ARCHITETTURA ·D6I 10POnTI E: invalso da tempo l'errato criterio di giudicare l'archjtettura da un punto di vista scmpli• cemcntc e meramente c'o1nmerciale: ci si affanna per trovare il « nuovo », l' « economico », il « razionale », ecc. ccc., ma si è perso di vista l'architettura, che è anch'essa arte, e va quindi giudicata con gli stessi criteri con- cui si giudicano, poniamo, la pittura e la scultura. 'eppure le riviste, che pure proclamano cli battersi per una architettura che sia essenzialmcnt.c espressjone di un sentimento reatizzato con uno stile pienamente raggiunto, sembra si sjano accorte dell'estremo bisogno che c'è di costituire una vera « critica d'architettura », che escluda o quasi dal giucli~io tutto ciò che non sia arte, ed esalti solamente i valori di essa. Se ne è parlato un anno fa circa, su diversi giornali, e se non sbagtio, dopo una breve polemica, tutto è caduto nel silenzio. Male,: poich!è di questo ·passo si persisterà sulle noticine con cui si usa presentare una architettura, le quati dopo aver descritto la pianta, la comodità, la «novità» dell'edificio, chiudono ~on la so· lita tiritera, non sapendo più tro· var parole per continuare degna· mente (semprechè degnamente abbiano iniziato ... ). Ci vogliono anche quelle, d'accordo, ma non solamente quelle, e senunai nella inisura necessaria per comprendere più facitmente la bellezza, il reale valore artistico dcll'ar· chitettura. Ho creduto opportuno scrivere queste premesse - questioni qui appena sorvolate, ma che richiederebbero, tanta ne è I' ur· genza e l'importanza, ben altro spazio - dovendo presentare il Palazzo della Montecatini di Pon· ti, a cui spero di far seguire altri architetti, per spiegare la mia posizione, , cioè l'assoluta mancanza di riguarao a tutto ciò che è commerciale, o strettamente legato alla tecnica edilizia - cose tutte che altrove potranno avere grande interesse, ma che qui chiedono per un momento d'essere dimenticate. I disegni accanto riprodotti, chiariscono con molta evidenza lo schema dell'edilicio, costituito da due enormi parallelogrammi disposti in leggera obliqua e da un terzo, più alto, che ti interseca. Subito potremmo osservare l'inedita bellezza di questo aprirsi della costruzione a ventaglio, con un solenne· « slargarsi », che otti~nc calmi valori tonali nel vuoto centrale - ed è un peccato che il forzato dislivello del Par· cheggio ne vieti in parte la com· prensione - che subito si im· pervia in contrasti di luce e ombra, 1nan mano che l'osservatore si sposta dal centTo verso i parallelogrammi laterali, le prospettive arditissime dei quali s'alzano, per nulla ostacolate, sem· mai rese più ossessionanti, dalla esatta, geometrica disp.osizione delle finestre. Ho fatto il nome di « ossessione »: davvero c'è in questa purissima fuga delle pa· reti - della linea potrei dire - nel cielo, qualche cosa di insistentemente ripetuto - il motivo alternato delle finestre e del marmo verde, sopratutto - che non lascia libertà e respiro - proprio come per certi motivi musicali, per certi ritmi e quasi costringe l'occhio a seguire la vertiginosa prospettiva dei due corpi laterali, fino al culmine, il punto di incontro della verticale e dell'orizzontale, la nota più acuta. « Gridi lirici», ho amato chiamarli, discutendo, e tali ancora mi piace definirli. Un edificio come questo non poteva nascere da preconcetti stilistici e da formule; è nato, come giustamente m'ha detto Ponti, in un momento di ispirazione lirica, che egli ha pc;>iasseoondato con tutto l'amore e la passione con cui si asseconda una pr-opria ,creatura. Architettonicamente quasi perfetto, rimane cer:to artisticamente il più bel risultato di Pon· ti. Altrove sarà più elegante, più evoluto - ma è u.na elcgan7.,a e una signorilità esteriore, mentre qui incide proprio nell' interno della architettura e non nego a molti potrà piacere anche maggiormente: resta però da affermare che tutti questi •molti», eccederanno forse nel buon gusto - « buon gusto », quante cafonerie si fanno in tuo nome! -, ma non certamente. nella disposizione a una valida com· prensione dei valori artistici. Sono pure nel giusto aifermando che con poche altre architetture, questa di Ponti, rappresenta quanto di più alto è stato fatto in proposito in questa prima me· tà del secolo. GIANNI TESTORI FondazioneRuffilli- Forlì Nota a Tamburi. · Con Guttuso espone da Barbaroux an· che Tamburi. Credo che sia ora di levargli dalle spalle i nomi di Scipio• 11e Ma/ai, poichè ormai egli ha trovato un suo «tempo», una sua regione poetica, lontana e molto da quella dei due maestri della cosidetta scuola romana. Attorno ai paesaggi, agli oggetti che Tamburi dipinge con estremo amore alita un'aria piena cli risonanze poetiche, di flebili melodie, da ricordare la levità di certo nostro settecento. E come tutto poi è solidamente costruito, co,ne si reggono bene certe pennellate disposte sulla tela quasi «a fia: to», come si sente che sotto non c'è vuoto - cosa che oggi capita pi,ì solida. Una pittura dunque sembri - n1a c'è la stessa «aria poetica•, la stessa vita che fuori, e semai fatta ancora più robusta, piu solida. Una pittura dunque quella di Tamburi nata ,Laila sua avventura umana, marginalmente offerta a qualche pretesa di gusto - ed è un gusto così attento e sorvegliato! - ma che si rileva sopratutto ripensata nel melan· conico viaggio del cuore. E basterebbe guardare i mosaici che sono esposti per convincersi che Tamburi se non ha mai arrischialo l'esibizione di estetismi e stilismi, lo ha fatta e lo farà perchè sa di possedere il « mestiere,., come pochi. • •• Nota a Guttuso. Conviene 'dirlo subito che la pittura di Guttuso non facendo misteri dichiara apertamente d'aver preso come maestri Picasso e Van Gogh; conviene anche dire che una riesumazione a freddo si sa• rebbe certamente esaurita in un Fra i numerosi artisti che hanno espo3to alla mostra roma• gnola ci piace sottolineare l' opera di un giovane, Fernando Boschi, che si distacca decisamente da tutti gli altri artisti vecchi e non vecchi presentatici nella sua ordi- _nata rassegna. Infatti più che di speranze in questo giovane pittore romagnolo si può già parlare di significative ed espres· sive realizzazioni, in cui una tecnica abbastanza progredita si unisce ad un· arte istintiva, originaria e sofferta. Boschi è un giovane che si inserisce degnamente nell'esigua schiera dei veri artisti della nostra terra. circolo u,z,oso di pretesti, richiami e pretese, senza venire a capo di conclusione alcuna, e che questo non è il nostro caso. Picasso e Van Gagh, sono punti di partenza per Gu ttuso, e non altro - quando poi egli abbia ben capito la loro lezione lo dimostrano le sue tele - poichè dovendo scegliere tra Picasso e Van Gogh, Guttuso 11011 ha scelto nè l'uno nè l'altro ma sè stesso, ha pasto al disopra dell'influenza e dell'affinit<l, il suo tormenta di uomo, e questo è il suo merito maggiore: può sembrar poco ma invece è molto. Nei suoi dipinti la logica è tremenda, d'una lucidità sbalorditiva; lui, l'uomo, la stta «vita» inson1ma, è proiettata nella astrale freddezza dell'immutabile, prima sofferta in ogni piega e in ogni anfratto, con foga disperata, poi violentata in un cielo, in cui essa non si trova esiliata, ma dolore fatto pietra, lacrime raggelate, gioia e spa· simo che ritrovano la loro «condizione» immob:le e eterna. Nes· sun pittare moderno ha preso posizione con fermezza cosi decisa: ricordate il pensiero che ho copiato nel primo «Taccuino»? Là Guttuso diceva che condizione prima per un artista è che essa agisca come chi fa guerra, come chi muore per qualche cosa: e se le parole devono poi essere convalidate dai fatti, credo che rarainente s'e visto esempio più alto di coerenza. Svolte la sua pittura ne avrà ancora - Guttuso odia le formule - tuttavia siamo nel giusto dicendo che fra poco dovremo riconoscerlo un maestro. Guttuso lavora sulla strada dei grandi. C. T.
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