione d'innumerevoli conF0ndazione Ruffilli- Forlì corsi. Ma poiché [orze singole, autonome, diversa,nente orientate, tenderebbero naturalmente a produrre effetti individuali e spesso contrastanti, è necessario intTodurre nel seno di queste forze un principio di organizzazione e di ordine. Il corporativismo, intatti, ,·uole annullare le iniquità del sistema concorrenziale e cieli'• homo homini lupus»; esso condanna come immorale la coesistenza della grande ricchezza ·accanto alla grande miseria; esso nega all'istinto egoistico la piena estrinsecazione nell'ambito morale· e politico e, quindi, in quello eco· nomfoo e sociale. Ad una società atomica, centrifuga, materialista, atea, epicured, vuole sostituire una collettività nazionale un:taria, collaborante, religiosa, eroica, anùnata da principi morali di so· Iidarietà e di rinuncia. Intende, quindi riportare l'economia sulla Linea dell'etica; si propone anzi di subordinare l'attività produttiva ad una finalità d'ordine morale, jnquadrandola in un sistema di collaborazione a pieno sviluppo che assicuri alle parti una comp,leta uguaglian;,,a cli diritti di fronte al lavoro e un proporzionale godimento dei beni materiali e al tutto una maggiore orgarucità cd una maggiore potenza. Viene quindi di conseguenza, come da causa ad effetto, che la più alta giustizia sociale implichj necessariamente una disciplina totalitaria dell'attività produttiva. L'economia concorrenziale è necessariamente anumana ed amorale e quindi inumarla ed imnegare che questi concetti non siano del tutto estranei a quelli che si sono, in questi anni, venuti afCermando negli istituti del nostro attuale ordinamento sindacale e corporativo. At1chc ora, infatti, l'interesse del singolo è sottoposto rill'intcresse della collettività e i principi della solidarietà e della collaborazione informano tutta 11.1ttività dei nostri istituti. Ma non si può affermare l'esistenza nelle corporaz:oni antiche di germi che si sarebbero poi sviluppati in Italia negli ultimi tempi. Infatti per interesse della collettività si intende ora l'interesse non della sola classe professionale ma di tutte le forze produttive della nazione; e lo spirito di solidarietà e collaborazione non vige solamente fra gli appartenenti ad una associazione, ma anche fra associazioni l'interesse delle quali sembra in netta contrapposizione. Se si vuol trovare qualche punto di contatto fra i due ordinamenti, lo si può trovare rispetto agli istituti ed opere di previdenza ed assistenza morale e religiosa. Nel complesso, c·oncludendo, l'ordinamento sindacale corporativo attuale non ha stretti legami cd affinità coli'ordinamento corporativo medioc,·nlc ed è, invece, un prodotto nuovo ed originale del movimento fascista italiano. AD/lIANO BAZZOCCUI morale-: per essa la pr-oduzionc è un meccanismo che corre trascinando uomini e cose. Messo in moto, esso non e arrestabile; accelera o rallenta per for.za propria, avendo per unico regolatore cli marcia il « prezzo •, regolato a sua volta dal gioco della domanda e dell'offerta. In un tale regime economico gli uomini sono pedine, la macchina è la regina del sistema, il lavoro è un !attore della produzione, il reddito di innumerevoli masse, sotto forma di «salario» tende al « mar· gine » e la miseria diventa una istituzione civile quando la macchina espropria il lavoro umano e domina la vita. L'aspetto sociale della Rivoluzione fascista e dell'economia corporativa, che ne rappresenta una delle più luminose ere-azioni, grandeggja e primeggia su tutti gli altri. L'instaurazione della più alta giustizia sociale culmina nel riconoscimcnt.o solenne della grande verjtà esplicitamente o implicitamente negata da tutti gli indirizzi dell'economia utilitaristica e liberale che ancor oggi soprav,dvono. Il lavoro non è un prodotto ma è l'uomo stesso con la sua clignità, i suoi doveri e i s11oi diritti. Il lavoratore diventa collaboratore nell'impresa. E il supera· mento del (il, salariato », irreparabilmente lega~ al concetto deUa « merce »-« lavoro » ed al suo prezzo di mercato, è l'esaltazione, la glorificazione, j[ trionfo del lavoro. UBERTO IJOCCI

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