Pattuglia - anno I - n. 4 - febbraio 1942

Heidemarie Hatheyer in "\Vally dell'avvoltoio,, di Hans Steinhoff. LeziondeiTeatro Se non nitro gli ottanta pnrLecipnnti al convegno di critica tealrnle svoltosi in dicembre a Genova hnnno dimostrato di possedere un certo amore per l'arte ddln scena, amore che però non giustifica quanto di inesatto è stato artcrmat-o in sede di discussione. Pcrchè se la maggior parte degli ottanta concorrenti nl primo premio - che poi molto giustamente è stato abolito - 'si è un po' troppo soffermata su <1uestioni filosofiche, su definizioni varie della cultura (nuova cultura, ,·olcva precisare il tema proposto per la discussione), ha anche pn1_-latodi tea- - tro. Dopo una duro selezione «in vista del traguardo rinalc• come diceva un quotidiano locale - abbiamo tro, alo un gruppetto cli dieci prescelti elci qunli tre od al massimo quattro coscienziosmnente prcpar.1t\, per sostenere e documentare, le loro tesi "aliclamcnte, tesi che molte volte noi non abbiamo polllto condividere. Credfomo inutile fare nomi, pcrchè coloro che amano il tenll'o ccl hanno certamente seguilo il convegno di Ccnovi:1, sanno gii1 di chi noi intt•ndiamo pat~lare. Gio,•oni cioè che al teatro hanno <lato <1ualcosa che supera glj aridi termini <li una brilhrnte discussione .dialettica e teorico inuLile in ultima analisi agli effetti di una pratica ricostruzione dell'arte drammatica italiana. fnfatti a Genova abbiamo sentito diversi camerati dotati di una cultura storica non comune unita ad un gusto critico che non possiamo dire se imposto o ncquisito od eUetti\!o. Ma. al punto in cui siamo, il Tcati·o italiano ha bisogno di teorici o di uomini pratici, di quella pratica che non conosce gli orizzonti di una preparazione culturule o filosofica ma va oltre di essi per una innata e chiara visione risoluti\'u al cli [uori cli tutte le correnti e glì intendimenti più dogmatici? Per noi, che come tutti \'Ogl iamo un nuovo teatro, che .!,Coliamo l'urgenza di risol\'ere i molli problemi che appesantiscono il cammino clell'arle della scena <· stanno uccidendola, si manifosta principalmente la nccessitù cli uomini pratici, di uomini estranei a tutte le tC!Orie più o meno « nuo, e » 1 di uomini che oltre ad esigenza dello spirito, sentano il teutro come nccessiLù di \'ita. Sappiamo che <1ucsta nostra romunticn illusione dell'uomo • nuovo » nel senso più preciso ed intransigente <lellR parola, sarà bene• volmentc derisa dal realismo opaco dei competenti di professione e degli scettici variaFondazione Ruffilli' - Forlì mente colorati. Per ora però nei giovani sui quali è lecito porre le !j,peranze migliori, noi non trovinmo il crisma di una personnlità atta od evolversi ed a perfezionarsi oltre ogni precedente tcndenza 1 provenendo essi da tendenze evidenti ed avendo una lineare programmaticitù che contrasta con la "ergi~e sensibilità del nostro uomo nuovo. Anche per <1uesLo crediamo cli potere distinguere negli autori ituliani Ou una parbe i vecchi - non importa in questo caso l'età - mestieranti e dall'altra i gio"ani che si sono imbolsiti e limitati nel tentati\'O di una nuova esperienza che non progredisce. ma che si ripete: potremo considerare unche questi gio"ani dei mestieranti perchè nel loro rinnovamenlo non hanno saput..o superare i limiti imposti da.I tcntati\'o cd hanno Hnito per diventare i mestieranti dcll'antimesticre. F. di questo mestiere clell'nnti-mestiere abbirimo avuto preciso coscienza nei programmi eletti e discussi clai camerati partecipanti al convegno di Genova. Abbinmo sentito parlare <li teatro.di poesia (ancora!), abbiamo udito nUcnnazioni un poco contrastanti con l'essenza eUetti\'a del teatro, come quella di un camerata il quale ha concluso la sua relazione nrfermnndo che il tc..'