Pattuglia di punta - anno I - n. 1 - novembre 1941

I l cosa ebbe inizio in una notte di .._ giugno 1931. Era l'ultima uotte di corso ; il giorno dopo gli aJJievi anziani avrebbero dovuto lasciare l'accademia, e per sempre. L'idea venne improvvisa ad alcuni, ma indefinita; si voleva fare qualcosa dj eccezionale neJI' ultima notte, come era usanza. Po! ciascuno sarebbe anelato per la sua strada ed essi non si sarebbero visti mai più. Forse fu proprio questo a dar motivo a una tale Slranezza : vivere insieme, al• meno una volta soJa, un'atmosfera che uscisse dalla realtà grigia ed uniforme di tanti mesi. O forse li attirò il pensiero della Juce lunare nelle sale di Francesco IV. Nella più grande di esse, che s'apriva soltanto rare voJte nelJ'anno (una specie di anacronistica e un pò spaesata aula magna), e' era un pianoforte ; i ragr1zzi pensarono che avrebLero fatto anche un po' di musica. Avevano intravisto a volte i gran<li lampadari, gli stucchi, gli arazzi, la dorata cornice degli specchi grandi come pareti; immaginavano che dovesse essere moho bello. Fu procurala, chi sa come, una chiave. Si trovarono ncll' ombra del loggiato con fare di cospiratori, ciascuno con un vago malessere causato dal senso della mancanza commessa .. Mai più, lo sapevano bene, avrebbero osato fare qualcosa di simjle. Se ci pensavano un poco la paura li tramortiva. Le colonne ciel loggiato si levavano massiccie, quasi gonfie, contro la leggera luce lunare, e nel cortile cl' onore uu gran silenzio discendeva palpitando come immensa ala nera dalla torretta delJ' orologio. Entrarono in fretta, uno alla volta. Chiusero accuratamente le finestre e accesero i lampadari. Le sale in un momento presero fuoco. Erano quattro, conservate e vietate agli allievi : ora apparivaoo ai ragazzi legate fra loro come un rosario di meraviglie. Essi quasi non osavano parlare. Gli specchi enormi congiungevano i loro occhi meravigliati alJe 6gu.riue volanti del sof. fitto. Non appena ripreso fiato i cospiratori si contarono; erano tanti, quasi tuui. Ora non sapevano esattamente cosa avrebbero fatto. Cominciarono a muoversi e a distendersi nelle sale, senza tuttavia osare di avventurarsi nel mezzo: si tenevano vicini ai divani di velluto rosso e guardavano. Cominciarono a vergognarsi delle loro divise di tela sciupata ed informi, un po' sudicie, e persino dei loro capeJii a spazzola. Poi gradatamente si sentirono presi dalla loro eccitala a'llegria di ragazzi finalmente liberi, tuttaVia sempre circospetta: si chiamavano sommess.amente, qualcuno ri clev a gorgogliando. I discorsi comincia• rono a seguire un motivo unico, abbastanza logico del resto, che era Lasolilu~ine aPalazDzuocale RACCONTO DI VITTORIO SON CELLI • soltanto lo sviluppo di quelli interminabili, che durante tutto l'inverno, nelJe grandi camerate, erano stati sibilati maliziosi e sdrucciolevoli dalle fessura delle lenzuola, in forma di fiato rappreso dal gelo. Un ragazzo grosso rossiccio in viso e nei capelli, mormorava : " ... ragazze quanto uno ne voleva. Qui tutto pieno di· amanti e di ruffiani. Appena fuori, il letto ... ,,. Ciasc1u10 aveva cognizioni prop\-ie da insi• nuare; c'era nelle loro parole una sensualità consapevole(! pur sempre curiosa. Cominciarono a vociare : una grassa festosità riscaldava i loro pen• sieri di adolescenti vpgliosi. La loro immaginazione fonda,nenti1.Jmente povera si nutriva sempre delle stesse immagini e figure, nate Jall':unbiente, che riAetteva luce ,e colori fino a perdere gli occhi. I ragazzi si disposero poi sui divani; l'avventura minacciava di esaurirsi. Le risate coruinciarono a spegnersi in se stesse .. Ma ad un tratto qualcuno aprì il pianoforte: note di un vaJzer si levarono fresche e leggere ; qualcosa che ruppe i loro pensieri torbidi e insieme la luce spettrale di quei riflessi dorali. I ragazzi compresero come queUa musica desse vita, in modo quasi purificato, al.le loro fantasie cl.i tempi lontani. Il valzer era antico, forse era stato suonato già in quelle stesse sale, con ritmico e molle fluire di gentiluomini e di fanciulJe. Ed essi sentirono il desiderio di ballare, quasi con sofferenza. Qualcuno addi_rittura si mosse, accennando a passi di danza. Allora avvenne un faùo strano : tutti si levarono e fecero ressa intorno ad alcuni di loro, che cominciarono a ballare da soli, fingendo ciascuno di aver~ con sè la sua ballerina. E lo straordinario fu questo : nessuno rise, anzi tutti erano muti e partecipi, certamente convinti che fra poco avrebbero visto fra Je braccia dei loro compagni dami~e in crinolina, coi capelli biondi e grandi occhi contenti. Si ricordarono allora di ragazze conosciute, ciascuno della sua ra• gazza; era chiaro che un incanto sottile si era levato fra loro. Infine ebbero la certezza che fanciulle vestite di. bianco fossero loro accanto, leggere sul pavimento istoriato dai riflessi dei grandi lampa• dari ducali. E li prese una commossa malinconia, che palesò un senso nuovo di solitudine : il non avere per sè fanciulle vestite di bianco? Il piano continuava a disegnare l'ordito lucente e diafano di quel valzer ; poi lutto si smon.