@t\.D.4\ffi>iiz\~irV@ ~.4\~~~A\trUIM i~~ r_' È un'impressione nitida e pre- ~ cisa, che il viaggiatore prova giungendo a S. :Marino, dopo l'arrampicata pittoresca in ferrovia; quella d'arrivare io un paese che non è di questo moudo, in una strana landa ove la tensione delJ' animo si rallenta, la pressione s:rnguigna si placa, e la mente è condotta a dimenticare ogni sua cura. Che si sia arrivati in un angolo di cielo - meglio, cl i pa- ·radiso ? E anche geograficamente questa supposizione non mi sembra del lutto avventata: pensate a quel massiccio azznrrastro che si eleva improvvisamente, quasi contro natura, daUa fiorente pianura romagnola: è come se Ja terra avesse a,ruto voglia di •ruggire dalla sua crosta per avvicinarsi al cieJo. E e' è riuscha; per poco, ma e' è riuscita. Ed è nato così San Marino, il monte dalle Lre vette piumate. LA ROCCA DELLE CAMINATE UNO DEI NOSTRI Salgo suUe vette piumate. Si ha l'impressione d'ascendere una lt)rre da cui si domini la regione fertile e ubertosa; tanto il monte è isolato e ripido. C'è una serenità diffusa, anche nei vecchi castelli che vorrebbero essere truci e minacciosi. Non che manchi nllila degJi ingredienti carnueristici degli anticbi manieri : ci sono i merli, ci sono i bastioni, ci sono i contrafforti, ci sono i ballatoi. Ma nessuno riuscirebbe tuttavia a persuadermi che real_mente li soltb siano arse lotte cruente. Questa è terra troppo spirante di pace, di quiete. Questi caste)li son più adatti come dimora di poeti che come albergo di guerrieri; come ritiri d'eremiti che come reggie di feudatari. In uno dei castelli c'è la prigione della Repubblica. Un passante mi dice: " C'è un solo carcerato ,,. Beato paese di gente onesta e buona. fflicoido di ~AlUDMNONlANADI ... Una delle cose più belle di San Marino è l'ospitalità degli abitanti. Un'ospitalità d'un genere- che non ho mai trovato in nessun altro po• sto. Essenzialmente cordiale, familiare. L'accoglienza gentile o compitissima d' altre città non riesce mai a dissimulare il necessario fondo d'interesse materiale; qui invece ti ricevono come parenti in visita. E ne vien fuori un'affabilità, una pre• mura così sollecite e generali, che dopo cinque minuti ti sembra d'esser sempre vissuto a San l\1arino, di aver sempre conosciuto e frequen• tato quella gente cosi cara che in verità non avevi mai visto. Insom• .T. RA qualche poesia di discreta Cattura ed altre, non belle, che un giornale letterario di Roma settimanalmente ammannisce ai suoi lettori, tempo fa ci è accaduto di incontrare alcuni versi armo• niosi e casti, che ridestarono tosto un vl\•ido tremore di contegnose emozioni. Versi pudichi, Ca11ciatid'una levità di ritmo rara e nuova : endecasiUabi sommessi, pronun• ciati sottovoce, timidamente. Fecero pensare a un fanciullo o, piuttosto, a un adolescente che, sollecitato dallo stimolo gen• tile del cauto, si foase messo a ca.ntare modulando la sua voce su tenui corde cristalline: « Ed Wl fanciullo gioca col suo cuore che gli. batte sul palmo della ma,10 adagio m/agio, tim.iclo e lontano, quasi sopito per non far rumore>. IJ giovinetto ha soggezione delle cose belle che ha dinanzi: perciò, temendo quasi che la sua voce ancora un po' acerba disturbi <1ualcuno, canta piano, adagio ada. gio, così che appena lo si può udire. I versi erano suggellati da un nome mai prima incontrato, e da un titolo, • Settembre iu Romagna •, che ci trasportò di colpo in mezzo ai profumi aspri della campagna a settembre, facendocene assaporare le ebrezze pacate. Ci piae<1ue il tono. Che 0011 era nè di un pessimista, nè di un crepuscolare: bensì quello di una malinconia svagata e 1>enma c1uel1' elemento interessato del- sosa ad un tempo. Balzò chiara l'immagine l'ospitalità, che pure anche qui non dell'adolescenza cui un fervore di vitalità manca (nè potrebbe mancare), non ha mai il tempo di affiorare e di mostrarsi. E cosi, invece che all' eeccessiva . pienezza di immaginazione