\tro deve assolutamente supcnrc lo « spettacolo » per unn maggiore dignità letteraria. Cose che in conclusione non ci hanno troppo stupito, come non ci stupiremmo di sentire domani, in un convegno letterario, di un romanzo sceneggiato e scrillo in forma t~cnicumente teatrale. t riaUiorata la questione del « Teatro di Stato>, che da c1ualchc tempo è oggetto di moJti articoli e di altrettante discussioni. Premesso che noi non vediamo la necessitò. di questo « Teatro di Stato ., - essendo quello ciel teatro non tanto un problema d~ organismi, quanto di uomini e più precisamente di autori - desidereremmo che fosse evitata lo confusione fra .tTeatro di Stato» ~ ocTeatro dello Stato•• essendo <1uest'ultimo quello che crediamo vogliano molti camerati. Sintomatico in Ttalia i.I ricorrere allo Stnto c1uando, diciamo privatamente, non si sa come risolvere un problema. Cinema e teatro; compr,gnic stabili e girovaghe; regia e scenotecnica, tutte questioni la cui risoluzione è stata proiet~ tata nel ruturo incerto di un teatro • nuovo ,... Jt.1a, invece di queste cose che in fondo noÌl sono state che l'eco di una polemico ormai vecchia di anni, avremmo preferito, rimanendo aderenti all'nttunlc situazione di ratto, sentire discutere sul modo di aumentare le compagnie, riaJ>rire i tcntri di pro"incia consentendo nl pubblico provinciale di frequentare i teatri con mi· nore speso e con più assiduità, rissnre legislati"amente i rapporti degli attori col cinema e teatro in modo che un'arte non sia causa ciel deperimento clell'altra, e di tutti gli nitri problemi importantissimi che da troppo tempo vengono risolti solo teoricamente. Non si può contestare che attualmente esista un repertorio tèatralc il quale - formato sia di classici che di moderni - possa esercitare un benefico influsso educatore sulla massa, ormai esigua. dei rrcquentutori delle sale teatrali. E questo repertorio snrebbc particolarmente utile per· la provincia: molte opere di esso avrebbero per la J>rovincin nnchc il sapore della novità. \{n purtroppo ci siamo accorti come nella quasi totalih\ dei 1>artecipanti al convegno di Genova mancasse totnlmcnte il «senso» dell'importanza dellu pro"incia: eppure parecchi di essi provenivano da molte di quelle provincie in cui le dericicnzc «pro- ,,incinli• ha.nno tuttora una grande e"idenza. *** Abbiamo intitolato questo articolo « lezione di teatro > non per immodesta presunzione, ma perchè abbiamo sott'occhio l'articolo cli Giannini sul « Giornale dell'> Spcttaco1o » con cui l'autore vuole impartire unn lezione di teptro. Non è qui il caso I di precisare se crediamo Giannini essere in grado cli ririlarci la sua lezione, ma vogliamo nobue quanto essa sia attuale. se In riEcrianì.o al convegno ligure, per delineare con maggiore chiarezza una situazione. Lu « lezione di tentro » (quella di Giannini s'intende, e non la nostra che, anche se · avessimo a,'.uto l'intenzione nmbiziosa di impartirla, non ne a\'remmo avuto la capacità) è stata scritta per reagire ad un articolo di Flaiano su « Oggi •, articolo che, secondo noi, face~ va perfetlamente il punto della situazione. Non vogliamo discutere qui quanto afferma Giannini circa il teatro «industrializzato• e tanto meno la paradossale aUermazione della fine del Cinema (ma ceri.i film cli cineasti ìtaliani e stranieri, in cui ci viene presentato una specie di teatro in serie, Filmato alla meno