Pattuglia di punta - anno I - n. 2 - dicembre 1941

IL MONUMENTO PRESSO PONTE PfRATI AOLI EROICI CADUTI OELL' VIII CORPO D'ARMATA GRECIA VISTA Atene novembre Se mi occorresse, potrei star certo che il mio caro libraio Ateniese di via Stadin, dietro le edizioni Mondadori e Bompiani che vende a prezzi notevolissimi, ha ancora in serbo i manualetti della • Kook Company t' How to see Greece »: l'arte turistica cioè, secondo gli Inglesi, per vedersi la Grecia comodamente e con un di~ spenclio mm,mo di tempo; al massimo una settimana. Oh Dio! non che non avessero ragione! Ma ormai noi abbiamo più tempo di loro, se non proprio tutte le comodità, e da Patrasso a Corinto a Megara, da Atene alle scogliere dell'Euripo, da Amplussa al Golfo di Volo (proprio adesso c'è lo spettacolo della mattanza dei tonni) fino ai monasteri dell'Athos, al Chilanclari, al Oiorapsion, ce la stiamo girando tutta eia tre mesi a questa parte: a piedi in sonno od in vigilia, per piste ruinosc fra fragore cli carriaggi e cli salmerie, fra crollare clicentineecliffe1emia·i: ogni quota è notata, assaltato ogni punto trigonometrico; foglio e goniometro, schizzi panoramici da una parte, schizzi goniometrici dall'altra, ti palpi ogni porzione, ogni profilo rilevato cli monte, conti gli sbalzi incisi degli impluvi, le case del villaggio, i cipressi del cimitero, i tronchi le radici scoperte degli ulivi fra i sassi e i quattro palmi di vigna bassa. Anche ora siamo in alto, le nuvole sono sbavate forte dal vento fresco, non riesci a tener fermo j} foglio sotto il fascio cli frasche. Insomma, vorrei dire che un poco l'abbiamo vista, questa Grecia, non solo nelle sue cose più sublimi, ma proprio dove importava guardarla per vedere qualcosa: e ci è sembrato che tutto il paese sia un cadavere aggrin• F5hèfu2f5n~SR'flfffllrauna mostruosa capitale sanguisuga. Atene, banca giudea, frenetico tresco bacchico per le verità più disperate e tormentate, viscido brulichio animale dove si sfondano le sette porte della dissoluzione e dell'ubriacatura spettacolare, se l'è come spremuto a poco a poco, l'ha spolpato, scheletrito: dovunque tu viaggi, qualsiasi villaggio tu incontri, non sono che carovanserragli deserti, disarticolati, scuciti; fondali scenici stinti e smorti. A vederli cli lontano questi muri sbrecciati, queste case basse di [anghiglia secca e di paglia tinte in bianco da calce viva, sembrano pezzi di garza sterilizzata; senza più nulla cli vitale. Di sasso c'è la chiesa, nella solita domestica sonnacchiosa sporcizia ciel piazzalctto, se guardi bene una, due case più alte con balconate di legno tarlato alla rusticana, tra il tipo svizzero e scozzese, e col posto calcolato, finalmente, anche per le foglie d'acanto: che un cemento dipinto di scialbo turchino chiudono i hti del tetto con gusto rin!ronzolito e lacrimevole da pasticceria. Intorno magre ombre di alberi ciel pepe, anziani in babbucce e gran cappa, ombra tarda nera del pope, una gallina biliosa isterica sotto il gran sole. Di galline, purtroppo, è un caso ormai, una vera tor· tuna vederne; camminano sinuose e arruffate dietro i graticci di bambù delle brande già lnglesi, fra stenti secchi di ortaglia. Con qualche capra famelica, afflosciata, dagli occhi marciosi, son divenute: le eroine cieli' economia domestica: ogni giorno le sacrificano qualcosa, qualcosa le donano; e a guardarle diresti che hanno acquistato una vitalità puramente nervosa. Da non dimenticare i lustra- P6Yli' credo la più importante istituzione di Stato dopo l'aperitivo Nazionale che è l'« uso». Basta clie tu sieda un attimo ., bere questo intruglio di anice e di acquavite lubrificato con listerelle rosse di pomodoro, e le scarpe gibbose diventano di coppale, specchianti, riprendono perfino a cricchiare: cassetta a tracolla, sono dovunque, ti insidia· no dappertutto; ticchettii rapidi di spazzole, civetterie morbide di ritocchi, abilità di mestiere compiaciuta: i vezzi della perfezione dagli otto ai quarant'anni: orgoglio nuovo di generazioni. Probabilmente il mestiere