e di sensi • soffonde leggermente di tristezza. Apparve, il !luO, un liri!lmO già del tutto personale: che se ancora è venato di accrstero ti senti più che mai in casa tua. bità improvvise e maldestre, tuttavia si 8& GIUSEPPE ZOBOLl accompagnare ad una acuta sensibilità d'ar• Fondazione Ruffilli - Forlì te, J)er cui tutto si distende in un inso• spettato e<1uilibrio di ritmo e di forrue. Voce di già contrassegnata, in un certo !lenso da una affiorante maturità. Amammo questo poeta, che avevamo sentito così simile a noi. Di lui non sapevamo niente. Solo pre• sentivamo che era molto giovane. Più tardi, {1uando sulle medesime colonne di <1ueJ giornale tornammo ad udire la sua voce di giovinetto miracoloso, sapemmo che era a Car la guerra : « Poi. la tua voce te11era e accogliente lieve verrà su. la beuedi:ione, e 11oi con clii.aro volto a,lolescente l'ascolteremo al rombo ciel ca,rnoue >. I..' aecento è sempre pacato, sereno. In mezzo iille sofferenze della guerra, egli at• tinge tale serenità e, direi, sicurezza, dalla voce dcUa madre, che è così lieve e dolce da togliere terribilità persino al rombo del cannone. C'è ancora quella straordinaria Ouidit:ì ed articolata scioltezza del tessuto ritmico, la quale sta quasi ad indicare l'interiore tram1ai1Jità del combattente giovi nello. Adesso il poeta, ap1>uoto perchè vuole ascoltare e con chi.aro volto adolescente ~, si sente già un po' uomo: reso tale dalle sofferte esperienze della ~uerra. 1\la a tratti lo assale la nostalgia del suo 1>aese: dcli' aia, dei campi, delle strade della sua terra. li cauto, pur non Jascìaudosi mai andare :i gridi incomposti, ora è davvero accorato, anelante. La nostalgia del suo paese e l'ansia che gli d:ì il pensiero di 110n doverlo forse più rivedere, gli consumano il cuore: • l?itor11erò in u,1 giorno al mio poese clie vi sia un gra11 sole sopro l' (li,a e che il ve,110 sapori di carraill tulio sonvemente •· Cbe buon odore di strade percorse Jal vento e quale gran luce di campagne! Ma si tratta di quella luminosità particolare cbe si rispecchia e traluce dalle lacrime. Egli ha come il presentimento di non poter pii) tornare al suo J>aese: e, per farsi animo, sente di poler dire • e quasi 1i;:ridare - a se slesso che egli vi tornerà un giorno certamente. Poi, più non leggemmo suoi versi nella pagina di mezzo di quel gionale. Invece, leggemmo scritti che parlavano di lui: righe amare e commosse di gente che lo CO• nobbe (forse, aJ pari di noi, solo attraverso i suoi versi) e lo amava. Costoro scrissero di lui per dirci, anzitutto, che egli era morto sul fronte greco-albaueee: ed il trapasio era avvenuto sotto una tenda (arrivati a <1uesto puu10, alzanuno gli occhi dalla pagina e col giornale abbandonato sulle ginocchia, lo sguardo fisso alle pareti del.la stanza, ci parve di scorgere, sollo una tenda, il giovanissimo poeta che con gli occhi bru• ciati di poesia e, sulla bocca, un tr'emito di nostalgia immensa, confuso al brivido della morte vicina, cercava Cuori, nello spazio, affaunosamen1e, una traccia della luminosità della sua Romagna). Per direi poi che egli aveva vent'anni, che era laureato in tenere ed aveva già publicato due volumetti di versi : e Voci in tono> e e Occhilucenti •· Per dirci 611almen1e che la sua poesia aveva un timbro tullo proprio, un' im• prouta beu riconoscibile : che insomma essa aveva un suo pregi• e non era inutilmente sgorgata dal cuore del giovinetto. Da uhi.mo, qualcuno uscì a dettarci, per Saturno Montanari, un'epigrafe bella, che- avrebbe dovuto essere incisa "sulla sua tomba. Poi, più uuUa: irsilenzio, Ma non lutto t)UÒ finir qui per il giovanissimo J>9eta romagnolo, il quale, morto a vent'anni, incarna per ooi l'adolescenza poetica, dai grandi occhi pieni di cielo, di campi. ed' infinite parvenze meravigli.ose, un poco tristi per il troppo ardore di vivere e d' aware. BORTOLO PENTO 13
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