peggio, possono anche dare ragione a Gianoini che però, per documentare la sua tesi assurda si serve, non molto onestamente, proprio di <1uei Hlm di mestiere, i quali hanno molto poco a che vedere col cinema vero). Non \'ogliamo neppure polemizzare sulle commedie scelte da Giannini per testimoniare la \'italitù del teatro. del «suo» teatro, è op1>ortuno precisare. Simili discussioni esulano dal tema che ci siamo oggi proposti e )~scerebbero, come hanno fotto rinora, le cose al punto di partenz.u, Quello che maggiormente ci preme di segnalare nell'articolo 1in questione è la posizione netta cli Giannini - del tcntro dei «mestieranti i... cioè- dj [r;nte al teatro ., nuovo». alla ricerca del •nuo,o autore». Giannini rinfoccii, n coloro che combattono il mestfore di Viola, Cantini, ecc., di non avere nelle loro file un vero scrittore cli teatro, capace cioè di esprimere drammaticamente il proprio mondo poetico, segucpdo le leggi di una tecnica teatrale. Pcrchè - siamo d'accordo con Giunnini - esiste una tecnica teatrale, dello spettacolo: e l'essere padroni di questa tecnica non pregiudica l'essenza di poesia delle conunedie degli autori citati, come i rappresentanti del teatro «nuovo>. Resta a vc<le1·e a <1uali conseguenze porta la grande padronanza e l'abuso di questa tecnica. o In mancanza. Ci sembra che nell'un caso e nell'altro - sin nel caso dei «mestieranti• e dei non «mestieranti» - il teatro vero e proprio venga a scapitarne. t: che appunto in questo squilìbrio evidente sia una delle cause maggiori della crisi del teatro, crisi •reale checchè ne pensi Giannini. Non crediamo - e le ultime commedie degli uni e degli altri conformano quanto stiamo dicendo - che nessuno degli autori in questione possa superare la propria deficienza: e che le due posizioni contrastanti siano determinate non da una presa di posizione dei, singoli., ma da forze maggiori di inclole generale che ci . scnibra inutile tentare di ricercare. Tanto Giannini e compagni che /\'1eano e compagni sono giunti al limite delle loro possibilità. Tanto il teatro dei pri~ mi che quello dei secondi non può aspirare ad essere considerato il vero ed unico teatro, quel teatro capace di sodclisfore le esigenze di un pubblico totalitario, quel teatro che tutti in"ochiamo. Flainno nel suo articolo su -:Oggi• aUerma che i giovani non snnno quello che sarà il teatro di domani, ma sanno c1uello che non sarà. E: esatto: ed appunto di queste il convegno cli Genova ci ha dato piena dimostrazione. Ma in c1uesto momento le dimostra- ;doni teoriche non servono: possono anzi rendere più duro .il lavoro dell'autore •nuovo• di cui presentiamo Pavvcnto, ma cli cui non abbiamo adesso nessuna prova tangibile. Chè gli sforzi dei giovanissimi autori non hanno fatto altro che darci coscienza di un immutato amore di molti per il teatro ed i suoi problemj. Non è poco, certo. I «vecchi• invece sanno solo cos'è il loro teatro e non riescono a capire quello che non è e dovrebbe essere. Da questo , squilibrio, da questa aFfannosa nttualc esistenza sorgerà l'autore drammatico nuovo. Il nuovo lcutro, che si innesterà degnamente nella grande tradizione teutralc, sorgerà sulle ceneri degli autori, mestieranti o no, di qliegli autori che del teatro non hanno visto che un particolare uspctto o il pili. pratico o il più nobile; forse quest'ultimi più vicini alla nostra sensibilità c)j quello che siano i primi: gli uni e gli. altri però incapaci di vedere e di fare ciel teatro una forma d'arte' completa cd unitaria. IT'. RONCRI 15

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