J2.a tJila dei ·UJ!PU l t\lEL mio paese non avevo cor;iosciuto cbe rari amici ed amichette quasi nessuna. A scuola poi eravamo solo maschi. Devo dunque confessare che quando venni in città per sostenere l'esame di ammissione al Ginnasio, rimasi non poco stupito nel vedere a scuola, assieme a noi maschi, delle ragazzine, con cui potevamo parlare liberamente oej pochi minuti di intenrallo e cli nascosto durante le prove scritte. E rimasi anche turbato. Un turbamento abbastanza profondo che ec• citò ancora di più la mia fantasia; ma non nel modo che credevo. Infatti cominciavo già ad a,,ere delle strane visioni e mi indugiavo volentieri in esse. La mia fantasia indovinava cose lubriche, delle quali poi mi pentivo amaramente e che con dolore sincero confessavo, il sabato sera, al parroco. E durante la notte precedente la Santa Comunione dovevo sforzarmi di tralleuere il pensiero da tullo quello che mi allettava senza saperne il significato. Erano straordinar.ie visioni fatte di donne che avevo visto seminude in film e riviste illustrate cio d' amore alla sua principessa. Arrossii, felice di quel bacio so· gnaute. Sentivo una grande tenerezza impadronirsi di me ogni volta che ti guardavo. Doveva essere proprio amore, quello che provavo per te. L'amore dell'uomo verso la donoa. Ma aocora non ne ero sicuro, perchè era diverso da quello descritto nelle novelle che avevo letto con curiosità nei settimanali per signora. Finirono g.li esami e la calda esta• te ci tenne separati per lunghi mesi. Ma in autunno ti ritrovai nella scuo]a comune. Continuavi ad essere la fata torchina dei miei sogni. Invidiavo i compagni che potevano venire a studiare co11 te, a giocare in casa tua. Quando vedevo che ti interessavi troppo ai loro giochi ed ai loro discorsi, una fitta mi colpiva il cuore, .,--....,,_ , I t, ' ~ come un dolore nuovo. Ti amavo : provavo per te quello stesso se.ntimento che mi faceva cari babbo e mamma, e poi Dio e i Santi, che il prete mi diceva di pregare, sia per la salute dei genitori che per la pagella scolastica. Ma io, molte volte, di nascost~ pregavo Dio ed i Santi per ottenere da te un sorriso cordiale e• perchè no? - un bacio. Purtroppo non osavo mai dirti nulla di tullo questo. La mia personalità, il mio modo di agire trovavano la loro vera vita ed il loro reale valore solo nel sogno. Al di fuori di esso acquistavo una personalità che mi impacciava perchè sentivo che non era mia ; e g(i uomini,, non per loro colpa, mi conoscevano esclusivamente per quella. E tu come loro. Se qualche volta cercavo di parlare con te, ti annoiavi : e ,ni lasciavi do·lorosamente i,olo. Ah, se ave~si potuto apparire per tutti, e per te soprattutto, quello cbe vera• mente ero; ma l'ironia della sorte aveva confinato il mio io più intie che la mia 1ùente si sforzava di spogliare del tutto e di indovinare così la loro proibita nudità. Non sapevo spiegarmi il perchè di queste sporche fantasie, e mi credevo pazzo o indemoniato per davvero. Anche ora che, inchiodato su un banco del R.Liceo Ginnasio, dovevo ricopiare dalla lavagna non so più quale ipotetico fiore, la mia mente seguiva una di <JUelJe sconcertanti immagini. l( ',/ Con uno sforzo riuscii a distogliere il pensiero da tutti quegli allettanti vaneggiamenti e per la prima volta il mio sguardo sva• gato si posò sopra di te: eri una ragazzina con gli occhi celesti e due trecce di un magnifico biondo castano. Io ti avevo già incontrata. Non ricordo bene dove; forse nei libri delle fate buone e gentili in lotta contro le streghe malvagie e crudeli. Subito mi venne in mente la storia del principe azzurro e della principessa imprigionata iu una torre senza porte, e ti vidi lassù, al• l'altissima finestra, con le treccie penzoloni, per aiutare Ja salita del tuo principe azzurro. E questo tuo prin• cipe azzurro somigliava stranamente a me. Ma l'immagine tua e mia svaniva presto con mio grande di• spetto, ed ai nostri volti si sostitui• vano quelli di una identica figura, pubblicitaria di una famosa lozione per la crescita dei capelli. lo mi arrabbiavo e sbagliavo il disegno. Solo, quando, alla meno peggio, riuscii a disegnare il fiore, solo allora riuscii a immaginare il F~ntfaazionEitR~tfflll 1:· Forlì 8 D;segno J; NINO PERIZI mo e reale nel mondo, pers~alissimo ed inaccessibile a tutti gli altri nostri simili, deJ sogno. E per vendicarmi mi ritiravo in quel mondo di cui ero incontrastato signore. Mi vedevo insieme a te in un prato dall'erba alta e verdissima, chiazzato dal giallo e dal bianco delle margheritine. Camminavamo tenendoci per mano, leggeri e ·con gli occhi fissi in un sole splendente e senza dolore. Io cantavo versi puri che avevo composto per te e tu mi sgridavi dolcemente perchè stonavo. Poi ad un tratto io fuggivo verso ra• gazze bionde e brune che mi chiamavano: e certune fra esse erano oude. Tu rimanevi sola e piangevi. E l'erba del prato cominciava a ere• scere fino a soffocarti. Le tue im• plorazioni di aiuto mi facevano accorrere. Ti prendevo la mano, ti stringevo i polsi da sentirne il battito violento. Di nuovo era,,amo felici. lo accostavo la mia guancia alla tua e stavamo così per sempre. . . . Qualche mattina ti accompagnavo a scuola. Quella breve passeggiata mi ricordava quella magnifica ed irreale che immancabilmente Ja mia anima e la tua ombra facevano insieme la sera, fra il verde ed i colori dei prati. A tredici anni CO• minciammo a farla io automobile questa nostra fantastica scorribanda serale. L'automobile era rossa ed aveva, non so perchè, tre ruote e tre sedili : due avanti ed uno dietro. Io ero al volante, tu stretta vicino a me, coi capelli scomposti dal vento. Nel sedile posteriore un grosso cane ansante, quasi a vegliare sopra di noi. Nell'ansare la grande bestia lasciava cadere fili di bava sul mio collo, dandomi una sensazione di nausea e di piacere. La strada che percorravamo era sempre la stessa : lunghissima, con delle curve improvvise che io affrontavo abilmente, 1 e fiancheggiata da pini altissimi. La macchina correva velocissima e le ruote gemevano per lo sforzo di stare aggrappate alla terra. Tutta tremante cieli' ansia e della gioia che ti procurava la corsa pazza, tu ti stringevi a me, mi mettevi una mano sulla fronte, sulle gote; io sentivo il freddo delle tue mani e delle tue braccia nude ed ero tanto felice. Ad un tratto davi un piccolo grido di lieto stupore : ti si erano sciolte le trecce ed al vento erano i tuoi capelli biondi. lo mi voltavo per vederti. Era nn attimo: la macchina sban• dava paurosamente e precipitava in un burrone che si era aperto improvvisamente ai lati della strada. Precipitavamo: la caduta era lunga e la sensazione del vuoto mi procurava languore. Ti abbracciavo stretta stretta, i tuoi capelli mi coprivano il volto, ed ero felice di morire cosi. ALADINO
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==