ò lentamente, i riflessi e le fantasie. Quando gli allievi ritornarono cauti alle ca• meratc. c1uasi non si ricordavano più di nulla. .Ma tullo c10 non fu che il pro• logo di un'altra festa simile, nelle stesse sale, esattamente dieci anni dopo: giugno 1941. Nessuno di <1uei r,1gazzi di allora Io avrebbe immaginato. Le loro strade si erano divise: alcuni si erano rivisti, ma pochi. Lo spettro di grandi guerre si levò negli anni che seguirono, e il dovere compiuto costò sangue. ~on lo avrebbero immaginalo, ma pure non ebbero sorpresa a ritrovarsi in una identica notte lunare, che tra~pariva palliùa dalle grandi vetrate deJ Palazzo. Anzi, tullo era uguale, come se nulla fos~e stato interrotto, e si continuasse quella immaµ-inosa festa di allora; e tutti, perfino, avevano la s1essa divisa di allievo. Ma i partecipanti erano tanti di più: una piccola folla. che si muoveva cornpo~ta e senza chiasso: nes• suno mostrava timore o soggezione. Alcuni erano seduti, altri passeggia• vano discorrendo attraverso Je s,ile: insomma una festa vera, piena cli luce e di corretta animazione. Ci si aspettava di vedere da un momento alJ' altro comparire camerieri in livrea, e servire rinfreschi su vassoi cl' argento. E come dieci anni prima man• cavano le dame; tuttavia non si faticava affatto ad immaginarle. Anzi ciascuno si comportava come se la sna fanciulla gli fosse al fianco. L'unico fatto veramente nuovo era costituito dalla presenza degli ufficiali; molti ufficiali, che erano in Accademia in c1uell' anno 1931. Si riconoscevano bene, per quanto non dessero nessti n peso alJa loro posizione. A un certo momento perfino fu possibile vedere il signor colonnello, e qualche ufficiale Su• periore. Ma tutti erano vestiti da allievi; qualcosa, davvero, di straordinario. Era come se ciascuno avesse voluto ritornare allievo, per quella notte; e avesse ritrovato, chi sa come. la sua divisa di tanti e tanti anni prima. Si vedevano uniformi del- ]' Accademia persino degli anni intorno al 1895: certe curiose divise, come si vedono in antiche stampe del risorgimento, di panno azzurro, la bandoliera di cuoio bianco, enorllle, e un piumato chepì slanciato in avanti. Poi le uniformi dei primi anni del secolo, con i pantaloni le• Fondazione Ruffilli - Forlì gati sotto Ja scarpa, con la giubba sempre di panno azzurro e una doppia 61a sul petto di bottoni dorati. l nfine le divise che apparvero durante la grande guerra del 1915, per la prima volta grigio-verdi, più dimesse, col chepì basso e iJ soggolo severamente portato. E produce,•a uno strano effetto vedere su quelle uniformi da ragazzo, sia pure di tempi ]ontani, visi sciupati, capelli bianchi, qualche monocolo, espressioni rigide di vecchi militari che la singolarità del momento non poteva cancellare. .Ma nei v1s1 e' era qualcosa di ferzi10, di consunto; alcuni morta). mente pallidi. li capo di qualche allievo era fasciato di bianco, ad altri la manica pendeva vuota. Un giovane di cavalleria si muoveva lentamente e sorridendo, alto e dai tratti di antica bellezzat eon un pie• colo foro rotondo e rosso in mezzo alla fronte paJJidissima, sì che pareva lucente, come se il sangue dal capo gli fosse uscito tutto e per sempre. Lo stesso allievo di dieci anni prjma si rimise al piano e suonò il suo valzer: e ancora gli allievi cominciarono a ballare soli,· con una estrenia gravità e delicatezza. rn essi si dipinse chiaramente allora il medesimo senso di malinconica solitudine. A un tratto s'aprì l'uscio, e iJ ballo s'interruppe, e Ja foHa s'aprì a ventaglio ; comparve nella sala ìJ generale comandante Che avanzò len• to, i_ncbinandosi 1cggermente e sorridendo, senza tuttavia che si sentisse il rumore dei suoi passi. Anch'egli era in uniforme Ji allievo, dei suoi tempi; e in modo buffo il suo chepì volarlle alJa maniera ga• ribaldina sull'occhio destro ei· equilibrava su di un gran turbante di candide bende. Poi quelle immaginose danze ri• presero. E allora tutti ballarono con invisibili dame e Joro stessi non erano che ombre. Si inchinavano, sorridevano, fumavano sigarette ; si riallacciavano conversazioni antiche che pare.vano appena appena inter• rotte e i gruppi erano quelli di un tempo, nati claIJe stesse simpatie di allora. l\1a ad un tratto tutto dileguò, misteriosamente. Sul pavimento non restò cbe il riflesso dei lucenti lampadari ducali. Poi si smorzò anche quello, consmnato dal tempo e dalla polvere; e nelle sale si mosse solo silenzio• samente il ricordo di quelJi che c'erano stati e che erano morti. VITTORIO BONICEI.LI 7

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