Passato e Presente - anno III - n. 16/17 - lug.-ott. 1960

• Sindacati ç progresso 221 ·1 sede ohe si sono avute le ma,nifestazioni pi6 preoccupanti delle pratiche paterna 1 listiohe padronali, i ten1 tativi pi{1 organici di fa.r trionfare l'ideologia dell' cc integra~ione del lavoratore nell' ~ienda » e i ·piu allarmanti cedimenti al collaJborazionism•o sulba1terno degli organismi opera1i e sindacali esistenti nella azienda. Qui infatti 1 ha delle formidabili basi oggetti ve, tecnidhe e finanziarie la tendenza del e< com•plesso », del «gruppo» a quello s.ple.ndido isolamento monopolistico, sul quale la · direzione aziendale può fondare la sua politica di << identità di interessi » con le· proprie maestJra,nze, addita,ndo loro l'dbiettivo derla, cc comune >> fruizione dei crescenti vanta,ggi che derivano all'azienda (alla cos1 detta cc comunità aziendale») da.I consolidarsi e dall'estendersi della sua ,posizione di potenza, di privilegio e di rendita monopolistica. Non è per caso che le direzioni aziendali, pur insidiando, e dove possono colpen,do, t'attività e il lilbero funzionamento delle Commissioni interne, quando per la ,pressione dei lavoratori sono indotte a erogare m,iglioramenti economici preferiscono le trattative e l'accordo con la C. I., rifiutando quella con il Sindacato di categoria.* • Sono facili a comprendersi i motivi per i quali il datore di lavoro trova la sua convenienza massima a spostare tutta la problematica e tutta la dialettica sindacale esclusivamente nell'ambito e all'interno dell'azienda. Dentro il muro di cinta della rfabbrica egli infatti realizza la concentrazione massima del suo potere, può esaltare al massimo grado le sue prerogative di « comando »: gode insomma di una posizione di vantaggio ben più forte, in linea di partenza, di quello che ha di fronte a lui, la controparte operaia e sindacale. Per due fondamentali motivi, uno di natura giuridica e l'altro che del resto abbiamo già visto di natura tecnica. E' nota. la posizione leonina che il vigente ordinamento giuridico italiano sancisce· .a favore del datore dj lavoro in quanto proprietario degli strumenti di produzione, rispetto a chi è detentore unicamente della propria forza lavoro. Il Codice civile definisce l'istituto della proprietà privata come << il diritto di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo» (art. 832 del Cod. civ.): il che significa che il padrone, a rigor di codice, può considerarsi arbitro assoluto -delle sorti dell'azienda di cui è proprietario: delle sue mura, dei suoi macchinari, degli strumenti, delle materie prime e anche degli uomini che vi lavorano. Anche questi, nell'ambito della nozione giuridica attuale della proprietà, vengono, di fatto, considerati delle « cose »: ed è in conseguenza di questa situazione che il padrone tende .a comportarsi verso le « sue » maestranze nei modi che sappiamo. La norma del Codice, tuttavia, incontra diverse serie limitazioni nelle norme costituzionali. L'4rt. 42 della Costituzione, quando demanda alla legge il compito di porre dei limiti alla proprietà privata, << allo scopo di assicurarne la funzione sociale e renderla accessibile a tutti », interviene nel contenuto stesso del diritto di proprietà, non consente cioè, che il potere proprietario -si trasferisca da potere assoluto ed esclusivo sulle cose .a pòtere .assoluto ed esclusivo sulle persone. Poiché, .però questa norma costituzionale ha valore dichiarativo e non immediatamente precettivo, e poiché la legge di applicazione dell'art. 42 della Costituzione, non esiste ancora, oggi, in concreto, a fondamento dell'.asset,to giuridico proprietario - e dunque a fondamento del comportamento padronale nelle aziende - rimane la norma insufficiente dell'art. 832 del Codice civile. 6. Biblioteca Gino Bianco

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