1926 Luciano Vasconi loro onda d'urto. La rivoluzione violenta sancirebbe solo il fallimento - e sa'febbe allora necessaria - di tutti questi anni nei quali i problemi gravi del vitto, della costruzione econ·~mica, dell'emancipazione sotto tutti gli aspetti (anche intellettuale) non possono venir rinviati a un <<dopo» attesistico, solo perché il congresso non si pronuncia ogni ventiquattr'ore in senso marxista. Il marxismo non è nelle enunciazioni, ma nei fatti. In questo senso io credo siano piu marxisti certi indiani, malgrado errori e remore, di tanti insegnanti di dottrina che non so come se la cavereb1 bero di fronte a condizioni analoghe. Fino ad oggi non c'è stato un solo marxista capace di non compiere errori, in URSS, in Cina, in Polonia e via dicendo (per non parlare dell'Ungheria, della Germania-est o dell'Albania). Chissà che ne compiano meno gli Indiani, anche senza atteggiarsi a cultori di sacri testi. Certo non si possono dar <<prove>>. Non sia·mo noi a poterle fornire, anche avendo nell'India una dose di fiducia consentita dalla valutazione delle tendenze in atto. E' del resto ingenuo~ provare oggi se l'India sia o non sia socialista. Secondo me cammina in quella direzione. Ma saranno gli Indiani a rispondere - a chjarire anche certi aspetti teori'Ci di fondo che andranno chiariti se si vorrà proseg•uire in quella direzione -, e non possono esser altri, i quali solo assistono e interpretano, a modo loro, le linee di sviluppo. A 1questo punto, sempre coHegandomi al Maitan, ma anche a,d altri commentatori di cose indiane, vorrei affrontare la questione del <<prezzo umano » che si paga in ogni rivoluzione. Il piu delle volte per « prezzo umano » si definisce ciò che si paga in termini di libertà e di vite troncate: stalinismo e comunism·o di guerra fanno testo in proposito. Ma vi è chi - giustamente - sottolinea l'altro aspetto dello stesso pro1 blema: ciò che si paga in ter1 mini di fame non soddisfatta. Molti scoprono, e certo fanno bene, che in India c'è miseria, sporcizia, disoccupazione, sotto-occupazione, tenore di vit~ bassissimo anche presso le categorie teoricamente <<benestanti » { secondo un raffronto occidentale). Certo: ma chi poteva sup·porre fosse altrimenti dopo pochi anni di indipendenza, in un paese che è fra i casi-limite dei risultati della dominazione coloniale? Dove tutto era da costruire, sanare, razionalizzare? A pensar freddamente, sembra assurdo che un paese del genere si sia posto come obiettivo quello di avviarsi all'emancipazione seguendo il metodo democratico. Paesi in condizioni meno sco~volgenti hanno già da tempo scelto la via della dittatura militare (e nello stesso nu·mero ,della rivista, mentre si condanna Neh·ru, si finisce col giustificare il generale pakistano Ayu·b Khan). Molti scrivono che una dittatura militare, o un· regime comunque autoritario, sono l'unica vera prospettiva dell'India, a meno di una rivoluzione violenta. A parte il pessimismo eccessivo di tali Biblioteca Gino Bianco
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