DOMENICO CANTATOIIE - f;~ura, 19-1-1 miei amici che vjvono in viUa sino al momento di annunciare ueJla maniera più semplice '· se mi volete, son qui,, e di aspettare dopo di allora quello che avviene nel biauco delle loro pu• pille, dove il sole al tramento lascia sempre una traccia di esile rosso. In quel paese piace alla gente abUandonarsi talora allo stupendo sollievo del canto, intonando motivi un po' monotoni e calmi, come appunto il tappeto delle messi appare sotto il debole vento; piace alla g!!nte perchè in essi ritrova una couferma del suo non comune carattere, che la i_nduce a misteriosi sussulti dinanzi alle nubi che salgono alla fine di ogni meriggio ed insieme la spinge ad un disperato coraggio, a non sentire più nessuna paura deUe ore mute e stregate dcli' alba, quando agli altrj morirebbe nel cuore la forza di arrivare alla fine di certi terribili giorni e di avvjcinarsi anche solo un F dt'i 0cf a~ iBP\ ée'F{tlffi~f t-dF"d'fff 0 rrere. 6 La loro canzone a me sembra che invece si fermi, riprendendo da capo le più lontane memorie, come un mazzo cli fiori che a lungo riposi dinnanzi alla statua della Vergine santa; paradisi terreni aJlora si formano ed il profilo dei campi si stacea dal suo tiinido cerchio, per divenire di --mano in mano più vasto ed impegnare con gli orizzonti un'inutile lotta, una solenne parata di gnerra contro la quale invano s'imbattono i desideri artefalli che sino al cielo non possono giungere ed insieme si scopre è s'allarga J' arcana misura che le proviene dal tempo. Così ho veduto la mia prediletta campagna lombarda quando gli amici non piegavano ]a mia volont<\ ed 7.I di là delle stanze io resistevo ai loro richiami suadenti che mi avrebbero invitato e condotto a troncare con essa i miei primitivi rapporti, a nou riconoscere più nemmeno le mor• bide siepi delle strade dinnanzi, ed a trascurare il concerto delle campane squillanti per meglio arrivare a comprendere il perchè della loro imn1obile sosta e J' ammirazione che essi prestavano a sè aJla pari di un miracolo grande che fosse cresciuto nel giro di quei, futili anni: ora gli amici non hanno di me più nessuna notizia ed io lni sento staccato da essi come se avessi smar• rito le ragioni più intime di questa regione lom• barda e la perenne impressione della sua civiltà che m'investiva specialmente nelle mie frequenti passeggiate notturne con il candore delle case che sorgeva dal buio dei campi e l'attesa di uo prodigio imminente cbe mi rendeva sempre più preparato ed allento. In tal modo più non vale che io rito1·ni a sognare le cose che mi avvennero un teu1po o che io non mi stancavo di riporre sollo il segno di questa campagna lombarda, come se il sorriso scaturisse dalle sue sorgenti ed il pianto adornasse Je nebbie che la vestono dur.tnte .la stagione d'inverno e che procurano ad ognuno una solitudine fonda, la sensazioue di non dovere nemmeno comballere perchè l'esi• stenza si riflellc all'infuori cli tutto, ed i problemi affacciandosi quando già sono risolti sul dornani che aspetta non possono più nascere dubbii ; e gli amici a lasciarli anche a questo significa conoscere il tewpo, abbandonarli in quest'epoca di una Joro a\'verLit::t potenza quando ad essi viene incontro un passeggero successo e quindi si. può bene sperare che non debbano sentire nessuna sofferenza e che una lieta esitazione Ji prenda per gli ospiti nuovi che do• mani verranno, spalancando il cancello della tie• pida viila e cercando essi pure conforto nei roseli che si appoggiano a quei nobili archi. A me resta il piacere di avere distinto tra q9ello che la mia suggestione non ha prima saputo distruggere e quello che invece di questa campagna in me vive e si manifesta cosi che m' ·insegue allraverso J' alterno mutare dei giorni ecl il pensiero incessante delle occasioni che noi tutti abbiamo perduto; ed ogni mattina al risve .. glio io ritorno a quello che in essa bo trovato e sofferto, a quello che agli altri qualche voha ho saputo donare ed alla voce fraterna della mia ~mpagna lombasda, alla quale per l'avvenire son certo che la mia amarezza si andrà ancora volgendo. DINO DEL BO UNNUMrnlloAlO UN<~rn DI "'Vennini,, La rivieta fiumana Termini, che sempre ha svolto egre· giaweote il suo compito di approfondire i rapporti cuhu· rati tra l'Italia o i vicini popoli del eettore orientale eu· ropeo, ha pubblicato un faecicolo speciale italo-ungbereae, che si aggiunge ai precedenti fascicoli italo-rom,.ni e ita• lo-croato-sloveni etampati dalla rivista . .Ma questa volta il faecicolo è in realtà un poderoso volume di 250 pagine grandi, zeppo d' illustrazioni, dove il direttore di Tnmini, Giu11eppe Gerini, ha raccolto tutta un'antologia di moderni scrittori ungherese tradotti in italiano e di moderni scrit• tori italiani tradotti in ungherese, accompaguaudoli con uumerose riproduzioni di pitture e sculture d' artisti con• temporanei delle due Nazioni. Kaiman Ternay e Gabor Olah, tradussero abilmente tutti i brani e le liriche di ecrittori italiani scelte dal Geriui, come tutto un gruppo di eceue della e Figlia di Jorio•, e autori cosi diversi di tempra e di esigenze come Benito Mussolini, CO· me Papini, Pavolini, come Bontempelli, Bottai, Panzini, Sof• fici, Comiuo, Fiumi, Govoni, Pea., Moscardelli, Tecchi, BargeJlini, Calcaterra, Benco, GiuUotti, Valeri, Villaroel, Cecchi, Ada Negri, Marinetti, Pavolini, Palazzeecbi, Lippari1.1i, Puccini, Angiolo Silvio Novara, Cardarelli, Bacchelli, Slataper, Alvaro, Ungaretti, Saba, Di Marzio, Pini, Cicognani, Capasso, Gallian e almeno venti altri. Uguale im1)egno richiesero, naturalmente, gli ecritti scelti di autori tlllgbereei da parte dei traduttori italiani. E queiJti in verità, tanto Gino SiroJa, quanto Silvino Gigante, dànno pagine eccellenti di valorosi autori moderni al bel volume. li quale ~i presenta come un albo di ecritti eletti e si fregia eu la copertina dell'effigie di Mattia Corvino, scolpita da Giovanni Dalmata: i.I migliore simbolo cbe potesse trovarsi delta tradizione di alleanza italo-ungherese netta cultura e nell'arte come oggi, e non per la prima volta, anche nella politica e nelle armi.
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