è anche direttamente proporzionale alle condizioai del suolo: se tu so(- fiassi su queste bassure sgomente, sarebbe tutto un ribollio rosso, impenetrabile di polvere; se polvere non c'è, è cespugliame rognoso, pietrame scarno su per roggie aride, per ogni monte, per ogni cima, Fra siepi di cactus e di agavi: quando lo martelli col piccone non cede, si scaglia 1 iviclo agli occhi, il ferro rimbalza, dopo due ore l'hai appena intaccato. All'orizzonte, ogni tanto, salterelli sbilenchi cli qualche mulo infelice: sopra una donna, due occhi fobbrili nella fessura ciel fazzoletto giallo che le nasconde il volto; ricordo di dominio o gineceo turco, o adattamento sapiente alle condizioni atmosferiche. Ogni tanto qualche vite, tronchi bacati cli ulivi druidici senza santità: torpore senza tem· po, capre nere sotto gli ulivi. Allora ti vengono a men te i vasi Rodii e quella Kylix Attica di Berlino in cui, seduto su una roccia fra quattro capre, Paride suona la lira: e pensi, è vero, che roccia e capre sono rimaste e anche le corna son sempre le belle, lunghe e ondulate corna degli archi di Omero; ma non c'è più alone ormai, non curio• sità in te o consenso inti1no: una frana paurosa ha somn1erso i calchi di una divina cicrcazionc ciel mondo; e tutt'al più, giallo cli creta e cogli occhi calcinati, il vecchio Pan riaffiora in questa incisa immobilità, in questo assoluto di geometrie avvampate e angosciose. O Atene, o viole di Saffo, o boschi ciel Menalo, giardini della Messenia! Fino ad ora verità costanti e fedeli, pacate e sicure e composte nei ricordi e nel tempo! Truffe sentimentali ormai, repertorio, galleria di aforismi da viaggiatori di commercio (come dicessi merletti di Venezia o tartarughe di Sorrento) per questi mercantini urlanti fra il tempio di Giove e il Partenone ! on sono rimaste a vegliare che la pura forma delle colonne, la dirittura dei cipressi sottili, giù dal teatro di Dionisio, su per la collina di filopappo eroe ... * ** Adesso, che son ritornati dagli ospedali o dai campi di concentramento, incontri più spesso, anche per queste campagne, i testimoni, i reduci dalla catastrofe: quelli che avevan creduto al falso oracolo. Ma ormai pare non abbian più voglia di trarre l'oroscopo: fermi, immobili quasi sempre nel piazzaletto ad ascoltare qualche disco di musica, la loro o è una tecnica istintiva contro la fame, o un risvegliarsi lento alla realtà, un lento riprendere: e forse di giorno in giorno più, stanno imparando che sono gli Italiani a tenerli in piedi con la farina della propria Intendenza, per non dar loro i 25 drammi di riso o i 100 di carrube; proprio mentre i Greci di Londra impediscono i rifornimenti dalla Turchia, la restituzione dei frumenti australiani acquistati eia tempo, silurano i piroscafi francesi con la farina del Banato. Vengono dai· dischi i motivi musicali, lamentosi, con sbattimenti oleosi, singultanti; melopee dei « Politakia » venuti da Costantinopoli e da Smirne, ricordi di mandole « santuri » e xilofoni turchi; e dicono al solito di occhi e capelli di donne amate. Che non lo meritano, credete, non lo meritano; anche qui, nei ricordi di curve mirabili e di trionfali venustà statuarie, avevamo già costruito perfetti incontri, divine combinazioni di bellezza e natura; e per scoprirle eravamo pronti alle più audaci esplorazioni: ma davanti a queste armature sbilenche di tabarino, a questi incunabuli da abbazia o a questi ventri carcliopalmatici, le costruzioni troppo vagheggiate e meditate sono cadute; e più che mai la poesia, o mie Vergini cieli' Eretteo, più che mai è rimasta reazione ideale. Ormai è venuta la sera, grande, pacata, sgombra di nuvole: i soldati fumano a turno una sigaretta, abbassano i teli delle tende; qualche luce lontana da Elensis e Salamina cancellate nell'ombra, richiami cli sentinelle, squilli di tromba strascicati dal vento. Ma qui, nell'ora fatale delle vocazioni e delle rinascite poetiche, ti tocca andare a dormire. FAUSTO FRATI 5

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